XLIV

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«Sire, sono arrivati gli ambasciatori del re dei greci» disse una delle guardie della sala del trono di Gardariki. «Hanno il vostro permesso di entrare?»

«Ma certo. Anche se dovrebbero già sapere che non accetterò nessuna delle proposte che mi faranno.»

Entrarono i tre rappresentanti di Bisanzio.

Uno di costoro non era un greco, bensì un giovane variago con l'ascia appesa alla vita. Probabilmente si trova qui per convincermi ad avere più fiducia nelle parole del basileus. Un compaesano è spesso una presenza rassicurante. Gli altri due invece erano dei greci dalle lunghissime barbe color inchiostro, che indossavano tuniche dai colori sgargianti e mantelli semicircolari allacciati alla spalla destra che arrivavano fino alle natiche, fissati con spille dorate.

Sui toraci presentavano pannelli colorati a forma di losanghe, ricamati d'oro, e che rilucevano grazie ai gioielli incastonati. A Svafrlami non sarebbe dispiaciuto affatto vestire abiti come quelli, ma aveva l'intenzione di conservare verso i nuovi arrivati un'aria di dispregio.

«Sire, è un onore rivedervi.» Il re aggrottò la fronte. Lo conosceva quel ragazzo? «Il mio nome è Herrik e sono stato in questo salone molti anni fa. A quel tempo ero paggio di jarl Gestumblindi.» Ora me lo ricordo! Dunque è il moccioso che era a fianco di quell'ergi!

«Allora Gestumblindi è davvero finito a Costantinopoli!» Si sporse in avanti e graffiò i braccioli del trono. «Come va il tuo signore?»

«Ora non sono più al suo servizio, bensì, come potete vedere, a quello dell'imperatore romano. Non so dove egli si trovi.» Mi piacerebbe scovarlo dal suo nascondiglio e portarlo qui in catene, quel traditore.

«Va bene, allora andiamo al dunque: che cosa vuole da me il tuo attuale signore?»

«Gentile re di Gardariki, siamo senatori dell'Impero venuti a nome del basileus dei romani per decretare l'amicizia tra Holmgard e Costantinopoli.» Si fece innanzi uno dei greci. «Non è nel nostro interesse, e crediamo che nemmeno nel vostro, che avvenga la guerra tra le nostre nazioni.»

«Sono stato informato in questi giorni che il vostro basileus si trova in lotta contro i persiani.»

«Le vostre informazioni sono corrette» parlò l'altro dei senatori di Bisanzio. «E siamo sicuri che i persiani, oltre a essere nostri nemici, non stringerebbero mai con voi un'alleanza, giacché sono crudeli e spietati verso tutti coloro che non professano la fede nel loro dio. Perché allora non stabilire fra noi, mediante la parola, un accordo di non aggressione? Non interferiremo nelle vostre conquiste, così come voi non costringerete il nostro sovrano a dispiegare più truppe per difendere i suoi confini a nord e a est.»

«Ammiriamo il vostro ardimento ed è incredibile come abbiate ampliato i territori di Gardariki» soggiunse il primo ad aver parlato.

«Difatti siete divenuto una leggenda sul campo di battaglia» riprese il giovane Herrik, che non parea per niente effeminato, anzi, era un ragazzo virile, con le braccia coperte di folta peluria. «Il grande re senza paura, che non ha mai perso una battaglia. Tornando qui dopo tanti anni, sono rimasto sgomento da quel che ho visto, poiché questo era un piccolo regno, mentre ora è un impero che rivaleggia con quello di Miklagard.»

«Eppure non dimenticatevi che la nostra gloria risale alla Roma di Cesare e che siamo sopravvissuti a tutti gli assedi e invasioni a cui ci hanno sottomesso.»

«Ma non ci saranno né assedi né invasioni. A conferma dell'amicizia tra il nostro popolo e il vostro, oh gran re Svafrlami, l'imperatore mi ha inviato qui con i senatori per annunciarvi che vi invierà grandi tesori, che porteranno opulenza e prosperità a questo regno che amo ancora, poiché quivi son nato; non ho motivo di mentire e danneggiarvi, perché siete il re del mio paese. Voi, d'altra parte, potreste fornirci alcuni uomini per rafforzare la guardia del basileus, sui quali egli mi ha già affidato la tutela, fiducioso che i nostri accordi andranno a buon termine.»

Il Verme del SangueWhere stories live. Discover now