Capitolo 14

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Il ragazzo non riusciva a calmarsi. Quei pensieri si insidiavano nella sua mente e non facevano altro che appesantirlo. Si sentiva in colpa. Se fosse arrivato prima? Se non avesse esitato? Se non avesse litigato con lui in quel modo? Passò le dita tra i ciuffi biondi, appoggiandosi allo schienale in plastica, di quella scomodissima sedia, dei corridoi dell'ospedale. Sbuffò per l'ennesima volta, non riuscendo ad impedire alla sua gamba di muoversi spasticamente. Ciò che lo aveva scosso maggiormente era stata la chiamata di Bob Harden, il datore di lavoro del teppista, sul cellulare di quest’ultimo. La voce dell’uomo risultava profonda ma preoccupata. All’imemdiata domanda “Stai bene, ragazzo?” aveva fatto intuire a Christopher che l'uomo era a conoscenza della situazione. Perciò, senza remore gli aveva spiegato, senza entrare nei dettagli, cos’era successo. Era rimasto basito quando aveva saputo che Price si era fatto aumentare i turni a lavoro e il proprietario del locale, non era stato capace di dirgli di no, nonostante gli ripetesse di riposare. Entrambi sapevano che l’azzurrino era testardo, White lo aveva capito fin dall’inizio. Quella notizia, non aveva fatto altro che accrescere i suoi sensi di colpa, dicendosi che avrebbe potuto stargli accanto e farlo ragionare. Si sarebbe evitato di aspettare lì, davanti la porta della camera ospedaliera, in attesa che Barlow uscisse per avere notizie del ragazzo, con quei sensi di colpa che lo appesantivano come un macigno sullo stomaco, con le ansie e paranoie per la salute Victor che lo stavano divorando da dentro come i lupi affamati si cibano delle visceri di una preda. Sbuffò per poi poggiare i gomiti sulle ginocchia e, al rumore della porta che si apriva, balzò in piedi come se ci fosse uno spillo che lo avesse punto. Il medico si palesò dinanzi a quella dannata porta che il biondino non aveva fatto altro che fissare intensamente per tutto il tempo, se fosse passato altro tempo era sicuro avrebbe preso fuoco, sotto il suo sguardo. Quegli occhi color nocciola, dietro quegli occhiali da vista che l'uomo li aveva poggiati sul setto nasale, lo scrutavano in un modo che Christopher non riuscì a comprendere.

«Seguimi», asserì dirigendosi nel suo studio seguito dal biondino. L’uomo prese posto sulla sua sedia girevole, dietro la sua elegante scrivania mentre White in una delle due sedie di fronte.

«Come sta?» chiese preoccupato, muovendosi nervoso sulla sedia, come se fosse la più scomoda del mondo.

Barlow maneggiò delle scartoffie per prendere la cartella clinica di Price ed aprirla, controllò velocemente ed alzò finalmente lo sguardo sul ragazzo. «È in pessime condizioni, ma se la caverà. Per fortuna l’infiammazione dell’ago-cannula non è sfociata in setticemia, gli abbiamo somministrato un antibiotico, ma…» spiegò rompendo quel silenzio che sembrava appesantire l'aria della stanza.

«Ma?» lo spronò a continuare. I suoi muscoli erano tesi come le corde di un violino, i suoi occhi ambrati erano incollati sulla figura del medico, in attesa di qualche indizio, qualche piccolo gesto, che potesse anticipargli qualcosa.

Mark si ritrovò a sospirare pesantemente, «Ho dovuto inserire la cannula sul braccio destro. Lo abbiamo trovato denutrito e febbricitante, perciò gli stiamo somministrando una flebo nutritiva e un’antipiretico*. Dalle analisi del sangue risulta il valore troppo alto di cortisolo**, sintomo di stress».

Il suo corpo era stato sottoposto a stress, il biondo non poté che pensare a quella telefonata con Harden. «Si è fatto aumentare i turni a lavoro, può essere dovuto da ciò?», domandò, per poi darsi dello stupido. Non era solo quello, ne era certo. Poteva solo immaginare come si sia sentito per tutto questo tempo, da solo, spaesato, arrabbiato. Anche se quando si erano visti, il teppista gli aveva detto che non gli importava, che non era stata la prima persona che si vergognava e si sarebbe vergognata di lui.

«Quel ragazzo mi sta rendendo le cose difficili», esordì l'uomo, rompendo nuovamente quel silenzio assordante, grondante di pensieri, che si era formato per quei pochi secondi. Sospirò pesantemente, di nuovo, per poi togliersi gli occhiali, stringere gli occhi e premere con l'indice ed il pollice la base del setto nasale. «Sei l'unico che io abbia visto al fianco di Price, sono sicuro lui tenga a te. Perciò, penso tu debba sapere».

E il tempo scivola viaWhere stories live. Discover now