Capitolo 32 (Prima parte)

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La mattina seguente, aveva sentito la porta del piccolo appartamento chiudersi dietro Charlie. Non era più riuscito a conciliare il sonno, rimanendo a fissare quel soffitto della propria stanza, stanco. Si girò su un fianco, ancora nel letto, sotto quelle coperte calde e sospirò rumorosamente. La testa gli doleva, gli occhi gonfi ed arrossati. Aveva pianto, non era riuscito a trattenersi. Dopo aver raccontato a Charlie della sua vigliaccheria, di essere scappato dopo aver visto Hanna morire, Victor non aveva potuto trattenersi. Aveva rivissuto l'accaduto, il dolore si era fatto più forte, dopo mesi che lo spingeva giù in fondo. Il petto sembrava dolergli, il cuore si era stretto e al sol pensiero della madre, adesso, gli occhi gli si inumidivano. Si mise in posizione fetale, si strinse a sé arpionando le mani sui suoi gomiti appunti. La pelle era calda, sotto il piumone scolorito. Aveva mai avuto tempo per elaborare la perdita? Aveva mai avuto tempo di vivere il lutto? Dopo il funerale, le giornate erano un susseguirsi di problemi, bollette, lavoro… Si era impedito di pensare, sapeva che sarebbe crollato, immerso nel suo dolore solitario. La suoneria del telefono lo riportò nel presente facendolo sussultare. Sbuffò come se avesse appena udito la sveglia dopo un sonno conciliante, si distese supino e lesse l'orario sulla sveglia, silenziosa, sul comodino. Erano le sei del mattino ed il telefono lampeggiava sul comodino. Chiunque fosse, doveva essere un folle con istinti suicidi. Puntò il gomito sul materasso e lo afferrò con l’altra mano. Aggrottò le sopracciglia, confuso, quando lesse il nome sullo schermo. Che diavolo voleva? Con tutta la lentezza da bradipo che possedeva, accettò la chiamata e se lo portò semplicemente all’orecchio.

«Era ora che rispondessi, Price.» la voce era irritata, dura, sembrava si stesse trattenendo dal dare di matto al di là del telefono.

«Sai, solitamente a quest’ora dormo», mentì, «E a dir la verità, anche tu, Kevin».

Era certo che avesse alzato gli occhi al cielo, si erano sempre detestati, loro due, e Vick non aveva fatto nulla per appianare le loro divergenze, anzi. Sputava sempre battute sarcastiche che lo facessero irritare, lasciando Daniel a fare da spartiacque. «Adesso non ho nessuno che copre i miei ritardi in officina», asserì seguito da dei minuti di silenzio che parverò ore, tesi.

Cosa doveva rispondere? Vick sapeva si riferisse a Danny, era l’unico che lo avrebbe coperto. Quella consapevolezza lo infastidì facendogli aggrottare la fronte, raramente aveva preso le sue parti, perfino per le cose più banali. Si ridistese sul materasso, continuando a tenere il cellulare all’orecchio. Thompson udì il fruscio delle lenzuola, il teppista continuava a sentire il respiro del ragazzo. Prese un respiro profondo, doveva calmarsi. Quella era una ferita ancora aperta che prima o poi avrebbe dovuto affrontare, ma non aveva intenzione di farlo alle sei del mattino, dopo una notte insonne, passata piegato sulla tazza del water a rigettare anche il pranzo di Natale dell'anno scorso. Fece per parlare, ma fu interrotto.

«Lo hai allontanato da me», sibilò con rabbia.

«Chi?» gli stava dando l’occasione di evitare il discorso. In realtà, era lui che stava provando ad evitarlo. Lo stava praticamente implorando di inventarsi qualsiasi scusa plausibile, e non. Lui avrebbe finto di crederci.

«Non fare il finto tonto, Price» grugnì seccato, «Sappiamo entrambi che sto parlando di Danny».

Non erano d'accordo nemmeno sul fatto di evitare di parlarne. Era ovvio, altrimenti non l’avrebbe chiamato. «Non sono stato io ad allontanarlo da te, sei stato tu a farlo.» chiuse lentamente gli occhi, era già stremato. Sapeva benissimo dove voleva andare a parare. Merda.

«Non dire cazzate! Mi ha detto che eravate fidanzati, lo hai reso frocio come te!»

Scoppiò a ridere, la stanchezza gli impedì di trattenersi. I freni inibitori erano andati a farsi benedire quella notte passata con suo zio, la situazione poteva degenerare. Sapeva che lo avrebbe fatto arrabbiare più di quanto non lo fosse già, anche se non lo aveva mai visto sorridergli o trattarlo con gentilezza.

E il tempo scivola viaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora