XXXIX

25 4 2
                                    

Un enorme cinghiale si abbeverava alla riva del lago Ladoga. Angantyr non ne aveva mai visto uno così grosso. Era più grande di un bue.

«Calmati.» In agguato dietro a folti arbusti, ghermì il polso di una donna dagli occhi sgranati e l'espressione famelica, scheletrica e stracciata come erano gli altri che si trovavano accanto al primogenito di Arngrim, l'unico fra loro che, nonostante la magrezza, non aveva ancora le guance incavate. Non vogliamo mica spaventarlo.»

«Le nostre balestre sono pronte al tiro» disse uno degli uomini armati.

«Aspettiamo ancora un attimo.» Era finito il vitto ottenuto in Oriente e quel cinghiale era dopo molto tempo la prima occasione che si presentava per ottenere carne. Non la si trovava più in nessun mercato di Gardariki e nei campi, ogni qualvolta si imbattevano in un animale, era già morto e putrido. A quel punto, invece di trovare cibo, si stavano unendo a loro altri famelici, contadini e pastori della zona i cui raccolti erano marciti sotto un fango emerso misteriosamente o il cui bestiame era crepato di fame o era stato divorato da nere vampe che spuntavano dal nulla. Suo padre, che aveva un cuore troppo grande, li accoglieva tutti, senza badare alle proteste di sua madre. E Angantyr li portava con sé a caccia.

Non potevano dunque sprecare l'occasione.

Ci fu un movimento in un cespuglio vicino e Angantyr vi distinse una donnola, che lo fissò con occhi simili a braci ardenti. Provò un senso di costrizione della gabbia toracica, ma in un attimo l'animaletto sparì tra le foglie. Ma che cosa ho appena visto? Sarà stato forse un segno degli dei?

«Attacchiamo!» Credette a quello e ordinò l'assalto. «È giunta l'ora di sfamarsi!»

Le frecce scattarono e colpirono in pieno la bestia. Due di esse si conficcarono nelle zampe. La belva grugnì furibonda, ma nessuno lì sembrava aver paura delle sue zanne. Erano uomini-lupi e donne-lupe, che si scagliarono contro il porco che zoppicava, non tutti armati di spade, picche, asce o daghe. Alcuni avevano le mani nude, ma le loro unghie diventavano artigli e perforavano il dorso setoloso.

Angantyr rimase dietro, nonostante lo spadone sguainato, meravigliato da quella visione.

Il cinghiale stramazzò al suolo. Era ancora in vita, poiché grugniva disperato, ma i berserker si cibavano già della sua carne. Il suo sangue si confondeva con quello delle piaghe aperte dalle sue zanne, ma ai suoi avversari non sembravano importare né il dolore né lo scorrere del mare ferito.

Solo dopo che tutti gli altri ebbero mangiato a sazietà e se ne andarono, Angantyr si avvicinò ai resti del porco. Restò lì ad osservare le ossa in gran parte scarnificate durante una ventina di battiti del cuore. Indi si chinò e staccò da un osso di costola un tozzo di carne, masticandolo con calma.

Lo deglutì, si rialzò e lasciò il posto con un'aria soddisfatta.


********************************************************


Quel giovane ha un gran futuro innanzi a sé. Svafrlami dovrà fare molta attenzione a lui, Loki si era divertito nel testimoniare il massacro portato avanti da quel bel ragazzone squallido e fulvo, ma con l'arrivo della notte apparvero intorno alle spoglie del cinghiale non mosche, bensì lucciole, che in effetti non erano lucciole: erano fate, emerse dalle tenebre per subito disfarsi in un polline che fece germogliare fiori dai più variegati colori.

Si può già sapere chi sta arrivando. Alzò gli occhi verso l'alto. Scendeva dal cielo un carro d'oro intarsiato di pietre preziose che a quell'ora non poteva essere quello di Sol. Il suo cocchiere era una creatura dall'aspetto gentile, tutta ricoperta di peli, un misto di uomo e gatto, felini gli animali che tiravano il veicolo, due linci silenziose dalle dimensioni di leoni e dotate di una pelliccia splendente, così come lo erano i capelli della loro signora, i cui occhi non restavano limitati al suo volto, bello come se l'oro avesse assunto fattezze umane. Si espandevano in un bagliore ceruleo.

Il Verme del SangueWhere stories live. Discover now