Capitolo 27

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Era sdraiato sul letto a leggere un libro quando udì il campanello suonare. Probabilmente era arrivato. Sentì dei tacchi sul parquet , la porta d'ingresso aprirsi e, di seguito, delle voci. Sospirò, sarebbe dovuto andare ad accogliere suo cugino Roy, il suo perfetto cugino Roy Lloyd. Chiuse il libro, sapeva che sarebbe arrivato nel pomeriggio, ma non pensava che il tempo fosse trascorso fin troppo velocemente. Si alzò e scese trovandoli ancora all’ingresso. Josh trovava davvero curioso come il proprio comportamento cambiasse fuori e dentro casa. Era schivo, sorrideva di rado e rimaneva per la maggior parte del tempo in silenzio. Questo perché la dimora dei Lloyd non era mai stata casa sua, se non sui documenti. Non ricordava nemmeno l’ultima volta in cui si era sentito a suo agio lì, con i suoi genitori. Non ricordava l’ultima volta in cui loro erano stati tali. Probabilmente, se gli avessero chiesto da quanto tempo si sentisse in quel modo, avrebbe risposto “da sempre”. Era tanto tempo, da sempre. Mentre scendeva le scale controvoglia, Roy si voltò verso di lui sorridendogli. Sembrava contento di vederlo.

«Joshua, è da tanto che non ci vediamo!» lo salutò quando fu arrivato all'ingresso.

«Già», tagliò corto guadagnandosi un’occhiataccia da Kristen Lloyd, sua madre. Per lei rispondere in quel modo non era educato, era dell’idea che l’ospite dovesse sentirsi a proprio agio quando era in visita. Avrebbe tanto voluto essere un ospite anche lui, lo pensava troppo spesso. Sospirò ignorandola, «Ti aiuto a portare le valigie nella camera degli ospiti».

L'ospite annuì e lo seguì, in silenzio. Non avevano mai parlato molto, anche se Roy era venuto spesso a fargli visita. Infatti non riusciva a capire perché si ostinasse a venire a Boston, a trovare i suoi zii cinici, freddi e noiosi con un figlio che rimaneva in silenzio. Cosa ci trovasse di bello, per Joshua, rimaneva un mistero. Perfino lui, se avesse potuto, sarebbe andato il più lontano possibile da quelle pareti asfisianti e gelide che lo accoglievano ogni fine giornata. Quelle solitarie cene che molto spesso consumava da solo. Ma, quando avevano visite, si ostinavano ad interpretare la famigliola felice, come se potessero ingannare qualcuno. Difatti, quella stessa sera, non avrebbe mangiato solo come al solito e quasi si rammaricò. Richard Lloyd era seduto a capotavola nella sala da pranzo già apparecchiata. La cena era già pronta ed aspettavano solo il loro figlio maleducato. Josh si sedette al suo solito posto, davanti alla madre, di fianco al padre e vicino a Roy. Iniziò a punzecchiare il cibo nel piatto con sguardo assente, era stanco di interpretare quella farsa.

«Joshua?» il cugino lo chiamò ridestandolo dai suoi pensieri.

«Scusa, ero distratto. Puoi ripetere?»

«Non stai mai attento», lo rimbeccò la madre mentre tagliava la bistecca nel piatto.

«Hai già scelto il tuo percorso universitario?» domandò Roy, curioso.

Voleva farlo sfigurare? Eppure, anche se gli stava antipatico, lui si era sempre comportato con gentilezza nei suoi confronti. Forse voleva solo vantarsi con gli zii. «Si, io… >>

«Lui farà legge», lo interruppe il padre, rispondendo al suo posto. «Ho già parlato con le mie conoscenze».

Legge? Conoscenze? Aveva già deciso al suo posto senza che lui ne sapesse niente. Ora che ci pensava, non gli aveva mai chiesto cosa lui volesse. Non ci vide più. «No!»

I presenti sembrarono ghiacciarsi sul posto mentre il riccio affrontava, per la prima volta in vita sua, Richard Lloyd. Sosteneva il suo sguardo senza esitazione.

«Cosa?» aggrottò le sopracciglia.

«Non farò legge».

«Si invece, è la cosa miglior-» provò a rispondere, ma il figlio lo interruppe.

E il tempo scivola viaحيث تعيش القصص. اكتشف الآن