Capitolo 36 (Prima parte)

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Martellando distrattamente il dito sul tavolo e dondolando pigramente la gamba accavallata sull'altra, Victor osservava, con un sopracciglio alzato, suo zio Charlie ed il Signor Stalker, autoinvitatosi nel suo appartamento dopo le lezioni, parlare tra loro come se lui non fosse lì e non potesse sentirli. Non ricordava il momento preciso in cui avessero legato così tanto, si era voltato un secondo e li aveva trovati a complottare contro di lui con poca discrezione. White sorrise e il suo sguardo si ammorbidì. Christopher non aveva fatto alcuna obiezione quando lo aveva informato delle sue intenzioni di incontrare Thomas da solo, gli aveva rivolto un semplice sguardo deciso ed aveva annuito fermamente. Dopo, non aveva posto alcuna domanda, consapevole che gli avrebbe raccontato tutto quando sarebbe stato pronto. Lo aveva semplicemente guardato ed aveva sorriso dolcemente sfiorandogli timidamente le dita fino ad intrecciarle con le sue. Se ci ripensava, Vick poteva ancora sentire la sensazione di calore che si propagava dai polpastrelli. Si era sentito capito, protetto, perché Chris era lì con lui, nonostante tutto. Però, non aveva avuto il coraggio di dirgli che era stato invitato per una cena nella perfettissima e lussuosa casa Price.

«Vieni da me per una cena» se n'era uscito Thomas.

Vick lo aveva fissato per alcuni secondi prima di scoppiare a ridere. La risata si era spenta lentamente quando si era reso conto che l'uomo non lo aveva accompagnato nell'ilarità. Aggrottò le sopracciglia, «Non era una battuta?»

«No, Victor.» sospirò prima di prendere un sorso della sua bevanda calda.

«Andiamo, non puoi dire sul serio!» allargò le braccia.

«Sono serio invece.»

«No, sei coglione.» lo corresse sbuffando ed appoggiandosi sullo schienale della sedia. «Non ci vengo a cena da te a Malibù nella tua perfetta megavilla da sogno

«Non vivo a Malibù e non è una megavilla.» aveva replicato alzando gli occhi al cielo.

«Era una battuta con un fondo di verità», sbuffando poggiò il gomito sul bracciolo e la guancia sul palmo aperto. «Non ci vengo comunque, scordatelo.»

Erano andati avanti a discuterne per diversi minuti: Vick non aveva ceduto, non avrebbe mai accettato l'invito nemmeno se il padre si fosse cosparso di benzina con la minaccia di darsi fuoco. Anche se, con quel presupposto, avrebbe ottenuto l'effetto contrario. I giorni successivi anche Elisabeth aveva tentato di convincerlo, senza alcun successo. Aveva ceduto solo quando era stato Duke a proporgli un pranzo. Non solo perché aveva invitato anche Chris, e quindi non avrebbe dovuto entrare nella gabbia dei leoni da solo, ma perché lo aveva guardato con quegli occhi colpevoli che non riusciva a comprendere. Si pentì di non aver chiesto a Thomas cosa gli avesse raccontato. Non erano affari suoi, eppure si sentiva in qualche modo stranamente responsabile.

«Vick è d'accordo?» domandò Chris riportandolo al presente. Solo in quel momento si rese conto di aver tenuto lo sguardo fisso sulla superficie anonima del tavolo per tutto il tempo. Si morse il labbro e sollevò lo sguardo su Christopher che aveva un sorriso furbo sulle labbra.

Charlie lo indicò con un cenno del capo, «Che importa se è d'accordo quel Testa di rapa?» mise due cucchiaini di zucchero nel caffè. «Piuttosto, avvisa i tuoi genitori, ragazzo.»

Victor aggrottò le sopracciglia, «Riguardo cosa?» Saettò lo sguardo tra lo zio ed il Bodyguard iperprotettivo, osservandoli in modo sospettoso.

«Rimango qui per la notte.» Il volto di White si illuminò. Estrasse il cellulare ed iniziò a pigiare velocemente sullo schermo mentre il viso del teppista sembrava aver perso maggiormente colore.

E il tempo scivola viaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora