Il Confronto

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«È un coglione» sentenziai, sedendomi sul letto.
«Ma chi?» mi chiese Luke, ridendo, mentre sistemava i libri sulla scrivania.
«Gregg.» Sbuffai, incrociando le braccia al petto e guardando altrove. Sentii la sua risata echeggiare nella stanza e poi il letto abbassarsi accanto a me.
«Te l'avevo detto.» Rise di nuovo, ma io non ci trovavo nulla di divertente. «Ma dove l'hai incontrato?» Si sdraiò sul letto tenendosi su con i gomiti, mentre sentivo i suoi occhi sulla mia schiena; mi girai verso di lui, notando che sorrideva.
«Al lavoro, non sai che insopportabile, davvero.» Sbuffai di nuovo, lasciandomi cadere sul letto, a fianco a lui, che si girò per guardarmi meglio.
«E che ti ha detto?» Il suo tono era quasi serio.
«Che sono sexy.» Guardai il soffitto, omettendo la parte in cui lo citava.
«Che coglione.» Accennò una risata, scuotendo la testa. «Anche se non ha tutti i torti.» Mi guardò e per un secondo tornò serio, giusto il tempo di farmi arrossire, per poi sorridere di nuovo; guardai altrove.
«Cosa ti metterai per il ballo? Dovremo essere coordinati, no?» Cambiai argomento, alzandomi con il busto per mettermi seduta. Pochi secondi dopo lo vidi passare davanti a me per andare all'armadio, lo aprì tirando fuori uno smoking semplice, con un fazzolettino azzurro nella tasca.
«Hai qualcosa di questo colore?» Mi indicò il fazzoletto e iniziai a fare l'elenco mentale degli abiti da sera che potevo avere a casa; storsi il naso e poi annuii.
«Sì, credo di avere qualcosa, ma non ti garantisco che sia chissà che di spettacolare.» Lo guardai con un mezzo sorriso sulle labbra e lui ricambiò, riponendo lo smoking.
«Fa niente, anche con un sacco della spazzatura saresti comunque bellissima.» Un'ondata di timidezza mi invase e sentii le guancie in fiamme. Non ero abituata a ricevere così tanti complimenti ed era già il secondo nel giro di pochi minuti. Davvero pensava che fossi bella?
In un secondo mi tornò in mente l'immagine della sera prima: le nostre labbra che si sfioravano, di nuovo; eppure non sembrava turbato o imbarazzato, quindi dovevo per forza essermelo immaginato.
«Amanda, sei ancora tra noi?» Ridacchiò, sventolandomi una mano davanti al viso. Puntai lo sguardo su di lui, distratta, e sorrisi, scuotendo la testa e tornando con i piedi per terra.
«Sì, sì, ci sono.» Si sedette sul letto a gambe incrociate, mentre io mi ero fissata sulla sua scrivania. «Non hai lezione?» chiesi, ricordandomi quanto fossi impegnata quando andavo in quell'università. O forse ero solo io che cercavo di tenermi occupata, non avendo altre attività.
«Sono le sette di sera, che lezione dovrei avere?» chiese sarcastico, scuotendo la testa e mi resi conto della figura assurda che avevo fatto.
Mi ero scordata che dopo il lavoro ero passata da lui, volendo raccontargli il mio incontro con l'insolente Gregg, le cui parole, però, mi risuonavano ancora nella testa.
«Sì, scusa...» Sospirai, scuotendo la testa e lo sentii venirmi più vicino.
«Che succede?» sussurrò, vicino al mio orecchio; d'istinto girai il viso verso di lui e  lo ritrovai a distanza troppo ravvicinata. Sentivo il suo respiro confondersi col mio, i suoi occhi puntati nei miei e il cuore era esploso in un ritmo acceleratissimo.
«Niente, tutto bene» sussurrai, un po' titubante, e vidi i suoi zigomi alzarsi, segno che stava sorridendo.
«I tuoi occhi dicono il contrario.» Lo vidi avvicinarsi ancora di più e, conscia di cosa sarebbe potuto succedere, mi allontanai, schiarendomi la voce; mi alzai prendendo la mia borsa e andando verso la porta.
«Ci vediamo sabato, allora» pronunciai, aprendo la porta; sentii il suo "sì" di rimando e la richiusi alle mie spalle, mentre sentivo le braccia tremolanti e lo stomaco sottosopra.




La casa era deserta, quindi potei riprendere a respirare, dopo aver trattenuto il fiato per aprire la porta. Salii subito in camera per togliermi quei vestiti di dosso e farmi una bella doccia calda; entrai in bagno e poi nella doccia, aprendo il getto di acqua bollente che prese a scorrere sul mio corpo. Iniziai a lavarmi finché non sentii la porta spalancarsi.
«Dove cazzo sei?» Il tono aggressivo di James mi rese irrequieta.
«Sono qui» risposi con un filo di voce, come se non volessi che lo sapesse, anche se lo avrebbe comunque intuito dall'acqua che scrosciava. Vidi la sua ombra davanti al vetro smerigliato della doccia e un secondo dopo si aprì l'anta, mostrando un James davvero arrabbiato. Mi squadrò per qualche secondo per poi entrare nella doccia, facendomi indietreggiare.
«Che fai? Sei vestito!» dissi, cercando, non sapendo perché, di coprirmi il corpo nudo.
«Dimmi che non mi tradisci, Amanda.» Il suo tono si era addolcito parecchio e l'acqua gli aveva bagnato i vestiti e il viso. La mia mente andò subito a pensare ai baci con Luke, ma non erano un vero tradimento, forse.
«Non potrei mai tradire la persona che amo.» Chiusi il getto d'acqua per impedire che si bagnasse ulteriormente.
«Allora perché eri in quell'hotel quando avresti dovuto essere da tua sorella?» mi chiese, prendendomi il viso tra le mani, ma non riuscivo a guardarlo, sentivo la gola in fiamme e gli occhi lucidi.
«Ti ho scoperto, James» sussurrai semplicemente, cercando di contenere le lacrime. Il momento del confronto era arrivato e non potevo scappare, non più.
«Ma di cosa stai parlando?» Mi costrinse a guardarlo, avvicinando il viso al mio.
«Niente, niente.» Cercai di divincolarmi, ma la sua presa era salda. Possibile che ancora non riuscissi a comprendere la verità? Eppure non volevo che tutto diventasse un terribile incubo, non volevo che mi desse la conferma di ciò che temevo.
«Amanda, dimmi! Cazzo, parla!» urlò e io strizzai gli occhi, non riuscendo a trattenere un singhiozzo. Mi strinse a sé, abbracciandomi. «Amanda, ti prego...» Mi strinsi a lui cercando di calmarmi, ma non ci riuscivo, non riusciva a tranquillizzarmi; mi staccai di scatto, uscendo dalla doccia per avvolgermi un asciugamano attorno al corpo; dallo specchio lo vidi avvicinarsi a me.
«Ho scoperto le tue scappatelle.» Mi girai di scatto, cercando di assumere un'espressione truce, ma mi sentivo solo un cucciolo bastonato. Dirlo ad alta voce faceva ancora più male che tenerlo costudito nel cuore.
«C-cosa?» Vidi la sua espressione confusa mentre si avvicinava. «Ma che stai dicendo?» Il suo tono suonava stridulo e io indietreggiai, andando contro il lavandino.
«Mia... mia sorella ti ha visto... con delle... ragazze.» Indugiai, parlando a bassa voce; avevo le guance in fiamme e il cuore che batteva all'impazzata.
Mi guardò serio, poi lo vidi deglutire e spostò lo sguardo altrove; forse avrei dovuto interpretarlo come una confessione, ma volevo sentirlo dire da lui.
«Da quanto lo sai?» chiese, con un filo di voce, senza degnarmi di uno sguardo.
«Da qualche settimana, per quello ero in hotel, volevo... sfuggire a questa conversazione» ammisi, rigirandomi verso lo specchio.
«Amanda... io...» Lo interruppi, facendogli un gesto della mano.
«No, non voglio sentire. Hai avuto anche il coraggio di essere tu quello incazzato!» Alzai la voce; sentivo una tale rabbia crescere, tutto d'un tratto non provavo più tristezza e amarezza, ma solo rabbia. Volevo sfogarmi, volevo scagliarmi contro di lui, volevo fargli capire cosa si provava, ma rimasi solamente immobile.
Senza dire più nulla, uscì dal bagno, mentre lo seguivo con lo sguardo. Riportai la mia attenzione sul mio riflesso allo specchio, sentendo la porta della stanza sbattere.
Tirai un sospiro di sollievo, anche se in realtà non ero per niente sollevata. Lo aveva ammesso; anche se non esplicitamente, ma non aveva negato.
Tornai in camera, prendendo il pigiama; mi vestii e mi infilai sotto le coperte, ma non riuscivo a dormire, continuavo a rigirarmi nel letto pensando alla confessione velata di James. Presi il telefono e scrissi a Luke.

- Ciao, come stai? -

Tenni gli occhi fissi sullo schermo, i minuti passavano, ma la risposta non arrivava; ormai era quasi mezzanotte e dovevo riuscire a dormire o avrei avuto delle grandissime occhiaie il giorno dopo. Mi rintanai sotto le coperte quando sentii la vibrazione del telefono, lo presi leggendo la risposta.

- Bene, tu? -

- Bene... più o meno -

Non riuscivo a mentirgli, anche se avessi voluto, non ce l'avrei fatta.

- Che succede? Vuoi che ti chiamo? -

- No, no, dormi pure, ci vediamo sabato. Anzi, a che ora? -

- Passa per le sei di sera, così ci prepariamo da me, mangiamo un boccone e alle nove andiamo, va bene? -

- Va benissimo :) -

- Buonanotte Amanda -

- Buonanotte Luke -

Spensi il telefono con un lieve sorriso sulle labbra e dopo poco mi addormentai.
Ero quasi sicura di aver sognato degli occhi chiarissimi e delle mani calde che mi accarezzavano la schiena per poi scendere sempre più in basso, un corpo più alto di me che mi prendeva e mi faceva sua.




Mi svegliai ansimante, notando ancora il vuoto accanto a me. James non aveva dormito neanche quella volta con me, ma come biasimarlo? Eravamo ancora un noi, almeno? Ma soprattutto, io volevo che lo fossimo?
Sedendomi sul letto vidi che era abbastanza tardi, ma avevo tutto lo stomaco in subbuglio e la nausea; chiusi gli occhi e presi un respiro profondo, cercando di alzarmi, ma un giramento di testa mi obbligò a sedermi di nuovo. Mi rialzai con più calma, sentendo però la testa pesante, mi avvicinai all'armadio aprendo le ante per cercare un vestito da mettere, ma un conato improvviso mi costrinse ad andare dritta al bagno.
Uscita dal bagno accesi il cellulare e subito chiamai l'ufficio per comunicare che sarei rimasta a casa.
«Ufficio del signor Victor Henkins» disse la cordiale voce dell'altra segretaria.
«Denise, sono Amanda, sto malissimo, puoi avvisare Victor?» Dall'altro capo del telefono sentii uno scroscio di fogli.
«Sì, certo cara, rimettiti presto.» Non mi diede il tempo di rispondere che riattaccò la chiamata.
Pensai che forse era il caso di avvisare anche Luke, dato che il giorno dopo ci sarebbe stato il famoso ballo.

- Luke, sto male, ti avviso perché non so se riesco a rimettermi entro domani -

Aspettai una sua qualsiasi risposta, ma non arrivò nulla. Buttai il telefono sul letto e scesi in cucina a farmi dell'acqua e limone per provare a farmi passare quella sensazione orribile che avevo nello stomaco. Mi misi seduta sul divano, pensando di approfittare di quella giornata libera per poter parlare con mia sorella; purtroppo mi ricordai di aver lasciato il telefono al piano superiore e non avevo nessuna voglia di alzarmi, quindi accesi la TV e mi misi a fare zapping tra i vari canali che potevano trasmettere qualcosa di interessante.
Verso l'ora di pranzo il fastidio allo  stomaco non era migliorato, quindi decisi di non mangiare nulla per non peggiorare la cosa; presi una seconda coperta per coprirmi, finché non sentii il campanello suonare con insistenza. Sbuffai, irritata, poiché ero obbligata ad alzarmi, ma appena aprii la porta, un tuffo al cuore mi fece dimenticare il mio stato di salute.


~
Salve a tutti!
Cosa avrà visto la nostra Amanda?
Eheheh

Spero che il capitolo ci sia piaciuto!

Un bacio :*
~

*revisionato*

Changes.Where stories live. Discover now