Incomprensioni

2.5K 180 46
                                    

Mi fermai in ospedale per fare compagnia a mia sorella; non potevo andarmene proprio in quell'occasione speciale, sia per lei che per la mia deliziosa nipotina. Oltretutto non avrei comunque avuto modo di tornare a casa, dato che mi aveva portata Luke in moto ed era ovvio che se ne fosse già andato.
Dalla nursery riuscii a tornare nella sua stanza, anche se ci misi più del previsto; si era davvero fatto tardi e di fatti la trovai addormentata.
La osservai per qualche secondo e sorrisi, sedendole accanto; i suoi capelli increspati e umidi mi resero difficile accarezzarla, ma non demorsi. Doveva aver sofferto tanto, ma ero certa che la gioia era ineguagliabile.
D'improvviso percepii qualcuno alle mie spalle e, quando mi voltai, trovai Yuri tutto sorridente con in braccio un fagotto; ci misi poco a capire che era proprio Carly.
«Hey» mi salutò lui, venendo più vicino a me; mi alzai in fretta per lasciargli il posto e mi ringraziò con uno sguardo. Lentamente mia sorella aprì gli occhi e appena vide quella piccola creatura tra le sue mani, un sorriso mai visto si allargò a dismisura sul suo volto.
Aver portato per nove lunghi mesi quella vita dentro di sé e darla alla luce doveva essere una di quelle esperienze meravigliose, che ti fanno capire il vero senso della vita.
La piccola iniziò ad emettere dei versi strozzati e pensai che quel suono fosse assolutamente speciale e unico; in quel momento non mi venne in mente niente di più stupendo.
«Amanda.» Sentirmi chiamare mi riportò alla realtà; mi focalizzai su mia sorella che mi guardava con un misto di preoccupazione e felicità negli occhi.
«È stupenda» decretai, riportando lo sguardo su Carly che in quel momento muoveva la manina in aria.
«Vuoi tenerla in braccio?» Rialzai immediatamente lo sguardo su Jennifer, notando che anche Yuri mi guardava ed entrambi sorridevano.
Non sapevo cosa rispondere, ero rimasta di sasso.
La verità è che avevo paura di prenderla in braccio; una creatura così fragile e piccola tra le mie braccia poteva spezzarsi come niente, ma il desiderio di sentire il calore di quella nuova vita stava avendo il sopravvento su ogni cosa.
Deglutii e mi avvicinai con cautela, mentre mi porgeva la bambina; le mani sudate e tremolanti mi fecero tentennare, ancora indecisa, ma quando la presi, tutto divenne assolutamente perfetto.
Il suo visino paffuto, i pochissimi capelli spettinati, gli occhi socchiusi, le labbra dischiuse e il gesto lento e incerto della sua minuscola mano che si apriva e si chiudeva, mi regalò un'emozione del tutto nuova.
Serrai le labbra, ma le lacrime iniziarono a scorrere sul mio viso senza che avessi il tempo di ricacciarle dentro.
Fu una delle sensazioni migliori della mia vita.


Nei giorni successivi, essendo ancora a casa a causa delle festività natalizie, andai a trovare mia sorella ogni volta che ne avevo l'occasione; vedere quel viso innocente mi stava aiutando a lasciarmi alle spalle ogni cosa, dalla dichiarazione di Luke a ciò che temevo di poter provare nei suoi confronti.
Chiudere quella pseudo amicizia era – forse – stata la scelta migliore che avessi fatto, anche meglio di quando decisi di provare ad aiutarlo; odiavo ammetterlo, ma da quando era entrato nella mia vita tutto stava lentamente degenerando, anche se in fondo sapevo che non potevo dargliene la colpa.
«Yuri mi ha raccontato che c'era un ragazzo con te, a capodanno, chi era?» chiese improvvisamente mia sorella, con circospezione, mentre stava allattando la piccola.
Alzai gli occhi, incrociando i suoi, e corrugai la fronte.
«Perché vuoi saperlo?» Non ero sicura di ciò che sapesse, quindi era meglio indagare a fondo prima di rivelarle che fosse proprio Luke.
«Perché mi interessa sapere cosa fai... inoltre mi ha fatto notare quanto sembrasse più giovane e non ci ho messo molto a fare due più due.» Inarcò un sopracciglio, sentendosi fiera della sua supposizione – del tutto azzeccata tra l'altro.
«Non è come pensi.» Sospirai, passandomi una mano sul viso, quasi stanca; non riuscivo proprio a capire perché più provavo ad allontanarlo, più l'universo me lo spiattellava in faccia.
«E il rossetto che aveva sulle labbra? Yuri non è cieco né tanto meno stupido. Me l'ha detto subito e volevo parlarti, ma poi ti ho vista così sovrappensiero e ho preferito rimandare.» Sospirò abbassando lo sguardo sulla bambina che si nutriva silenziosa. «Poi è arrivata lei e...» Sbuffò, rialzando gli occhi su di me, «Amanda, non avere timore, sono tua sorella, puoi fidarti di me.» Sorrise, ma potevo benissimo percepire tutta la tristezza che stava dietro a quelle parole.
«Jennifer, io mi fido di te, ma non c'è nulla da dire, se vuoi sapere il motivo del rossetto è che...» Mi bloccai, capendo che in effetti non potevo inventarmi nulla; la realtà dei fatti era che ci eravamo baciati, più di una volta, e che fossi pentita o meno, la realtà rimaneva quella e non potevo fare nulla per cambiarla.
«Vi siete baciati, l'ho capito, quello che voglio sapere è cosa succederà ora.» Staccò la bambina dal suo seno per poi rivestirsi lentamente e cullarla per farla addormentare; versetti strozzati si elevarono in aria, costringendomi a portare l'attenzione su quella creatura.
«Non succederà proprio nulla... non ci parleremo più, se lo vuoi proprio sapere.» Tenni lo sguardo su Carly, sorridendo delle sue espressioni infantili.
«Perché?» Deglutii, prendendo un respiro profondo; sapevo che se lo avessi ammesso sarebbe diventato ancora più reale di quanto lo fosse già, ma ormai non avevo nulla da perdere.
«Mi ha confessato ciò che prova per me e...» Mi bloccò, puntandomi il dito contro e facendo spaventare Carly, che iniziò a piangere.
«Te l'avevo detto!» Alzò la voce per poi alzarsi e cullare la piccola per farla calmare; mi lanciava sguardi carichi di rabbia e rimasi perplessa per qualche secondo.
Ammisi a me stessa che aveva ragione, ma non credevo se la sarebbe presa così tanto.
In fondo lo avevo rifiutato; era quello che volevano tutti, no?
Sparì dalla mia vista, lasciandomi da sola; buttai fuori tutta l'aria dai polmoni e mi sedetti sulla sedia, prendendomi la testa tra le mani.
Non avrei dovuto cedere, non proprio quando stavo cercando di accantonare quella faccenda.
«Amanda, hai visto?! Hai visto?» Sussultai sentendo la voce pungente di mia sorella perforarmi i timpani; sembrava seriamente arrabbiata.
«Ho capito, avevi ragione, certo, lo so, ma cosa posso farci? Più di dirgli che possiamo essere amici non posso fare!» Alzai anche io la voce, frustrata, mentre mia sorella prendeva posto di fronte a me.
«Prima lo baci e poi gli dici così? Amanda non dovevi farlo!» Rimasi allibita; come poteva davvero credere che potessi averlo baciato io?
«Guarda che è stato lui!» Cercai di difendermi, alzando le braccia, basita.
«E tu ti sei opposta per caso?!» Mi ammutolii all'istante.
No, non mi ero opposta, in nessuno dei casi; poi c'era stata quella volta a casa mia, dopo il litigio con James, e non ero ancora del tutto sicura di cosa fosse successo.
«Ecco, vedi? Amanda, lo hai illuso... o forse stai illudendo te stessa» riprese, vedendomi impietrita.
Non sapevo più cosa pensare, ma in realtà non avevo neanche voglia di farlo; desideravo solo lasciarmi quella questione alle spalle ed andare avanti.
Per me Luke era un capitolo chiuso.
«Amanda, devi fare chiarezza!» mi aggredì un'ultima volta, prima che scattassi in piedi.
«Basta!» urlai, talmente forte che dal piano superiore Carly esplose in un pianto furioso; mia sorella rimase interdetta di fronte alla mia collera mentre prendevo le mie cose e mi dirigevo verso la mia macchina per tornare a casa.
Stare sola mi avrebbe fatto più che bene.



Nei giorni successivi ripresi a lavorare, riuscendo a distrarmi da tutto ciò che mi stava succedendo.
Jennifer continuava a chiamarmi, probabilmente si sentiva in colpa per la piega che aveva preso la situazione e in effetti anche io non ero tranquilla per il modo in cui avevo reagito; ero stata sgarbata contro l'unica persona che mi era rimasta accanto, che voleva aiutarmi, ma non ero ancora pronta a parlarle, volevo stare in pace e concentrarmi sul mio lavoro.
Le giornate diventavano sempre più fredde e per gran parte di gennaio fui costretta a girare con tre strati di indumenti: canottiera, maglietta e felpa.
Al lavoro non c'era molto da fare, quindi molto spesso tornavo a casa prima dell'orario di uscita, ovviamente con il permesso di Victor. Non era il tipo che ti faceva rimanere a casa o uscire prima di sua spontanea volontà.
Iniziavo a stufarmi di stare chiusa in casa e, dato che a capodanno il mio piano di uscire e fare conoscenze era fallito miseramente – anche se per valide ragioni – decisi di rimediare proprio durante quel periodo morto che stavo vivendo.



Era l'ultimo sabato sera di gennaio e avevo intenzione di uscire e svagarmi.
Mi armai del minimo necessario ed uscii per andare nel centro della città; sarebbe stata affollatissima, lato che odiavo di New York, ma estremamente positivo per ciò che dovevo fare.
Parcheggiai nel primo posto libero che trovai, ma fui comunque costretta a farmi una bella mezz'ora di camminata per raggiungere un bar; entrai in quello che mi sembrò più accogliente, senza neanche badare alle occhiatine che mi rivolgevano le persone, e mi accomodai al bancone, attirando l'attenzione della barista.
«Vodka liscia» ordinai, sorridendo alla ragazza che, dopo avermi squadrata, iniziò a preparare il mio drink.
Bevvi tutto d'un fiato, sentendo la gola bruciare; ovviamente non era quella l'idea di divertimento che avevo in mente, ma mi sarebbe servito per sentirmi più disinibita ed instaurare un dialogo più facilmente.
Osservai la gente che entrava ed usciva dal locale: chi già visibilmente ubriaco; qualche comitiva di amici che faceva baccano ai tavoli; coppiette allegre e vicine all'intimità; ragazze che facevano di tutto per mettersi in mostra; ragazzi che non si facevano scrupoli a lasciarsi andare in commenti osceni e divertenti; ma non riuscivo ad intercettare qualcuno che stuzzicasse il mio interesse.
Ordinai un secondo drink, un Cuba Libre, che mi fece subito sentire più leggera; la musica presente nel bar iniziò a farsi sempre lontana e anche il brusio degli altri rimbombava nelle mie orecchie, facendomi sentire in un'altra dimensione.
Non avevo mai retto molto bene l'alcol, quindi decisi che potevo anche fermarmi e dare un'altra occhiata in giro.
Adocchiai un paio di ragazzi che parlottavano in tutta tranquillità, sorridendo di tanto in tanto, senza farsi troppo vedere. Mi alzai, leggermente tremolante, raccattai le mie cose e, facendomi spazio tra tutta la massa di corpi, mi diressi verso di loro; ero determinata a conoscere qualcuno; un ragazzo, per la precisione.
Quel ragazzo.


~
*revisionato*

Changes.Where stories live. Discover now