Luke

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Le mie giornate passavano monotone e l'unica nota positiva in tutto quello schifo sembrava essere Luke.
Spesso passavo da lui per parlare e ridere un po', soprattutto per non essere costretta a tornare in quel maledetto hotel; perché sì, ero ancora rinchiusa là e non mi decidevo ad affrontare James, anche se sapevo che prima o poi avrei dovuto farlo e inoltre mi mancava molto.
Ormai eravamo a ottobre inoltrato e mi resi conto che continuare a spendere soldi per rimanere in quell'hotel non andava per niente a mio favore, facendo solo diminuire il mio conto in banca.
James non mi aveva fatto domande quando gli avevo scritto che sarei rimasta ancora un bel po' di giorni da Jennifer, mentre questa, al contrario, mi riempiva di messaggi per sapere come stesse andando la faccenda con James, se l'avessi affrontato o meno. Io le rispondevo sempre allo stesso modo: che lo amavo ed ero pronta a perdonarlo; il che era assolutamente vero, tranne per il fatto che il solo pensiero di doverlo rivedere mi causava un vuoto allo stomaco.


Era il solito mercoledì pomeriggio in cui avevo la giornata libera e decisi di passare da Luke; alla fine il figlio di Victor era stato rilasciato perché avevano scoperto che la droga non era sua, ma qualcuno gliel'aveva messa nello zaino.
«Allora, come stai?» mi chiese Luke quando fui seduta sul suo letto.
«Si va avanti.» Sospirai sconfitta, almeno non era una bugia.
«Alla fine non mi hai più detto cosa ti è successo.» Mi guardò serio, spostandosi leggermente verso di me.
«E tu non mi hai più detto di Stacy» gli rinfacciai, con un sorrisino beffardo sul volto. Ogni volta che tiravo fuori l'argomento lo sviava in tutti i modi possibili.
«Perché non c'è nulla da dire, è andata di merda e basta.» Sbuffò, passandosi una mano nel folto ciuffo biondo.
«Ti ha rifiutato?» chiesi, appoggiandogli una mano sulla gamba nel tentativo di confortarlo.
«No, non ce l'ho fatta a chiederglielo, mi sono bloccato come uno scemo e alla fine ci va con Gregg.» Al pronunciare di quel nome storse il naso.
«Gregg Henkins?» chiesi e lui mi guardò indignato.
«Come lo conosci?!» Mi lanciò un'occhiata di fuoco e lo vidi serrare la mascella, ma ancora prima che potessi rispondergli, riprese. «Ah, la storia della droga, no?» Mi guardò serio, come per assicurarsi che fosse l'unico motivo della mia conoscenza del ragazzo; dirgli la verità avrebbe cambiato qualcosa?
«Sì e no... cioè... è il figlio del mio capo» ammisi infine e lui assunse un'espressione disgustata e sorpresa che mi fece ridere.
«No, no, non ridere, è uno scempio!» Gesticolava, facendomi ridacchiare ancora di più.
«Luke, calmati, cos'hai contro di lui?»
«Innanzitutto è un coglione, poi è un coglione, un grandissimo coglione e infine è il coglione più coglione dei coglioni!» Espirò scocciato, incrociando le braccia al petto e scuotendo la testa; il che non fece altro che alimentare la mia ilarità.
«E cosa avrebbe fatto per meritarsi questo titolo?» Lo guardai sorridendo, mentre il suo sguardo si spostava lentamente su di me, corrugando la fronte.
«Esce con la ragazza che mi piace e si crede un fighetto del cazzo.» Sbuffò ancora e io sorrisi più ampiamente.
«Anche tu sei bello.» Mi trucidò con lo sguardo, scuotendo la testa.
«Ma non figo, quindi non posso piacere a quelle come Stacy... poi sono ancora vergine e quindi non sono esperto... magari puoi aiutarmi anche in quel campo.» Fece un sorrisetto malizioso, alzando le sopracciglia più volte e io scoppiai a ridere, tirandogli un pugno sul petto.
«Guarda che sei proprio scemo!» Rise anche lui, alzando le spalle.
«Io ci ho provato.» Sorrise e io scossi la testa.
«Almeno hai fatto una battuta senza morire dall'imbarazzo.» Puntai gli occhi nei suoi, esibendo un'espressione ovvia e lui sospirò.
«Te l'ho detto, solo con te riesco.»
«Beh, è sempre un primo passo, come riesci con me puoi riuscire con un'altra ragazza.»
«Non credo proprio...» Sospirò ancora, iniziando a giocherellare con le dita. Lo osservai per qualche secondo, alzandomi poi dal letto.
«Dai, fammi sentire come suoni» cambiai argomento, provando a distrarlo. Alzò lo sguardo su me, incerto, ma sembrò risollevarsi; lasciò il suo posto, alzandosi per prendere lo strumento, se lo mise a tracolla e tornò a sedersi sul letto.
«Cosa ti suono?» Accordò la chitarra e alzò il viso, sorridendomi in maniera del tutto differente da prima; sembrava molto più a suo agio e rilassato e, non so per quale motivo, sentii un brivido lungo la schiena.
«Quello che vuoi.» Sorrisi, quasi in imbarazzo, e lui iniziò a passare le dita sulle corde, creando una melodia che, purtroppo, a primo impatto, non riuscivo a riconoscere. Continuò ancora, riempiendo la stanza di quel suono così puro e quando iniziò ad intonare le prime parole, capii subito che canzone fosse. Mi immobilizzai, puntando lo sguardo sui suoi movimenti così veloci, ma allo stesso tempo perfetti; in un secondo un enorme sorriso mi solcò le labbra: adoravo quella canzone. Kiss Me dei Sixpence None the Richer.
«Ti piace?» mi chiese, osservando la mia espressione per poi riprendere a cantare. Aveva una voce meravigliosa e sapeva suonare la chitarra in modo a dir poco eccellente. Chiusi gli occhi, seguendo la melodia e annuii per rispondere alla sua domanda; iniziai a muovermi lentamente, prima una gamba, poi un braccio e dopo poco iniziai a ballare veramente, muovendo il mio corpo a ritmo di musica. Cercavo di fondermi con essa, di sentirla fin dentro le ossa, finché non sentii un silenzio improvviso. Aprii gli occhi, confusa e anche leggermente delusa, vedendo che Luke mi stava fissando.
«Che c'è?» chiesi, non riuscendo ad interpretare la sua espressione. Nessuna risposta; continuava solo a fissarmi, come imbambolato. Mi avvicinai, lentamente, sventolandogli una mano davanti al viso. «Luke, tutto bene?» Iniziavo a preoccuparmi, poi si mosse, scuotendo la testa e alzando il viso per guardarmi.
«Sì... sì, sto bene.» Si schiarì la voce. «Scusami... allora... vuoi sentire altro?» Sorrise, guardandomi dolcemente.
«Sì, sei bravo, mi piace sentirti.» A quelle parole mi sentii arrossire e lui si mordicchiò il labbro inferiore, abbassando lo sguardo e facendo scaturire nel mio corpo una strana reazione: una specie di scarica nello stomaco.
«E cosa ti suono?» chiese, mentre continuava a mordicchiarsi il labbro.
«Quello che vuoi.» Iniziò a suonare le prime note di una nuova melodia, che non riuscivo a riconoscere, quando fu interrotto da qualcosa; lo vidi tirare fuori il telefono per poi leggere qualcosa e fare un'espressione tutt'altro che piacevole.
«Hey, tutto bene?» Mi avvicinai, fino a sedergli accanto, lui scosse la testa, guardando in basso.
«Sono l'unico sfigato che non ha un'accompagnatrice per il ballo.» Sospirò, alzandosi per rimettere via la sua chitarra; lo seguii con lo sguardo e poi mi alzai, arrivandogli alle spalle, tanto che quando si girò lo vidi sussultare nel vedermi.
«Quand' è questo ballo?» chiesi, guardandolo con decisione; non avrei permesso che ci rinunciasse. Non poteva rintanarsi nella sua solitudine solo per un futile problema o non se la sarebbe più cavata, non sarebbe più cambiato.
«Sabato.» Mi sorpassò, ma io lo fermai per un braccio, tirandolo verso di me con tutta la forza che avevo.
«No, Luke, tu a quel ballo ci andrai» pronunciai decisa, guardandolo dal basso.
«Da solo non ci tengo, grazie.» Guardò altrove, sbuffando, e io marcai la presa su di lui per fargli capire che doveva guardarmi.
«Troveremo qualcuno, chiunque!» Mi avvicinai ancora, guardandolo in quelle due macchie simili al cielo.
«Nessuno vorrebbe venire al ballo con me, neanche la più sfigata...» Sospirò ricambiando il mio sguardo, per poi distoglierlo e fissare un punto vuoto alle mie spalle.
«Io sì!» Mi uscì talmente spontaneo che quando mi resi davvero conto di averlo detto, vidi il suo sorriso perfetto che mi trafiggeva il cuore.
«Amanda, vuoi venire al ballo con me?» A quella domanda mi sembrò che il cuore stesse sprofondando nel petto; al college nessuno me l'aveva mai chiesto, o meglio, nessuno come Luke.
«Io... cioè... Luke, stavo...» Iniziai ad andare nel pallone più totale e quando vidi i suoi occhioni implorarmi, non potei rifiutarmi, alla fine lo avevo proposto io. «Va bene, verrò con te al ballo.» Sorrisi debolmente per poi sentire le sue braccia circondarmi il corpo, chiusi gli occhi quando mi avvicinò a sé.
«Grazie, grazie, grazie davvero!» Sentivo il suo respiro nei capelli e un milione di brividi prese a scorrere sul mio corpo.
«Come mi dovrò vestire?» chiesi, pensando ai pochi outfits che avevo in hotel; tutta la roba l'avevo a casa, ma non ero ancora pronta a tornarci.
«Un... vestito?» azzardò, lasciando la presa per guardarmi.
«Si, credo di sì...» Mi uscì un sospiro e il mio tono era tutt'altro che allegro.
«Amanda, se non vuoi venire non voglio obbligarti.» Si staccò rapidamente per poi allontanarsi da me; un freddo improvviso mi travolse, facendomi tremare.
«No, no, non è questo è che... niente.» Sospirai, riavvicinandomi a lui e circondandogli il corpo con le braccia; un gesto decisamente inaspettato, sia per me che per lui, ma era l'unico rimasto con cui potevo stare, con cui potevo parlare ed essere me stessa e mi serviva sapere che lui c'era. Avvolse le braccia attorno alle mie spalle, accarezzandomi la schiena.
«Dimmi cosa ti succede...» La sua voce era così dolce e comprensiva che mi fece sorridere, alzai il viso verso di lui e scossi la testa.
«Nulla, voglio solo stare qui con te.» Mi sentivo una ragazzina indifesa, come quando ero al college, come quando avrei solo voluto abbracciare il ragazzo che mi piaceva, ma non potevo; mi mordicchiai il labbro, sentendo un lieve pizzichìo negli occhi. Lui sorrise dolcemente, scendendo con le mani lungo i miei fianchi; appoggiai la testa al suo petto, sentendo il battito del suo cuore e lasciandomi stringere.


La pioggia prese a scrosciare insistentemente e facevo fatica perfino a guidare; tornare in quell'hotel mi metteva ansia, ma anche tornare da James o da Jennifer. A quel punto mi sarebbe piaciuto molto vivere nella stanza di Luke. Sorrisi a quel pensiero, ma poi scossi la testa: non potevo fare pensieri del genere.
Parcheggiai e scesi dalla macchina per dirigermi alla mia stanza, quando incrociai Candice. Dopo quella mattina in cui l'avevo sbattuta fuori dalla mia camera non ci eravamo più parlate; speravo avesse capito che non volevo avere nulla a che fare con lei, eppure quando si avvicinò con sguardo compassionevole, fui costretta a fermarmi, accigliandomi.
«Amanda, devo... parlarti.» Prese a torturarsi le mani, mentre i suoi occhi rimbalzavano dai miei al resto dell'ambiente.
«Cosa succede?» chiesi, quasi con tono sprezzante.
«Mi spiace, ma devo chiederti di liberare la stanza.» Mi irrigidii all'istante.
«E... e come mai?» Deglutii a fatica, percependo un tremolio alle mani.
«Ci sono altri clienti che chiedono le stanze e il direttore ha deciso di liberare la tua, dato che non hai dato un tempo fisso per rimanere.» Assunse un'espressione rammaricata, abbassando poi lo sguardo, mentre la mia era un misto di paura e sconcerto: sarei dovuta per forza tornare da James.


~
Salve a tutti!
Cosa ne pensate?
Amanda andrà al ballo con Luke, cosa potrà mai succedere? Eheheh.

Spero vi sia piaciuto questo capitolo.

Un bacio :*
~

*revisionato*

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