Weekend

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Sapevo che dovevo andare a parlare con mia sorella; sia per dirle della decisione di trasferirmi che per cercare di aggiustare tutto e avevo deciso di farlo proprio nel weekend della seconda settimana di aprile.
Il sabato mattina feci una scappata da Hilary per sistemare il mio aspetto un po' trascurato e poi mi diressi a casa di mia sorella: volevo sistemare tutto al più presto, mi mancava parlare con lei.
Parcheggiai e mi avviai alla porta, bussando con frenesia.
«Chi è?» Il vocione di Yuri arrivò attutito.
«Amanda» risposi in fretta, sperando mi aprisse. Attesi qualche secondo in cui provai a improvvisare un discorso di scuse, quando la porta venne aperta.
«Jennifer non c'è.» Mi trovai davanti il suo corpo possente che mi scrutava dall'alto.
«E quando torna?»
«Non lo so, stasera forse.» Mi accigliai, osservandolo; come faceva a non sapere quando sarebbe tornata?
«L'aspetterò, devo parlarle.» Vidi il suo viso contrarsi in una specie di smorfia di preoccupazione, ma cercò di nasconderlo.
«Non credo sia... necessario...» Si passò una mano sulla maglietta per lisciarla e il mio viso si fece più cupo: sapevo che c'era qualcosa sotto.
«Dov'è mia sorella?» chiesi decisa, puntando le mani sui fianchi; lui uscì, facendomi indietreggiare e chiuse la porta alle sue spalle.
«Senti, è rimasta male per il tuo comportamento e non vuole vederti, lasciala stare.» Quelle parole mi arrivarono come un pugno in pieno viso.
Sapevo di aver sbagliato, di averla trascurata e di averle soprattutto mentito; e sentire la  conferma del suo dispiacere mi fece capire che avevo davvero esagerato.
Non era mai successo che non volesse vedermi; certo, i litigi succedevano spesso, ma dopo qualche ora facevamo sempre pace.
Lì parlavamo di settimane di silenzio e non credevo che volesse ancora continuare.
«So di aver sbagliato e sono qui proprio per spiegarle tutto, ti prego... se ci tieni a lei lascia che le parli.» Sentivo gli occhi divenire mano a mano più lucidi e speravo che credesse alle mie parole: avevo bisogno di vederla.
«Amanda... vai a casa.» La sua mano si poggiò sulla spalla e chiusi gli occhi, provando a non crollare almeno con lui. Deglutii, mandando indietro il groppo fastidioso che mi si era formato in gola e annuii; forse avrei dovuto insistere di più, ma non lo feci.
Entrai in macchina e partii verso casa.
Fu un'ora terribile.
Ogni volta che le lacrime cessavano di rigarmi le guance e riuscivo a calmarmi, il pensiero che me ne sarei andata senza riuscire a parlare a mia sorella tornava prepotente, facendomi crollare nuovamente.
Arrivai a casa con il trucco colato e una voglia matta di urlare; odiavo la situazione che stavo vivendo, ma il medico si era raccomandato di non stressarmi per via del bambino, quindi mi buttai nel letto, provando ad addormentarmi e dimenticarmi almeno per qualche ora di tutto quello schifo.
La vibrazione del mio telefono, però, mi obbligò a rimandare il pisolino.

- Amore, ti va di venire da me? -

Per quanto volessi rifugiarmi tra le sue braccia e trovare un posto in cui sentirmi bene, gli risposi che ero impegnata tutto il giorno e tornai sotto le coperte, dove però, al posto di riuscire a dormire in poco tempo, iniziai a rigirarmi nel letto mentre un dolore si diffuse nel mio ventre, facendomi contorcere.
Dovevo rilassarmi e anche se avevo un gran bisogno di avere Luke accanto, provai in tutti i modi a tranquillizzarmi, finendo per immaginarmi mentre mi prendevo cura di mio figlio.
Mi addormentai con quell'immagine nella testa.



Aprendo gli occhi, la fioca luce che penetrava dalle finestre mi fece capire che avevo dormito un bel po' di ore; lo stomaco mi brontolava in continuazione e così decisi di scendere in cucina per preparare qualcosa.
Mangiai nel silenzio più assoluto, cosa che non mi piaceva affatto.
Presi il telefono per vedere se avevo qualche canzone nella cartella della musica, ma un nuovo messaggio attirò la mia attenzione.

- Amanda, so che mi odi, ma ti scongiuro... sto morendo e ho bisogno di te, ti voglio al mio fianco -

Rimasi fissa su quel messaggio, degluendo a fatica; lo stomaco aveva iniziato ad attorcigliarsi su se stesso e io non avevo idea di cosa fare.
Andare da lui era l'ultima cosa che avrei voluti, ma da una parte mi dispiaceva che soffrisse in quel modo quando la mia sola presenza gli avrebbe alleviato quel dolore.
Ma se avesse mentito?
Se ci fosse stato un altro motivo per il quale voleva vedermi?
Non sapevo cosa pensare; era tutto così complicato e io dovevo cercare di non stressarmi. Però era inevitabile, tutta quella situazione mi metteva ansia e non potevo placarla con la sola forza del pensiero.
«Hey...» Non ero riuscita a trattenermi e avevo chiamato Luke.
«Hey, che succede?» Mi sedetti sul divano, appoggiando la testa sui cuscini.
«Vieni qua, ti prego...» Non credevo di certo che supplicando sarebbe venuto più volentieri, ma in quel momento il mio unico desiderio era stare tra le sue braccia.
«Certo, arrivo tra poco, ma che ti prende?» Sentii una porta chiudersi.
«James mi ha riscritto.» Optai per la verità, perché di bugie gliene stavo dicendo fin troppe.



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