Nuova Vita

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Solo quando la porta della stanza in cui mia sorella stava partorendo si aprì, riuscimmo a staccarci da quella specie di bacio rubato.
Lo guardai per qualche secondo, notando l'impronta di rossetto sulle sue labbra e il respiro leggermente affannato.
Quando spostai l'attenzione verso la figura comparsa dinanzi a noi, mi accorsi che era un'infermiera intenta a trasportare un carrellino da cui proveniva un pianto di neonato: Carly.
«È nata, oddio è nata!» Mi alzai, sentendo la voce di Yuri.
«È fantastico.» Sorrisi, andandogli incontro e cercando di sfuggire alla vicinanza di Luke, che in quel momento mi sembrava fin troppo soffocante; ma appena gli fui vicino, mi sentii afferrare e in una frazione di secondo mi ritrovai incastrata tra le sue braccia. Provai a deglutire, ma era come se avessi del cemento che me lo impedisse; provai a respirare, ma non riuscivo a trovare un minimo di ossigeno in quella che mi sembrava essere una trappola mortale. Sapevo che era un gesto affettivo, buono e genuino, ma la mia mente non riusciva a scordarsi quella domenica.
Qualcuno mi prese la mano, tirandomi fuori da quell'abisso in cui credevo di star annegando; tenni la presa di costui e quando vidi l'espressione confusa di Yuri, mi schiarii la voce, togliendo l'intreccio della mia mano con quella di Luke.
«Posso vedere mia sorella?» Volevo andarmene da quella situazione che mi stava solo provocando un'ansia insostenibile.
«Sì... è dentro.» Yuri continuava a tenere gli occhi puntati su Luke e, girandomi verso di questo, notai come anch'egli fissava Yuri.
Temevo sarebbe potuto succedere qualcosa, ma tale codarda ero che mi rifugiai di corsa nella stanza di mia sorella.
Sulla sinistra stava il letto in cui era sdraiata Jennifer, stremata dallo sforzo che aveva compiuto; i capelli le ricadevano sul viso sudato, appiccicandosi ad esso, teneva gli occhi chiusi e respirava lentamente, probabilmente per riprendersi da tutta quella situazione. Mi avvicinai con cautela, sorridendo; finalmente era nata la sua piccola bambina ed era finalmente diventata madre e io zia.
«Jennifer...» la chiamai, mantenendo un tono basso e lei volse il capo nella mia direzione, aprendo leggermente gli occhi per poi accogliermi con un sorriso spento.
«Hey» rispose flebilmente, mentre mi sedevo accanto a lei e le prendevo la mano.
«Come stai?» chiesi e la sentii stringermi la mano con vigore.
«Ora molto meglio, tu come stai?» Era incredibile come volesse, nonostante avesse appena dato alla luce una nuova vita, sapere come stessi.
«Sto bene, sorellona.» Sorrisi sinceramente e lei tolse la mano dalla mia.
«Bene.» Si mosse sul letto per sedersi e mettersi più comoda, si passò una mano tra i capelli cercando di sistemarseli per poi rivolgermi un debole sorriso. «Amanda, dobbiamo parlare.» Il suo tono serio non prometteva nulla di buono, soprattutto unito a quel sorriso che stava prendendo una piega inversa.
«Cosa succede?» Deglutii, pensando a cosa volesse dirmi. Quella scena mi ricordava molto qualche mese prima, quando mi aveva rivelato delle scappatelle di James, quindi era una questione seria e soprattutto che mi riguardava.
«So cosa è successo.» Mi guardò negli occhi, assumendo un'espressione addolorata.
Lei sapeva cosa era successo.
Iniziai a pensare che qualcuno avesse visto me e Luke poco prima nel corridoio e glielo fosse andata a riferire, ma l'unico che poteva aver visto qualcosa era Yuri.
Che fosse per quello che guardava Luke in modo strano? Eppure era rimasto dentro la stanza per tutta la durata del parto, o almeno così credevo.
La guardai disorientata e mentre tentavo di non mostrare i miei veri sentimenti a riguardo, la esortai a continuare.
«Mi dispiace se Yuri ti ha messo le mani addosso.» In un gesto fulmineo mi stritolò la mano e notai i suoi occhi inumidirsi leggermente; sbattei le palpebre un paio di volte per essere sicura di aver capito bene.
Lei sapeva di Yuri.
«Tesoro, davvero, non so come scusarmi da parte sua... » continuò, vedendomi ammutolita. «Qualche settimana fa mi aveva detto ciò che era successo quando sei venuta da noi quel giorno. Era così dispiaciuto e mi ha spiegato tutto. In quel periodo stava male, molto male, aveva i suoi bisogni intimi e dato che ero incinta si era messo a frequentare altre ragazze per sfogarsi.» Riprese fiato mentre io ascoltavo il suo discorso senza muovermi o interromperla. «Penserai che dovrei lasciarlo, che è uno stronzo e un traditore, ma si è pentito e mi ha confessato ogni cosa perché si è reso conto anche lui di aver sbagliato. Ora che è nata la bambina sarà tutto diverso, ma ti prego, non avercela con lui.» Capii che ebbe finito il suo monologo poiché mi strinse la mano, perforandomi con il suo sguardo supplichevole.
In quel momento mi sentii più leggera; lei sapeva, sapeva ogni cosa e lui si era davvero pentito, quindi non mentiva quando mi chiedeva scusa. Dentro di me avvertii come un macigno spostarsi dal cuore e sorrisi espellendo tutta l'aria che mi ero accorta di stare trattenendo nei polmoni.
«No, non ce l'ho con lui... io...» Non riuscivo a trovare delle parole adatte per esprimere ciò che sentivo, ma non ci fu bisogno; la strinsi a me, accarezzandole la schiena. Volevo solo che fosse felice con la sua famiglia, non importava quanti errori potesse aver commesso suo marito, lei lo amava e lui amava lei e non c'era gioia più bella di vederli assieme.



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