Capitolo 9

525 40 53
                                    

«Com'è piccolo il mondo, eh?» ironizzò, ancora, Vick. Ma, questa volta, il biondo non ricambiò. Si instaurò nuovamente quel pesante silenzio, spezzato soltanto dall’infrangersi delle onde sulla sabbia.

«Vick, io…» provò a giustificarsi ma l’azzurrino glielo impedì.

«È passato. Non nego che mi dia fastidio ma, non ci si può fare niente, no?» lo rassicurò.

«Sei geloso?» chiese stupito, «Di me?»

«Cosa? No!» ribadì prontamente, «Però, visto che quel bastardo di mio padre ha preferito sua madre alla mia, ha preferito lei e suo fratello a me, tendo ad essere suscettibile». Passò le dita tra i capelli azzurro elettrico per poi prendere qualche ciocca mentre, i gomiti erano poggiati sulle ginocchia.

«Non ti facevo così competitivo.» si avvicinò al suo viso, lasciandogli un bacio sulla guancia. «Siamo stati insieme per quasi un anno, poi ha rovinato tutto».

Victor aggrottò la fronte, «Spiegati meglio».

«Mi ha mollato perché diceva che ero asfissiante.»

«Sai, potrei crederle. Sei insistente» lo punzecchiò, ottenedendo uno sguardo seccato dal biondo. Sapeva che, se avesse potuto, lo avrebbe fulminato.

«Tu sei testardo come un caprone invece», entrambi iniziarono a ridere. Ci era riuscito a rallegrarlo un po'. «Che ne dici se vieni a pranzare a casa mia?», azzardò Christopher.

«Tesoro, non è un po' presto per presentarmi ai tuoi?» domandò sarcasticamente.

«Sono a lavoro a quest’ora, saremo soli», disse alzandosi.

«Mi stai mandando messaggi subliminali», lo punzecchiò ancora cercando di alzarsi. White lo aiutò, ritrovandosi vicino al suo volto. Le punte dei loro nasi si sfiorarono, le pupille sembravano toccarsi, le iridi color miele sembravano fondersi con quelle azzurre. «Andiamo?» sussurrò Vick, quasi timoroso di interrompere quell'atmosfera che si era creata.

«S-Si», balbettò dopo aver ingoiato a vuoto, allontanandosi un po'. «Andiamo».

Arrivarono alla residenza White, il viaggio era stato un punzecchiarsi continuo; a Chris facevano male gli occhi per le numerose volte in cui li aveva puntati al cielo, esasperato ma allo stesso tempo divertito. La tensione era sfumata via completamente e, mentalmente, si diede del genio. Se lo avesse detto ad alta voce, si sarebbe dovuto sorbire le battutine del teppista, ne era certo. Il biondo aprì la porta per poi lasciar entrare prima l’ospite, «Benvenuto nella mia libagione messere».

«Poi sarei io l’idiota, principessa», ricambiò il sarcasmo.

«No no, è lui l’idiota», si intromise una voce femminile e, quando si voltarono, trovarono Ellen sgranocchiare delle patatine e la sua amica Diana sbirciare dal salone.

«Che ci fai tu qui? Non dovresti essere a scuola?» domandò con tono accusatorio, il fratello maggiore.

«Anche tu», rispose prontamente.

«Touchè.» si intromise Victor ma fu subito afferrato per un polso e tirato su per le scale con la “piccola” White che urlava “Piccioncini, pranzate qui?” ed un irritato fratello maggiore che, prima di sbattere la porta, urlò un “si”.

Christopher sospirò pesantemente per poi guardare l'ospite, «Mi dispiace, dovevamo essere soli.»

«Perché mai? Volevi fare qualcosa di sconcio per caso?» lo punzecchiò sedendosi sulla sedia della scrivania.

«Se ti dicessi di sì?»

«Direi “tesoro oggi non mi va, ho mal di testa”», rispose mimando una vocina stridula.

E il tempo scivola viaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora