Vigilia

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L'aria era sempre più carica di umidità e il freddo mi penetrava nelle ossa; camminavo lungo il marciapiede, osservando i volti delle persone.
Nonostante fosse già il ventiquattro, erano ancora impegnati a fare le ultime compere di Natale.
Mi aggiravo per la città, affascinata da quel clima.
Riusciva a trasmettermi un po' di serenità: vedere le famiglie riunite, le coppie affiatate e i sorrisi accesi sui loro volti mi faceva sembrare tutto più bello; mancava solo la neve, ma il meteo aveva preannunciato una nevicata proprio per quella notte, il che rendeva tutto ancora più speciale.
Bambini giocavano allegri per le strade mentre i loro accompagnatori erano occupati a scegliere in quale ristorante o bar fermarsi per mangiare.
La mia doveva essere una semplice passeggiata.
Stare chiusa in casa non mi era di nessun aiuto, soprattutto durante le feste.
Entrai in un negozietto che vendeva intimo, un regalo me lo meritavo anche io.
Risi tra me e me, cominciando a spulciare tra i vari completini qualcosa che potesse stuzzicare la mia curiosità, finché la vibrazione del mio cellulare mi indicò l'arrivo di un nuovo messaggio.

- Ma è possibile che anche alla Vigilia devo scarrozzare in giro Rachel per fare compere? Ma siamo matti? -

Mi coprii le labbra con la mano, trattenendo una risatina e scuotendo la testa; evidentemente non aveva mai avuto un relazione seria, altrimenti ci sarebbe stato abituato.

- Povero ragazzo e sappi che è solo l'inizio -

- Vi prego, uccidetemi ahahah -

- Dai non può essere così male -

- Scherzi?! Eccola che sta correndo verso un negozio, aiuto -

Sentii una vocina acuta esortare qualcuno a muoversi e alzai il viso dal telefono, vedendo una ragazza tutta contenta che si affrettava a osservare gli slip che erano a pochi passi da me.
«Arrivoo!» Una voce maschile – esasperata – mi fece ridere: sembrava proprio la scena che descriveva Luke.
E Luke c'era.
Rimasi un attimo senza parole quando lo vidi entrare con fare annoiato e il telefono in mano e appena alzò il viso, vedendomi, sul volto gli si dipinse la stessa espressione che avevo io.
Spostai lo sguardo su di lei, ammirando i riflessi biondo cenere dei suoi capelli mossi.
Quella ragazza era Rachel.
Riportando l'attenzione su Luke, l'osservai muoversi verso di lei

- Che ci fai qua? -

Lessi il messaggio per poi rialzare gli occhi verso di lui, notando che mi stava guardando; ritornai a guardare i miei completini, sentendomi improvvisamente in imbarazzo.

- Stavo facendo compere anche io -

Risposi, sentendomi osservata; aveva iniziato a fare caldo – molto caldo.
Era raro vedere un ragazzo in quel posto così femminile e di solito, se ci entravano, erano accompagnati dalle proprie ragazze – come in quel caso – oppure per prendere qualche regalo.
Pensare che mi stesse fissando mentre sceglievo l'intimo mi metteva in soggezione, anche se in fondo non ce n'era motivo.

- Anche tu sei quel tipo di ragazza? -

- Sono sola, come vedi -

- Quindi non devo preoccuparmi? -

- E di cosa? -

Nessuna risposta.
Misi via il telefono, sentendoli parlottare di tanto in tanto; tornai ad occuparmi dei miei completini, optando per un semplice reggiseno di pizzo turchese con gli slip coordinati. Andai alla cassa a pagare e sentirmi fare gli auguri di Natale mi ricordò che lo avrei passato da sola, nella mia casa vuota e sconfinata.

Tutto ciò che avevo in casa mi sarebbe servito per cibarmi nel giorno seguente, quindi, nonostante fossi contrariata, mi concessi di stare a mangiare fuori; anche perché avevo notato che stare in mezzo alle persone ed osservare le loro vite scorrere davanti a me, era una specie di svago.
Mi divertiva provare ad immaginare che meta avessero, che problemi li affliggessero, quale fosse il loro scopo nella vita, quali pensieri avessero nella testa e iniziavo a crearmi delle storie immaginarie su ognuno.
La solitudine mi stava portando ad essere completamente in un altro mondo, anche se in fin dei conti non ero mai stata una ragazza molto socievole; aspettavo sempre che qualcuno venisse da me per parlare e quando avevo capito che il mondo non funzionava così, avevo cercato di cambiare per potermi fare degli amici o, per lo meno, riuscire a comunicare con qualcuno.
Entrai in un bar, sedendomi in un tavolo libero e la cameriera mi porse la lista; il posto non era molto affollato, c'erano delle famiglie e i rispettivi bambini che avevano fatto amicizia tra loro per poter giocare con delle decorazioni natalizie. Sorrisi, ricordandomi di quando ero bambina, di come anche io riuscivo a fare amicizia solo con un sorriso, come riuscivo a divertirmi solo rincorrendo mia sorella per il giardino o di come, quando giocavamo a nascondino, faceva di tutto per farmi vincere e mi arrabbiavo talmente tanto che alla fine litigavamo perché non capivo che lo facesse solo per farmi un piacere.
Mi ritrovai a sorridere, sentendo delle lacrime amare che desideravano uscire; la mia infanzia era stata uno dei miei periodi migliori, sotto la protezione e l'amore di mia sorella e dei miei genitori; poi tutto era cambiato quando mi ero trovata di fronte a ragazzini che sapevano solo deridermi per la mia timidezza e la voglia di sognare. Di colpo mi ero ritrovata di fronte alla realtà e non ero riuscita a starci al passo, mi aveva travolta facendomi chiudere ancora di più in me stessa. I ragazzi non erano mai stati un problema, avevo così tanti spasimanti da far quasi invidia a quelle popolari, ma la mia costante paura di soffrire mi bloccava dal lasciarmi andare, finché non andai al college e incontrai Francisco; lui mi rubò letteralmente il cuore, per poi frantumarlo, come mi sarei dovuta aspettare.
Mi asciugai velocemente una lacrima che era sfuggita al mio controllo, vedendo la cameriera venire verso di me; diedi un veloce sguardo alla lista che mi aveva portato qualche minuto prima e scelsi in fretta un toast e una Sprite; ordinai e, in attesa che arrivasse la mia roba, mi misi di nuovo ad osservare la vita degli altri che mi scorreva accanto.


Tornata a casa mi stravaccai sul divano con un' improvvisa stanchezza addosso: avrei solo voluto chiudere gli occhi e sprofondare nel mondo dei sogni per ritrovare un po' di energie; e ci sarei anche riuscita, se il mio telefono non avesse iniziato a vibrare, facendomi sbuffare. Era Luke.
«Pronto?» esordii con voce stanca.
«Amanda, stai bene?» Sorrisi per il tono apprensivo, appoggiando la testa al divano e chiudendo gli occhi.
«Sì sì, tu? Perché mi hai chiamato?»
«Niente, ho passato una mattinata assurda... come mai eri in quel negozio?» Non capivo perché si ostinasse a chiedermi del negozio; sono una donna, è ovvio che mi serva dell'intimo a volte.
«Te l'ho già detto, facevo compere.» Sbuffai involontariamente.
«Ok, scusa.» C'era qualcosa che non andava, sentivo la sua voce diversa, quasi timorosa, come se volesse dirmi qualcosa ma non ne avesse il coraggio.
«Luke, sei sicuro che vada tutto bene?» Aprii gli occhi, alzandomi dal divano per andare in cucina a prendere un bicchiere d'acqua e ciò che vidi fuori dalla finestra mi fece rimanere senza parole.
«Sì, sto bene, ora vado, ciao.» Chiuse la chiamata senza neanche lasciarmi il tempo di rispondere, ma non ero nemmeno sicura che ne sarei stata in grado.
Salì sulla moto e partì, probabilmente tornando verso il college; quella era la scena che mi si era presentata davanti agli occhi.
Mi chiesi perché fosse davanti casa mia, mi chiesi se fosse collegato al suo tono di voce; forse voleva parlarmi, ma non trovava il coraggio.
Mille dubbi iniziarono a frullarmi nella mente, ma scossi la testa cercando di non pensarci; se avesse davvero voluto parlarmi lo avrebbe fatto, non c'era bisogno che mi tormentassi in quel modo.
Eppure sentivo come un grosso peso sul petto.
Il telefono vibrò di nuovo e sorrisi nel leggere il nome di mia sorella.
«Jenni!» esclamai, tornando in salotto.
«Amanda, tesoro, auguri!» squittì lei, entusiasta. Faceva sempre gli auguri anche alla vigilia; era fatta così.
«Grazie sorellona, anche a voi, come state?»
«Benone, Yuri mi ha aiutato a cucinare, ci siamo divertiti tantissimo, mi passi James? Così gli faccio gli auguri personalmente.» La mia gioia si spense in un solo attimo: non potevo più nascondere a mia sorella la rottura con James, non era giusto continuare quella farsa, né per me né per lei.
«Jenni... devo dirti una cosa.» Presi fiato, attendendo una sua reazione.
«Oddio, cosa è successo?» La preoccupazione nella sua voce mi fece deglutire e rimpiangere di averle mentito per tutto quel tempo.
Non era assolutamente da me comportarmi in quel modo, mentendole e tenendole nascosta parte della mia vita; come mai lo stavo facendo proprio in quel momento?
«No, nulla di speciale.» La sentii tirare un sospiro di sollievo.
Forse era meglio non farla preoccupare, non alla vigilia di Natale, non quando avrebbe potuto partorire da un momento all'altro; avevo tenuto il segreto per un mese, potevo farlo ancora per qualche giorno. «James è fuori ora, sai voleva farmi un regalo speciale.» Inventai una scusa sul momento e, sentire la sua dolce risata, mi fece capire che ci aveva creduto, rincuorandomi.
«Va bene, allora lo saluterò in un altro momento, divertitevi domani e non fate troppe porcherie.» Rise ed io con lei; alle volte mi mancava davvero molto vivere sotto lo stesso tetto, ma d'altronde, se non mi fossi distaccata dalla sua figura, starei ancora nel mondo delle favole dove tutto ha un lieto fine e il male viene sempre sconfitto.
«D'accordo, auguri sorellina.» Chiuse la chiamata e, improvvisamente, delle lacrime silenziose iniziarono a bagnarmi le guance: avrei davvero passato il Natale da sola.




Durante la serata riuscii a riprendermi quasi del tutto, iniziando a cucinare qualcosa per il giorno dopo, mentre la televisione in soggiorno mi faceva compagnia; era troppo silenziosa quella casa e stavo davvero iniziando ad odiare il silenzio, con tutta me stessa. Mi arrivò un messaggio e abbandonai per un momento la mia occupazione, recuperando il telefono.

- Domani andrò al pranzo con Rachel, ma tornerò al pomeriggio perché lei va a cena dai suoi cugini. Se ti va puoi passare da me, non mi va di lasciarti sola il giorno di Natale -

Un sorriso mi spuntò sulle labbra.
Sapeva sempre riuscire a sorprendermi.

- Sono adulta Luke, non devi preoccuparti per me :) -

- Non mi preoccupo, voglio vederti -

Mi morsi il labbro senza rendermene conto e appoggiai il telefono sul tavolo, non sapendo cosa rispondere.
Lui voleva vedermi, ma io volevo vederlo?


~
*revisionato*

Changes.Where stories live. Discover now