XXV

28 3 1
                                    

Ombre che bruciavano come fiamme avevano fatto diventare neri e fumanti i cadaveri dei soldati di jarl Kolr e scacciavano addirittura i corvi.

Jarl Stenkil era assai preoccupato fin da quando erano sorte le voci che non era stato un attacco a sorpresa di sicari del cugino di Ormr a uccidere la regina madre, le guardie del re e a rapire Eyfura, bensì lo stesso Svafrlami. Si diceva che la tenesse prigioniera in una segreta. Ma perché? Perché il re era cambiato così tanto? Era davvero stregata da una magia malefica la spada dei nani Dvalin e Durin, che non avevano prodotto nessun'altra arma per l'esercito ed erano svaniti nel nulla? Comunque non si poteva negare che la Tyrfing non svolgesse bene il suo lavoro sul campo di battaglia. Carni e ferro non erano altro che burro quando venivano colpiti dalla sua lama.

L'oro di jarl Gestumblindi, uno dei finanziatori di jarl Kolr, non era servito a nulla. Così come dei sassoni con le loro lunghe asce, venuti dall'Anglia, non ne era rimasto in piedi nemmeno uno.

Uno dei cavalieri di Súrsdalar fu l'ultimo a voler opporre resistenza. Appiedato, lasciò indietro il suo stallone trafitto da lancia e si scagliò nella direzione del sovrano con in mano la spada. Sul suo volto, incorniciato dall'elmo con il nasale a forma di T rovesciata, spiccavano occhi gonfi di rabbia e disperazione.

«È mio! Lasciatelo a me!» Svafrlami scuoteva la Tyrfing e in tal guisa allontanò tutti i suoi alleati.

Jarl Edred era ancora vivo, ma era a terra in ginocchio, circondato dagli uomini di jarl Borg. Certo che a quel punto avrebbe supplicato per la sua vita e avrebbe giurato lealtà al re di Gardariki.

Questi saggiò la prontezza di riflessi del suo rivale con un paio di finte e solo allora attaccò, spezzandogli lo scudo a goccia, del quale non rimase altro che un frammento.

Preferì gettarlo a terra, tanto era inutile. Svafrlami lo fissava con aria irridente. L'altro provò una finta, ma nel farlo si sbilanciò e, nel suo successivo tentativo di andare in affondo, il re parò e con una calibrata torsione del polso fece saettare la propria lama e gli trafisse il costato.

L'avversario incassò il colpo e finì in ginocchio. Collassò a terra e una chiazza color vino gli allagò l'usbergo all'altezza del torace.

Svafrlami estrasse la lama in modo brusco e non perse tempo. Lo decapitò, prese in mano la testa mozzata e la portò con sé. La legò alla sella del suo destriero, sulla quale montò, sollevò la Tyrfing e celebrò la vittoria con urla di gioia. In molti imitarono il suo gesto. Jarl Edred chinò il capo. Jarl Stenkil aveva un tremito alla mano, ma era fedele al suo signore, quindi finì per alzare l'ascia al disopra della folta capigliatura madida di sangue e sudore.

Il nero fumo che si alzava dai morti emanava una maleodoranza travolgente, indescrivibile, che andava ben oltre il semplice miasma di corpi imputriditi.


*********************************************************


Svafrlami, ritto sul suo destriero, assorbiva dalle narici un profumo simile a quello di un arrosto d'agnello. Non vedeva l'ora di celebrare la sua nuova vittoria con un rigoglioso banchetto.

Il suo cavallo però era irrequieto. Dilatava le froge, roteava gli occhi e cercava di allontanarsi dai corpi quando l'estensione delle redini glielo permetteva. Svafrlami, irritato, lo fece arretrare di qualche passo con l'intento di calmarlo.

Riprese a guardare verso il fumo e aggrottò la fronte. Questo perché si distaccava dalla nebbia un vecchio dalla lunga barba bianca, il quale indossava un cappello a larghe falde che gli nascondeva il volto.

Il Verme del SangueWhere stories live. Discover now