Caos

2.9K 214 79
                                    

Ormai era passata una settimana da quella serata ed era di nuovo lunedì sera.
Avevo provato ad aiutare Luke meglio che potevo, dandogli indicazioni su come corteggiare la ragazza – che avevo scoperto chiamarsi Rachel.
Gli avevo consigliato di comprarle piccoli regalini, così da farle capire che a lui piaceva, anche se ogni volta che parlavamo di lei avevo una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come se ci fosse un vuoto.



Presi il cappotto, uscendo dall'ufficio e mi diressi in macchina, esausta da quella giornata faticosa. Nel tragitto accesi la radio, rilassandomi un po' sulle note delle canzoni che trasmettevano; non riuscivo più a farne a meno: mi faceva compagnia, evitandomi di pensare, cosa che nell'ultimo periodo facevo fin troppo spesso.
Pensavo in che strana direzione stesse andando la mia vita, a Luke, alla relazione che stava avviando con quella Rachel; e tutto si riduceva sempre ad uno sbuffo sommesso.
Arrivata a casa mi sdraiai subito sul divano, noncurante di aver appoggiato le gambe su quelle di James, intento a vedere un film.
«Hey! Queste confidenze?» Fece il finto offeso, ridacchiando e volgendo il viso verso di me, ma ero troppo esausta per fare qualunque cosa, quindi mi limitai a sorridere per poi chiudere gli occhi, ascoltando distrattamente i dialoghi dei personaggi in televisione.
«Amanda, stai bene?» Con un gesto pacato mi accarezzò le gambe, facendomi sorridere con più sincerità e aprire un occhio.
«Giornata stressante» risposi, alzandomi a fatica con il busto.
«Posso fare qualcosa per te, mia dolce principessa?» Sorrise, facendomi cenno di raggiungerlo tra le sue braccia e così feci.
«No, va bene così.» Mi accoccolai sul suo petto, sentendo le sue braccia stringermi. Non lo avevo ancora perdonato, ma era sulla buona strada per riconquistarmi; stava cercando seriamente un altro lavoro e lo vedevo davvero sicuro di sé.
«Oh, piccola Anda, ti trattano male al lavoro, eh?» Mi accarezzò la schiena facendomi mugolare in risposta al fastidioso nomignolo che mi aveva dato, ma non riuscii a replicare nulla di sensato che piombai in un sonno profondo.


Un soffio caldo mi sfiorava la guancia con un ritmo calmo e ritmato, mugolai muovendo il viso per togliermi quel getto di dosso, ma ero come bloccata da qualcosa. Aprii gli occhi lentamente, trovandomi James ad un palmo di naso che dormiva profondamente; il suo corpo mi aveva completamente schiacciata sotto di lui e mi era molto difficile fare qualunque movimento.
«James, svegliati, ti prego, mi stai soffocando» dissi in un soffio, cercando di spingerlo più forte che potevo; ma era tutto inutile, non riuscivo a smuoverlo di un centimetro.
«Sì, sì piccola Sarah, arrivo amore...» La sua voce era un mugolo e lo vidi anche sorridere.
«Brutto pezzo di...» Non riuscii a finire il mio insulto che mi tappò la bocca, scoppiando a ridere.
«Buongiorno anche a te, amore.» Continuò a ridere, togliendo la mano per lasciarmi un bacio sulle labbra, ma io non avevo la minima intenzione di stare al suo stupido giochetto.
Il fatto che mi avesse tradita bruciava ancora molto e se voleva davvero essere perdonato, non era quello il modo.
«Vaffanculo!» Me lo staccai di dosso alzandomi e constatando che avevo indosso il pigiama, ma ricordavo di essermi addormentata con lui sul divano.
«Grazie James per avermi messo il pigiama e avermi portato nel letto comodo!» Mi fece il verso, «Oh, Amanda, non c'è di che!» Sbuffò, togliendosi le coperte con rabbia mentre io rimasi a fissarlo, interdetta.
«Sì... grazie...» Sospirai sconfitta e subito mi sentii in colpa per averlo aggredito con tanta rabbia. Forse avevo esagerato un po'. «Scusami.» Cercai di rimediare, mentre lo vedevo allontanarsi verso il bagno; mi fece un gesto con la mano, seguito da un verso di disapprovazione.
La giornata era già iniziata male.


Al lavoro la situazione non migliorò.
«Amanda, vieni un secondo.» Victor aveva un vocione fin troppo basso per i miei gusti, ciò non presagiva nulla di buono.
«Mi dica.» Sorrisi, cercando di trasmettergli un po' di serenità, ma non mi degnava di uno sguardo; sparpagliava fogli sulla scrivania, forse in cerca di qualcosa di importante.
«Sai il viaggio in Inghilterra che ti avevo chiesto qualche settimana fa?» Me lo ricordavo benissimo, quello che avevo cercato in hotel quando stavo fuggendo dal resto del mondo, ossia il mio ragazzo e Luke.
«Sì, certo.»
«Perfetto, parti tra due giorni. Alle sette in punto ti voglio in aeroporto, ci siamo intesi?» Alzò per un secondo lo sguardo su di me, cercando probabilmente la mia approvazione, ma trovandoci solo il mio più totale sconcerto.
«Come tra due giorni? Come faccio?»
«Amanda, fai una valigia con dentro due abitucci e porti le tue chiappe all'aeroporto alle sette in punto per partire insieme a mio figlio.» Un attimo, cosa aveva appena detto? Con suo figlio? Lo stesso ragazzo che solo la settimana prima mi aveva lasciato una macchia sul collo con le sue labbra umidicce?
«Con suo figlio?» Osai chiedere, leggermente preoccupata; smise di trafficare con i fogli per guardarmi.
«Sì, con mio figlio, deve fare un viaggio di scuola e ne ho approfittato, poi ho visto che avete legato, non credo ti dispiaccia.» Marcò la voce sul "credo", facendomi capire che non avrei comunque avuto altra possibilità.
«No, certo che no, allora sarò in aeroporto alle sette in punto.» Sorrisi e lui tornò a fare il suo lavoro, senza rispondermi.
Mi ritirai alla mia postazione, riprendendo il mio lavoro, anche se era inevitabile pensare che avrei dovuto passare dei giorni da sola con quel ragazzino arrapato.


Changes.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora