Capitolo 3

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Virginia era uscita in giardino, irritata. Non faceva altro che massacrarsi le sue mani curate e camminare da un lato all’altro, «Me la pagherà» borvottava.

«Virgi, stai bene?» chiese titubante la sua amica.

«Lo odio! Lo odio! Lo odio! Gliela farò pagare per avermi presa in giro davanti a Dean!» sboccò piena di risentimento.

«Adesso calmati, non è successo niente.»

«Non dirmi di calmarmi! Cosa faresti se qualcuno ti mettesse in imbarazzo davanti alla persona che ti piace?! Vai a fare la gatta morta con Joshua!» urlò con cattiveria.

Gli occhi marroni dell'interlocutrice si riempirono di lacrime, «Tu lo fai ogni volta. Non te l’ho mai detto ma a me piace Dean dalla prima superiore. Mi metti sempre in imbarazzo davanti a lui e mi sminuisci ma io resto sempre in silenzio.» confessò con voce tremante, «Sai che ti dico? Vai a farti fottere!». Corse via lasciandola sorpresa. Non le importava più, si era annullata, sacrificata per lei. Ed era stata ripagata con stizza e cattiveria, non lo meritava. Di questo ne era certa. Voleva andarsene da quella festa, ma era stata accompagnata da Virginia. Asciugò nervosamente le lacrime che avevano solcato il suo viso delicato, le mani tremavano nervose. Si guardò intorno.

«Wendy» una voce maschile la chiamò facendola voltare.

«Dean-», il ragazzo le prese gentilmente il viso e le labbra morbide si scontarono con quelle sottili del moro. Puzzava d’alcol, ma non le importava. Probabilmente si sarebbe pentito in futuro ma, in quel momento, ne valeva la pena. Avere almeno un bacio dalla persona che gli piaceva da anni e che piano piano si era trasformato in amore. Un silenzioso amore doloroso. Vederlo con altre ragazze e soprattutto con Virginia le aveva fatto male. Ogni sera quando tornava a casa, nella sua stanza, al sol pensiero delle calde lacrime le rigavano sempre quel volto dai tratti morbidi.

Il cuore del riccioluto Joshua si ruppe alla vista del suo amico baciare la ragazza di cui si era invaghito. Si era sempre fidato di lui, non gli importava se era sbronzo. Sapeva che, quando beveva, le sue azioni e le sue parole erano sempre sincere. Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche, il nodo alla gola si fece sempre più fastidioso. Doveva andarsene. Senza che nessuno lo vedesse, lasciò la festa, ferito.

Christopher stava esplorando velocemente ogni singola stanza della casa. Aveva interrotto un paio di coppiette che si stavano sbaciucchiando, dei ragazzi ubriachi che se la spassavano con dei giochi tipici come “il gioco della bottiglia” ed altri semplicemente sbronzi a festa iniziata da poco. Ma di Victor nemmeno l’ombra. Dove si era cacciato? Non poteva essere andato via, non era ancora mezzanotte. E se lo avesse fatto? In fondo lo conosceva da poco e lo aveva costretto ad accompagnarlo. Camminò lungo il corridoio del piano superiore, sovrappensiero, quando sentì dei strani rumori venire dal bagno. Aggrottò la fronte e si avvicinò a quella porta con l'orecchio teso. Anche se la musica era alta, poteva benissimo sentire qualcuno che tossiva forte e di continuo. Preoccupato spalancò la porta ma, alla vista dell’azzurrino, sgranò gli occhi, incredulo. Stava tossendo così forte che il viso era diventato bordeaux. Una mano stringeva la bocca mentre l’altra stringeva prepotentemente il tessuto della felpa nera a livello del petto. Dallo sforzo, delle lacrime solcavano prepotenti il viso dai tratti spigolosi di Victor. Gli occhi ambrati del biondo si scontrarono con il blu oceano, erano diversi dal solito.

«Chiudi… la… porta…» disse non riuscendo a smettere di tossire. Chris sembrò riscuotersi, imbambolato a scrutarlo. Chiuse velocemente la porta a chiave e si avvicinò titubante per accarezzargli delicatamente la schiena.

«Non so cosa stia succedendo ma, andrà tutto bene» lo tranquillizzò, preoccupato. E lo vide, il liquido carminio colare da quella mano che copriva le labbra mentre Price tentava di riprendere a respirare. Sembrava che l'ossigeno si rifiutasse di invadergli i polmoni, le gambe sembravano cedergli, White lo sorreggeva per non farlo cadere. Dopo alcuni minuti sembrò finalmente calmarsi. Il petto del ragazzo sembrò espandersi più del dovuto, riuscendo finalmente a riprendere il normale ritmo respiratorio.

E il tempo scivola viaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora