Capitolo 16

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Degli strani suoni arrivavano ovattati alle sue orecchie, l’odore di disinfettante gli invase le narici. Il corpo si fece d’un tratto più pesante, in quel momento maledisse l'accelerazione di gravità, aprì lentamente gli occhi, anche le palpebre sembravano risentirne. Un soffitto bianco, sterile, gli si parava dinanzi. Dove diavolo era? Voltò a fatica il capo, era disteso su un letto ospedaliero, una flebo era attaccata al suo braccio e, il rumore fastidioso di prima, era il monitor di misura di frequenza cardiaca. Perché si trovava in ospedale? Cos’era successo? Stava tornando a casa da lavoro e… Tutto si fece più chiaro, i ricordi gli invasero la mente come le onde del mare s’infrangono sugli scogli. Christopher era lì. Gli aveva detto che gli piaceva. Anche se i ricordi erano confusi a causa della febbre, quella parte era rimasta marchiata a fuoco. Lui piaceva a qualcuno, lui piaceva ad uno dei ragazzi popolari della scuola. Lui, aveva il cancro. Se non ce l'avesse fatta? Come doveva comportarsi adesso quando l’avrebbe rivisto? Neanche il biondo gli era più tanto indifferente, anche se si vergognava di lui. La questione era ancora irrisolta, purtroppo. Sospirò tornando a fissare il soffitto sterile, odiava gli ospedali, gli ricordavano sua madre. Quei pomeriggi passati lì mentre la donna faceva la chemioterapia, fino agli ultimi periodi di ricovero dove non riusciva ad alzarsi. L'aveva vista spegnersi lentamente, come la fiamma di una candela. Strinse leggermente le lenzuola, gli occhi azzurri come il cielo divennero lucidi. A lui sarebbe toccata la stessa fine, e ciò lo spaventava. Ma ciò che temeva di più era che un’altra persona potesse passare ciò che aveva passato lui guardando impotente sua madre, senza poter fare niente. Aveva cercato di allontanare tutti, soprattutto White, ma non era riuscito nell’impresa. Fece un respiro a pieni polmoni chiudendo le palpebre. Piangere non avrebbe cambiato le cose. Li riaprì ma, quando sentì la porta aprirsi, d'istinto, li rinchiuse. Perché stava facendo finta di non aver ripreso i sensi? Cos’aveva da nascondere? Da chi si doveva nascondere? È inutile dire che si diede del coglione. Sentì quella stessa persona chiudersi la porta alle spalle ed avvicinarsi al letto lentamente, come se fosse incerta sul da farsi.

«Victor», sospirò accarezzandogli delicatamente il viso pallido e smunto. Era dimagrito tanto, troppo, in due settimane.

Quella voce voce profonda l'avrebbe riconosciuta tra mille. Non poteva crederci, lui era lì.

Trascinò la sedia vicino al letto per sedersi, prese la mano dell’azzurrino tra le sue grandi e calde. «Cazzo… » sibilò, «Mi aspettavo una reazione avversa, ma non questo. Ho sbagliato, lo so, ma dammi la possibilità di rimediare».

La porta della camera si aprì, di nuovo, facendo sussultare l'uomo che lasciò la mano per voltarsi. Un ragazzino biondo era sulla soglia, lo guardava in un modo che non riuscì a decifrare. Chi era? «Ragazzo, credo tu abbia sbagliato stanza», si alzò voltandosi per metà.

«No, sono qui per Vick», annunciò Christopher chiudendosi la porta alle spalle, lanciare lo zaino in un angolo ed avvicinarsi al letto per affrontarlo di petto. Chi diavolo era quell’uomo? Aveva dei capelli biondi e degli occhi di ghiaccio. «Chi saresti?»

«Sono Thomas Price, il padre di Victor», il ragazzo sbarrò i suoi occhi ambrati. «Non pensavo di dovermi giustificare o chiedere il permesso per far visita a mio figlio», tuonò con una punta di sarcasmo.

Era lui. Aveva dinanzi l’uomo che aveva fatto soffrire il teppista, l'uomo che aveva abbandonato lui e sua madre. L'uomo di cui, secondo il dottor Barlow, Victor aveva bisogno. Solo adesso notava della somiglianza, gli occhi così simili ma allo stesso tempo così differenti.

«Tu, piuttosto, chi saresti?»

Christopher boccheggiò, le parole si erano incastrate nell’esofago rifiutandosi, categoricamente, di produrre alcun suono. Già, cos'era per l’azzurrino? Di certo non erano amici, al solo pensiero di essere nella temuta friend-zone gli si stringeva il petto. Neanche prima di litigare si potevano definire tali, si erano baciati, anche se era stato un bacio a fior di labbra. «I-Io… » sussurrò incerto ma la sveglia dell’orologio di Thomas suonò, interrompendoli.

E il tempo scivola viaWhere stories live. Discover now