La Proposta

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Mi svegliai avvolta da un braccio e un buonissimo profumo e quando aprii gli occhi, scoprii che Luke mi stava fissando con uno strano sorriso sulle labbra.
«Che c'è?» Inarcai le sopracciglia, accennando un sorriso.
«Dovrebbero classificarti come l'ottava meraviglia del mondo.» A quelle parole il sorriso mi si allargò inconsapevolmente sotto il suo sguardo.
«Smettila di dire scemenze.» Ridacchiai, cercando di togliermi da quel suo abbraccio, ma lui strinse la presa scuotendo la testa.
«Non abbiamo ancora finito qua.» Non mi diede il tempo di chiedergli a cosa si riferisse che prese a baciarmi il collo con frenesia. Chiusi gli occhi, inebriata da quel gesto e portando una mano tra i suoi capelli; ma non c'era tempo, lui sarebbe dovuto tornare al college e io andare al lavoro.
«F-fermati.» Riuscii a dire tra gli ansimi che mi stava causando.
«Neanche per sogno...» Le sue labbra scesero sul mio corpo, baciandomi il seno; quello era in assoluto il mio punto debole, ma sapevo che avrei dovuto resistere e riportare la situazione alla normalità. Eppure il mio corpo non stava rispondendo ai miei comandi.
Mi ritrovai di nuovo incastrata da lui, con la sua erezione che premeva sulla mia gamba; non riuscivo ad impedirgli di staccarsi da me e lui non ne aveva comunque intenzione.
«L-Luke....» In un momento di lucidità riuscii a chiamarlo, ma la conversazione finì lì, poiché ripresi a bearmi dei suoi baci che si stavano facendo più bramosi della mia pelle, mentre le mie dita accarezzavano i suoi capelli così morbidi.
«Voglio... rifarlo» disse tra gli ansimi e il mio unico pensiero fu che lo volevo anche io, quindi non lo fermai quando entrò dentro di me.
Strinsi la presa ai suoi capelli, gemendo con forza, mentre lui prese a muoversi energicamente, accarezzandomi il corpo con una dolcezza disarmante; seguii i suoi movimenti, inarcando la schiena dal piacere. Le sue labbra non avevano intenzione di lasciare il mio collo e, sinceramente, neanche io lo volevo; dopo qualche minuti il mio cervello iniziò ad elaborare la situazione, ma lo zittii quando, in un attimo di audacia, ribaltai le posizioni, fino a trovarmi sopra di lui.
Mi dimenticai del lavoro, del college, della differenza d'età e mi concentrai solo a muovermi su di lui, puntando le mani ai lati della sua testa. Sentivo le sue mani che esploravano il mio corpo senza ritegno, fino a posarsi alla base della mia schiena, incitando i miei movimenti; i nostri respiri affannati erano quasi sincronizzati e non riuscivo a pensare ad altro che al suo sguardo che cercava il mio.
Arrivammo al piacere estremo nello stesso momento e, stanca, mi accasciai sopra di lui, appoggiando il viso nell'incavo del suo collo; mi strinse a sé, cercando di rallentare il suo respiro.
«È stato fantastico» commentò dopo qualche secondo, accarezzandomi la schiena.
«Sì» risposi in un soffio, ancora stremata dall'orgasmo.
Mi era piaciuto ancora di più della prima volta, forse perché avevo avuto il privilegio di condurre il gioco, cosa che con i miei ex non avevo mai fatto.
Era sbagliato.
Fare l'amore con lui era sbagliato, lo sapevo; la mia parte razionale non aveva ancora deciso di zittirsi, ma d'altro canto io stavo bene e lui anche – almeno mi sembrava – quindi accantonai di nuovo quei sensi di colpa e chiusi gli occhi, godendomi il suo profumo ancora per qualche minuto.


Finii di vestirmi osservando la mia immagine riflessa allo specchio del bagno; i capelli stavano ricrescendo pian piano e avevo un colorito piuttosto pallido.
Mi truccai velocemente per poi intravedere la figura di Luke entrare in bagno.
«Come siamo belle oggi.» Rise, vedendomi incontro.
«Soprattutto tu, cara» lo canzonai, dandomi un'ultima sistemata ai capelli per poi essere incastrata da un suo abbraccio, di spalle.
«Ottava meraviglia, non giocare con il fuoco... poi ti scotti.» L'ultima frase me la sussurrò all'orecchio, facendomi rabbrividire.
«Odio le scottature.» Ridacchiando mi girai verso di lui, posandogli le mani sul torace.
«Allora smettila di stuzzicarmi.» Avvolse le mani attorno alla mia schiena, attirandomi verso di lui.
«Va bene.» Sorrisi, alzandomi in punta di piedi; il desiderio di baciarlo stava diventando incontenibile, quindi appoggiai le labbra alle sue e subito approfondì il bacio, muovendo le mani verso il mio fondo schiena. Iniziò a camminare verso il lavandino, appoggiandomici sopra. Si infilò tra le mie gambe continuando ad esplorare la mia bocca mentre le mie braccia erano ben salde attorno al suo collo; gli circondai il bacino con le gambe, cercando un contatto più stretto con il suo corpo finché non mi sollevò, tenendomi per le cosce.
«Che fai?» Una risata confusa mi uscì spontanea, staccandomi da quel bacio.
«Andiamo nel letto, no?» Ammiccò, camminando verso la camera, ma io scossi la testa.
«No, Luke, è ora di andare.» Cercai di rimanere seria, ma i suoi baci ripresero, distraendomi dalla realtà. Quando la mia schiena toccò il materasso, però, il mio cervello decise di farsi vivo e ricordarmi che oltre ad essere sbagliato fare l'amore con lui, era sbagliato anche arrivare tardi al lavoro.
«Basta, devo andare, dai!» Mi divincolai dalla sua presa, alzando la voce e sbuffando; finalmente, dopo varie lamentele, si decise a spostarsi da sopra di me, permettendomi di alzarmi.
«Che palle! Però ci rifaremo nel weekend.» Si alzò, ammiccando. «Prepara l'accampamento qua in camera, credo che non ci schioderemo.» Un sorrisino soddisfatto si formò sul suo viso e io scossi la testa, appoggiando una mano sul suo braccio.
«Sei un cretino.» Emisi una leggera risata, coinvolgendo anche lui mentre mi avviavo verso la cucina; scesi le scale entrando nella stanza per prendere una mela, la lavai velocemente per poi addentarla.
«Senti, ma...» mi voltai verso di lui, notando la sua espressione seria «cioè... lo abbiamo fatto due volte senza... hem...» Si bloccò imbarazzato e io sorrisi, capendo a cosa si riferisse.
«Tranquillo, prendo la pillola.» Mi guardò per un attimo, tirando un sospiro di sollievo e mi avvicinai circondandogli il collo con le braccia.
«Non sono mica sprovveduta.» Sorrisi e lui mi lasciò un bacio a fior di labbra; continuai a dargli piccoli baci finché non si staccò da me.
«Basta che se no potrei prenderti qui.» Mi allontanai, finendo di mangiare la mela, buttai il torsolo e mi diressi in salotto a prendere la borsa nella quale avevo lasciato il telefono; trovai un messaggio da mia sorella.

- Tesoro, come stai? È da un po' che non ci sentiamo, che fine hai fatto? -

Ero talmente presa da Luke che mi ero completamente dimenticata di Jennifer.
«Che succede?» Mi arrivò alle spalle, poggiando una mano sul mio fianco.
«Niente, mia sorella.» Sospirai sconfitta, lei non sapeva nulla di Luke ed ero fermamente convinta che non avrebbe mai dovuto scoprirlo. In realtà volevo che non lo sapesse nessuno.
«Cosa dice?» Mi abbracciò, lasciandomi una scia di baci sul collo.
«N-niente.» Mi morsi il labbro perché le sue labbra avevano un effetto magnetico che mi avrebbero fatto desiderare di non staccarmi più.
«Dai, stai a casa e stiamo insieme, ti prego» implorò, mentre mi accarezzava il corpo.
«No Luke, già rischio il...» Appena capii di aver detto troppo, mi allontanai di fretta sotto il suo sguardo confuso. «Ci sentiamo stasera, dai andiamo.» Lo presi per mano, trascinandolo verso la porta; lui, fortunatamente, non si oppose, così chiusi l'ingresso andando verso la macchina.
«Aspetta...» Sperai con tutto il cuore che non mi chiedesse nulla sulla frase che stavo iniziando prima e mi rasserenai quando mi lasciò un veloce bacio sulle labbra per poi salire sulla moto e sfrecciare via.


Arrivai al lavoro con dieci minuti di ritardo; maledissi prima me e poi Luke, entrando nell'ufficio in cui Victor era già pronto a sgridarmi.
«Finalmente, vieni nel mio ufficio tra cinque minuti.» Non mi diede il tempo di scusarmi che si rintanò nella stanza.
Sistemai le mie cose in fretta per poi bussare alla sua porta; mi fece entrare e accomodare di fronte a lui, mentre trafficava con il computer.
«Sai perché sei qui?» chiese, smettendo di guardare il computer per prestarmi attenzione.
«Mi spiace di essere arrivata in ritardo, non accadrà più» mi difesi, assumendo un'espressione avvilita. Non avrei dovuto cedere alle avance di Luke.
«Amanda, ti vedo assente in questa ultima settimana... non sai nulla?» Inarcai le sopracciglia, sbattendo poi le palpebre un paio di volte.
«Di cosa?»
«Ecco, appunto.» Sbuffò, sistemandosi sulla sedia per poi tornare a guardarmi.
«Devo assumere una nuova segretaria...» Trattenni il fiato per qualche secondo; di solito non teneva mai tre segretarie, quando ero stata assunta io aveva licenziato quella precedente per darmi il posto.
«La prego non mi licenzi, farò tutto il possibile per rimediare alle mie mancanze.» Non seppi perché mi ridussi ad implorare, o forse sì; se avessi perso il lavoro sarebbe stato tutto ancora più difficile.
«Licenziarti?» Strabuzzò gli occhi per poi esplodere in una sonora risata, anche se leggermente goffa. «Non ci ho mai neanche pensato!» La sua risata sfumò fino a dissolversi, mentre il mio sguardo rimase comunque terrorizzato. «Cara, non voglio licenziarti, tu e Denise mi andate più che bene, ma...» S'interruppe, alzandosi dalla sedia e iniziando a camminare per la stanza.
Attesi che riprendesse a parlare. «Ma vedi... stiamo aprendo una nuova sede in Pennsylvania e ci serve qualcuno che vada anche là a svolgere il lavoro... quindi...» si fermò, puntando gli occhi su di me; «ho pensato a te.»
Aprii la bocca quasi inconsapevolmente, da quanto ero sconvolta.
Mi stava chiedendo di trasferirmi in un altro Stato per lavoro?
«Cosa accadrebbe se rifiutassi?» Le parole uscirono quasi strozzate.
«Beh... a quel punto qualcuno rimarrà per forza senza lavoro.» Lo disse con talmente tanta tranquillità da farmi rabbrividire. Non gli importava nulla di lasciare disoccupato qualcuno, alla fine lui era il direttore, non avrebbe mai avuto problemi di quel tipo.
«Io... non lo so adesso... dovrei rifletterci.» Sospirai, pensando a tutte le conseguenze che sarebbero accadute una volta presa una decisione.
Se avessi accettato avrei dovuto cercarmi una nuova casa, allontanarmi da mia sorella e da... Luke.
Se non avessi accettato avrei rischiato di perdere il lavoro e senza sarebbe stato difficile andare avanti, cercare altro che mi piacesse, ottenere un posto che non fosse troppo distante. A New York o eri qualcuno o eri nessuno e io non mi sarei mai abbassata a chiedere soldi ai miei genitori.
«Tranquilla, hai tempo un mese per decidere e se entro quella data non mi avrai fatto sapere nulla... prenderò provvedimenti.» Mi trattenni dal sospirare –nascondendo la mia frustrazione – e annuii poco convinta, tornando nel mio ufficio dove mi lasciai cadere sulla sedia, esasperata.
Ripresi a fare il mio lavoro, anche se non riuscivo a smettere di pensare alla sua proposta.
Dire addio a Luke o perdere il lavoro?

~
*revisionato*

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