Capitolo 24

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Il viaggio in auto era stato silenzioso. Price aveva tenuto la fronte poggiata al finestrino dell'auto, scrutando il paesaggio scorrere mentre Chris era alla guida. Il rumore del motore aveva fatto da colonna sonora a quel viaggio. Solitamente ciò che gli altri pensavano di lui, ciò che dicevano, non gli era mai importato. Ma, questa volta, sentirsi sbattere la verità in faccia, gli aveva fatto male. Più delle offese, più degli stereotipi che gli avevano inflitto senza far nulla. Gli aveva ricordato, ancora una volta, che sua madre se n'era andata lentamente sotto i suoi occhi, che suo padre aveva scelto loro e non lui. Si era sentito spesso sbagliato per questo, come in quel momento. Ma poi lo aveva mandato a farsi fottere, ricordandosi che ce l'aveva fatta fino a quel momento. In quell’autovettura però, trovava molto difficile pensare in quel modo. Si sentiva stanco ed inadeguato. In quel momento avrebbe voluto crogiolarsi nel proprio letto, dopo aver fumato una gustosa sigaretta. Una di quelle che riempie i polmoni di catrame cancerogeno e deleterio, che lascia il sapore di tabacco in bocca. Peccato che Charlie gli avesse sequestrato il pacchetto. Lo stesso zio che aveva chiamato poco fa ed aveva ribadito, raccomandando la supervisione di Christopher, di mangiare. Lo stesso ragazzo che, in quel momento, se la stava facendo letteralmente addosso.

Avere lì il teppista avrebbe significato presentarlo ufficialmente ai suoi come il suo ragazzo. Presentarlo agli stessi genitori di cui non sapeva minimamente cosa ne pensassero. Se non lo avessero accettato? Se lo avessero cacciato di casa? Se li avessero insultati? Sarebbe stato in grado di riceverli? Di una cosa era certo, non avrebbe mai permesso che l’azzurrino ne ricevesse alcuno, lui non avrebbe retto. Lo osservò con la coda dell'occhio, trovandolo con la testa poggiata sul palmo della mano. Il gomito sullo sportello dell’auto.

«Siamo arrivati alla mia libaggione, messere», ironizzò il biondino, parcheggiando davanti casa. «I miei non sono ancora tornati ed Ellen ha le ripetizioni. Siamo soli».

«Ambrogio, sei davvero allusivo quando ti ci metti», scese dall’auto.

«Che posso farci? Sono un ragazzo in piena adolescenza», lo seguì per poi aprire la porta d’ingresso.

«Spegni i tuoi ormoni adolescenziali e cerca di vincere la gravità sul tuo apporto di sangue», un sorrisino sornione incrinò leggermente le sue labbra, che White baciò subito dopo.

«Me lo rendi davvero difficile», intrecciò le dita con quelle fredde del ragazzo, «Poggiamo gli zaini e poi ci prendiamo della cioccolata calda?»

Il teppista non poté far altro che annuire, anche se aveva la nausea. Non era molto di compagnia, ne era consapevole, come il fatto che il biondo si stesse sforzando di tirarlo su di morale. Perciò, quando si trovò davanti la bevanda fumante, in una tazza bianca di ceramica, si sforzò di berne qualche sorso. La avvolse con le dita guardandolo di sottecchi. «Sei agitato, vero?»

«Com'è stato il tuo Coming out?» lo aveva fatto, aveva finalmente avuto il coraggio di chiederglielo.

«L'ho fatto solo con lo zio Charlie», bevve un sorso, «Con mamma è stato diverso».

«Che intendi?» alzò un sopracciglio biondo, seduto sulla sedia al tavolo da pranzo, al suo fianco.

«Vide me e Daniel baciarci, ma fece finta di nulla. Ovviamente, appena ci accorgemmo di lei, ci staccammo come se fossimo stati scottati». Entrambi sostennero lo sguardo dell’altro mentre, in quella dimora silenziosa, Price parlava a bassa voce, come se avesse timore. «Non ne abbiamo mai parlato ma, il giorno prima che lei morisse, in quella fottutissima stanza ospedaliera, mi osservò con quegli occhi azzurri. Mi strinse la mano e mi sorrise dicendomi che era fiera di me, che sarei sempre stato suo figlio», la voce s’incrinò mentre gli occhi divennero lucidi. «Poi mi sorrise, uno di quei sorrisi malinconici mascherati da sorrisi incoraggianti, e mi disse che sarebbe stata dura, che non tutti avrebbero accettato le mie scelte di vita ma che avrei dovuto infischiarmene ed essere felice». Abbassò il capo, mordendosi il labbro inferiore. Gli occhi prudevano, le lacrime spingevano per uscire e rigargli il viso. Scrutava la tazza di cioccolata senza guardarla davvero, sembrava che, ciò che aveva appena raccontato, gli stesse passando dinanzi come un film. Non aveva mai raccontato a nessuno degli ultimi momenti con sua madre e, da allora, aveva cercato di non ricordarli, o meglio, non ne aveva avuto il tempo.

E il tempo scivola viaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora