Scontro con il Passato

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Non era cambiato di una virgola, la sua bellezza era rimasta invariata nonostante non lo vedessi da anni; gli occhi penetranti e la chioma scura e folta caratterizzavano ancora il suo viso, seguito dal suo corpo sempre tonico e in forma.
«Oh, ciao, entra.» Mi sorrise e con molta gentilezza mi fece accomodare in casa.
Appena varcata la soglia constatai quanto fosse in ordine quel luogo, neanche un oggetto fuori posto, neanche il minimo accenno di polvere. Mi condusse nel piccolo salottino dove si estendeva una vasta libreria colma di libri e molti altri erano riposti con cura su vari scaffali; mi stupii, dato che non era mai stato un amante della lettura.
«Così lavori per Victor ora, eh?» La sua frase mi fece spostare l'attenzione su di lui, mentre la mia espressione stupita non accennava ad abbandonarmi: si ricordava ancora di me. La sua risata riempì ben presto la stanza, facendo riaffiorare nella mia mente dei ricordi stupendi, anche se furono subito rimpiazzati dal dolore che mi aveva causato.
«Sì, lavoro per lui» risposi, usando forse un tono troppo acido.
«Non ti facevo una da ufficio.» I suoi occhi rimasero su di me, mentre io li spostai, andando a scrutare ancora la stanza con sguardo dubbioso.
«E io non ti facevo uno da libri.» Posai le iridi su di lui proprio nel momento in cui si mosse verso di me.
«Oh, Amanda, andiamo, saltiamo tutta questa stronzata e arriviamo al dunque.» In un secondo me lo ritrovai di fronte, imponente e bello come non mai: non aveva il minimo accenno di barba – doveva essersela fatta proprio quella mattina.
«Cosa vorresti dire?» Mi accigliai facendo un passo indietro, quella vicinanza continuava a destabilizzarmi, nonostante lo avessi dimenticato da tempo.
«Perché sei qui?» Assottigliò gli occhi fino a farli divenire due fessure e mi guardò con sospetto. Improvvisamente mi sentii fuori posto e per niente tranquilla.
«Sono qui da parte del mio capo, te l'ho detto.» Sospirai, cercando di farlo sembrare un respiro leggero.
«Ma perché proprio tu? Cosa vuoi da me?» Fece due passi avanti, rimanendo serio e crucciato. Assunsi anche io la medesima espressione, corrugando le sopracciglia.
«Non sapevo che fossi tu quello che dovevo incontrare e soprattutto che fosse a casa tua, mi dispiace se ti do fastidio.» Sospirai, questa volta molto sonoramente, lasciando intendere tutta la mia frustrazione; mi girai, alterata, ritornando verso la porta.
Non lo vedevo dal college, non sapevo neanche si fosse trasferito in quel maledetto paesino e lui credeva davvero che potessi aver architettato chissà quale piano per rivederlo?
Stavo per raggiungere l'uscio quando, non so come, mi ritrovai appoggiata al muro con il suo corpo che premeva contro di me, le sue mani mi tenevano per i fianchi e le sue labbra erano pericolosamente vicine al mio viso.
«Oh no, nessun fastidio.» Rimasi senza fiato e pietrificata, osservando il suo sorriso malizioso solo per una frazione di secondo, prima che si attaccasse al mio collo, iniziando a baciarlo. Un brivido di piacere mi invase il corpo contro la mia volontà e chiusi gli occhi, cercando di darmi un contengo, ma mi era molto difficile dato che il primo ragazzo per cui avevo davvero provato qualcosa mi stava letteralmente... spogliando?
Lo spinsi con tutta la forza che possedevo, inchiodando i suoi occhi saturi di desiderio; dalle sue labbra arrossate fuoriusciva il respiro affannoso e non aspettò molto prima di riavvicinarsi a me con passo svelto.
«Sono qui per lavoro, Francisco!» Tentai di fermarlo alzando la voce, come se la parte razionale di lui potesse sentirmi e fermarsi; ma lui non era razionale, lui era passionale – molto passionale – e mi resi conto a mie spese che non aveva perso questa caratteristica.
Le sue mani erano finite, in modo a me oscuro, sotto la camicetta che indossavo e si muovevano veloci verso il gancio del mio reggiseno.
"Ti ha ferita, Amanda, ti ha ferita molto, non lasciarti andare. Tu ami James, ma anche lui ti ha ferita" pensavo, mentre ormai ero rimasta in intimo con le sue labbra che passavano dalle mie a baciarmi il petto.
Chiusi gli occhi, forse in preda all'eccitazione o forse da qualche strana sorta di vendetta; fatto sta che quando la mia schiena venne a contatto con il materasso era troppo tardi, troppo tardi per tornare indietro, troppo tardi per negarmi quel piacere.




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