Capitolo 36 (Seconda parte)

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Aveva passato i giorni seguenti a fingere, con scarsa credibilità, che il pranzo non lo preoccupasse affatto. La sera in cui aveva convinto Chris ad accompagnarlo, Victor non aveva quasi chiuso occhio. Ma era rimasto tranquillo, coccolato dal calore del suo ragazzo, sotto le coperte. Non aveva avuto sintomi, se non un senso di gonfiore per aver mangiato nonostante l'inappetenza. Il nervosismo era stato evidente i giorni successivi, con le sue risposte monosillabi, il suo costante mordersi pellicine immaginarie alle dita tanto da formarle e la voglia di nicotina a ribussare persistente alla sua porta. Se gli avessero offerto una sigaretta avrebbe ceduto, ne era certo. Sabato era arrivato e solo in quel momento, in macchina, davanti alla residenza White ad attendere la sua Principessa Susie, stava pensando che avrebbe potuto dare forfait. Aveva fatto una cazzata ad accettare? Era troppo tardi per rifiutare? Perché si era fatto convincere da Duke? In fondo non erano affari suoi, no? Stava mettendo tutto in discussione. Gonfiò le guance e sbuffò, lasciandosi andare sul sedile del guidatore. Si sentiva in colpa per il fratello? Thomas aveva fatto lo stronzo e a pagarla erano i suoi figli. Sussultò quando sentì bussare al finestrino.

Christiopher gli fece cenno e lui abbassò il vetro.

«Muoviti Pricipessa», esordì sardonico, «I leoni saranno affamati.»

«Questa volta so che la carrozza non si sarebbe trasformata in zucca, me la sono presa comoda.» lo stuzzicò, poi indicò con il capo dietro di sé. «Le nostre fan ti salutano.»

«Che fan?» Price sbirciò oltre, Ellen e Diana lo stavano salutando dalla finestra al piano terra. Ricambiò confuso il saluto con un cenno con la mano e un sorrisino incerto in volto.

«Ellen e Diana dicono che il santo tra i due sei tu.» lo informò lo stalker, prima di fare il giro dell'auto e sedersi al sedile passeggero. Si allacciò la cintura.

«Hanno ragione.» Vick mise in moto l'auto e partì.

«Sei agitato.» dedusse, non era una domanda. White poteva solo immaginare quanto fosse stato difficile per Victor accettare l'invito, ma sapeva anche che ne aveva bisogno.

«No, in fondo è solo un pranzo, no? » il teppista strinse un po' di più la presa sul volante. «Forse», ammise dopo qualche minuto di esitante silenzio.

Christopher si limitò ad annuire mentre curiosava in auto. Sui sedili posteriori c'era un incarto proveniente dalla pasticceria. «Pasticceria?»

«È una torta alla crema», rispose Victor alla domanda implicita, «Il vecchio l'ha comprata apposta, dice che è buona educazione portare qualcosa quando si è invitati. Io gli ho risposto che bastava la mia stupenda e meravigliosa presenza, ma lui mi ha guardato come se fossi pazzo e stessi dicendo eresie.» La mancata risposta costrinse il teppista ad occhieggiare il ragazzo al suo fianco, scoprendo che lo stava fissando come se avesse appena detto una stronzata. «Andiamo, non guardarmi anche tu in quel modo!» Price era passato dal mutismo a parlare senza tregua, come acqua fuoriuscita da una piccola crepa di una diga.

«Quale modo?» sghignazzò Chris, facendo il finto tonto.

«Con quello sguardo accondiscendente.» cercò di mascherare la sua ilarità mordendosi il labbro inferiore.

White era riuscito a strappargli finalmente un sorriso vero dopo giorni. «Ricordami perché ho accettato di accompagnarti.»

«Perché non hai trovato una scusa credibile.»

«Giusto» Christopher annuì come se si fosse appena ricordato che la sua inventiva era così tanto scarna da non essere riuscito ad inventarsi una giustificazione plausibile per rifiutare.

Si fermarono ad un semaforo. «E anche perché baci la terra dove cammino, sono la luce dei tuoi occhi.» aggiunse Price teatralmente poggiandosi una mano al petto come se fosse Romeo e stesse chiamando Giulietta alla finestra. «Sono il motivo per cui ti svegli la mattina.»

E il tempo scivola viaWhere stories live. Discover now