Famiglia

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Il giorno dopo mi alzai abbastanza presto.
La sera prima non ero uscita, dopo l'ultima volta volevo evitare ogni tipologia di contatto umano, quindi, per evitare ulteriori disastri, ero andata a dormire prima del solito.
Scesi in cucina per preparami una buona colazione e un pensiero s'insinuò nella mia testa, facendomi sospirare pesantemente: mia sorella.
Dovevo assolutamente scusarmi e soprattutto vedere come stava la piccola Carly; dovevo ammettere che sentivo la sua mancanza, tenerla in braccio era stata una sensazione meravigliosa, quasi come i baci con Luke.
Immediatamente mi tappai la bocca, come a evitare di poter pensare ad una cosa simile, eppure mi stavo rendendo conto che era inevitabile, anche se ancora non volevo ammetterlo a me stessa.
Il telefono emise una vibrazione sul bancone al quale lo avevo appoggiato e lo afferrai, leggendo Luke come mittente. Avevo un po' di timore di leggerne il contenuto, – soprattutto a causa degli ultimi messaggi che ci eravamo scambiati – ma la curiosità ebbe la meglio.

- Ho bisogno di vederti. Posso venire da te? O magari possiamo uscire -

Il desiderio di andare a trovare mia sorella mi diede una buona scusa da usare; non avevo il tempo di vederlo o, forse, non volevo trovarlo.

- Oggi vado da mia sorella, mi dispiace -

- Domani, martedì, quando vuoi... -

Sospirai, quella sua ossessione stava rendendo tutto troppo difficile; non volevo perderlo e lui non voleva perdere me, ma cosa sarebbe successo una volta che ci fossimo visti di nuovo?
Se mi avesse baciata ancora?
Sarei riuscita a resistere alle sue labbra?
No, non ce l'avrei fatta, almeno di quello mi rendevo conto.
Presi una decisione nell'immediato: dovevo vederlo il meno possibile, per fargli passare qualsiasi cosa provasse per me.

- Quando sarò libera ti farò sapere -

Non ricevetti risposta, quindi finii di prepararmi la colazione, pensando a come potermi scusare con Jennifer.




Al pomeriggio mi preparai per andare da lei. Non l'avevo avvisata perché avevo intenzione di farle una sorpresa e scusarmi del mio comportamento.
Verso le cinque mi ritrovai di fronte alla sua porta; presi un respiro profondo e bussai decisa.
Attesi qualche minuto e quando la porta venne aperta, rimasi scossa nel vedere il volto di mia sorella; aveva delle occhiaie profondissime, il viso stanco e sciupato, i capelli arruffati e teneva in braccio la bambina che dormiva.
«Hey...» Le sorrisi debolmente mentre lei era rimasta a fissarmi, impassibile.
«Amanda... cosa...» Mi squadrò da capo a piedi, quasi fossi un'allucinazione.
«Mi dispiace.» La guardai preoccupata, accigliandomi; lei si mosse velocemente, allontanandosi dalla porta. Decisi di entrare e, nel farlo, la vidi appoggiare Carly in un passeggino per poi venire verso di me; ebbi il tempo di vedere i suoi occhi lucidi per poi ritrovarmi incastrata in un suo abbraccio.
«Pensavo mi odiassi, scusa, scusa, scusa.» Iniziò a piangere, stringendomi a sé; un sorriso nacque sulle mie labbra e subito ricambiai la stretta, accarezzandole la schiena mentre gli occhi iniziavano a pizzicarmi.
«Non devi scusarti tu, sono io quella che ha sbagliato.» Si staccò da me bruscamente, guardandomi con gli occhi arrossati.
«Ma anche io ho sbagliato ad aggredirti... non ti ho neanche chiesto cosa provi per lui.» Sospirai, staccandomi da lei completamente.
«No, hai ragione, ma sto cercando di rimediare.» Sorrisi malinconica e lei si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Cosa significa?» Aveva la voce stanca. Non volevo affaticarla ulteriormente, curare Carly doveva essere abbastanza estenuante.
«Niente,» sorrisi più sinceramente «dai andiamo a sederci.» Chiusi la porta alle mie spalle e la presi per mano, accompagnandola al divano.
«Amanda, cosa succede?» Mi guardò confusa, sedendosi accanto a me.
«Niente, volevo solo chiederti scusa.» Le sorrisi e lei mi prese la mano con gli occhi nuovamente lucidi.
«Sono così contenta, non mi rispondevi mai, pensavo non volessi parlarmi più!» Sorrise e le asciugai una lacrima che le stava scivolando sulla guancia.
«Hai ragione, ho sbagliato,» sospirai, passandomi l'altra mano nei capelli, «ma non ero ancora pronta a parlarti.»
«Fa niente, va bene così, non era mia intenzione farti arrabbiare, volevo solo aiutarti... mi dispiace.» Mi strinse la mano e ci sorridemmo a vicenda.
Non avrei potuto odiare mia sorella per nulla al mondo, era una delle persone più importanti della mia vita e forse l'unica che era sempre stata dalla mia parte.
«Ora sono qui e abbiamo fatto pace, come stai?» Le accarezzai il dorso della mano con il pollice e lei si incupì all'istante.
«È bellissimo avere Carly qua con noi... ma altrettanto stancante, ogni notte piange e non capisco il perché.» Si lasciò andare in un sospiro sconsolato e proprio in quel momento la piccola iniziò a piangere; Jennifer emise un verso di frustrazione e si alzò staccando la mano dalla mia.
«Vuoi che ti aiuti?» mi offrii; tenerla in braccio era una delle cose che mi aveva spinta a tornare da lei.
«Non credo serva a qualcosa.» Sbuffò prendendola e iniziando a cullarla, tentando di calmarla, ma lei continuava nel suo pianto, imperterrita.
«Posso almeno provarci.» Mi alzai andandole accanto; dapprima mi guardò stralunata, ma alla fine si arrese e mi tese la piccola. La presi subito in braccio mentre le sue urla iniziavano a distruggere i timpani anche a me. «Dai, vai a sdraiarti, qua ci penso io» le suggerii, provando a darle un po' di tregua; lei non se lo fece ripetere due volte e salì al piano superiore.




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