Prologo

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Un triste bosco fa da scenario a una folle corsa, gli alberi nudi e imponenti diventano il pubblico di una pellicola a colori che scorre imperterrita verso la fine.

La fuggiasca cerca riparo tra gli arbusti, ma loro sono traditori e le impongono di continuare, non hanno pietà di quel corpo ridotto allo stremo.
I capelli neri come l'ossidiana, lunghi fino a metà schiena, ondeggiano assecondando i suoi movimenti sgraziati; mi ricordano i raggi di luna che si specchiano nel mare, dispersi dalle tiepide onde mentre si fanno cullare.

"La tua colpa non può essere cancellata. Il tuo tradimento non ti sarà mai perdonato."

Una voce spenta fa eco tra le fronde, lancia accuse e punisce con aride sentenze.
Cerco di scrutare il volto della giovane donna, ma si ostina a darmi le spalle, quasi fossi io il suo inseguitore.

Ma non è da me che sta scappando; lei non è la mia preda e io non sono il suo sanguinario cacciatore.

Le foglie cadute, morte sotto il peso della stagione autunnale, producono lo stesso suono della carta quando viene stropicciata e i suoi piedi ci affondano dentro rompendo il silenzio.

Danza scordinato sul suo fine collo una preziosa catenina.

"Quella è mia", penso mentre la osservo con occhi avidi.
Sarei una stolta se affermassi il contrario, non potrei mai scordare l'unico ricordo che ho di mia madre.

Lo zaffiro a forma di goccia, al centro della piccola croce, cattura i tenui raggi solari che con difficoltà si fanno spazio tra i nuvoloni scuri.
Anche il tempo è avverso, completamente contrario a questo povero scenario.

"Mamma...", voglio gridare ma la parola viene solo mimata dalle mie labbra.

Odo un leggero tonfo.
È caduta al suolo, inciampata nei suoi stessi passi, troppo incerti per condurla alla salvezza. Terrorizzata si guarda attorno e io finalmente mi illudo di poter vedere il suo viso.
No, non vi è alcuna vista di esso, poiché disordinate ciocche lo coprono da sguardi indiscreti, quasi a volerla proteggere da un'ulteriore umiliazione.

Tenta di rialzarsi senza alcun risultato; le forze l'hanno abbandonata al duro destino, le sussurrano la resa perché è inutile continuare a lottare.
Il respiro le si condensa in nuvolette gelide, la bocca si storce in una smorfia di dolore che pare aver soltanto iniziato a tracciare il suo cammino.
Si accascia al suolo, abbracciata dalla sola consapevolezza di aver fallito.

"Non puoi fuggire dalla maledizione che ti sei inferta da sola; Il tuo sangue è nero. Sei stata marchiata."

Continua il suo affronto la misteriosa spettatrice di questo macabro quadro, rimane nascosta a cantar di colpe, come uno spettro che chiede vendetta.

Arresa alla paura, resta piegata sul terreno a piangere e gridare, stringendo un pugno di terra umida nella mano sinistra, la destra invece si trascina nel fango putrido.

Sento il cuore battere impazzito nel petto, implora pietà per lei e per me, che non sono capace di sottrarmi a questa scena; non posso volgere lo sguardo altrove, sono costretta a rivivere questo momento per altre mille notti, forse di più.

"Non piangere, non fermarti...", è quello che vorrei dirle, ma ancora una volta la voce esce muta, un sibilo appena accennato.

Stringo i pugni fino a sbiancarmi le nocche, cercando in me stessa consolazione a questa mia impotenza. Ti guardo perire senza possibilità di trarti in salvo.

Un vuoto d'aria rompe il silenzio con un vacuo fischio, improvviso come le tempeste estive, e il tappeto dai colori autunnali si smuove leggermente; un'ombra grigia si estende su di esso, come un brutto presagio incupisce ciò che lo circonda.

Due immense ali nere come il petrolio accompagnano l'ascesa di un mostro, uscito dai peggiori incubi che attanagliano le notti buie di chi è solo.
La chioma -dello stesso colore delle sue piume- incornicia un volto figlio degli inferi e gli occhi purpurei sembrano incenerire chiunque ha la sfortuna di incrociarli.
I muscoli tesi a indicare il suo stato di superiorità, il petto tronfio e scolpito si carica di violente vibrazioni che danno vita ad un potente ruggito.

Flette le ginocchia per attutire l'atterraggio sul suolo fertile e aggraziato ed elegante scrolla il manto scuro che pesa sulle sue spalle.

Lo scruta con sguardo triste e lucido; lei, vittima qual è del peggiore dei mali, si accovaccia sulle ginocchia sporche e sbucciate, le mani tremano congiunte sul grembo.
La bocca si schiude, pronuncia parole che non arrivano al mio udito, ma se di suppliche si tratta, non trovano riscontro nel cuore di quella bestia immonda, incaricato dal fuoco del sottosuolo come portatore di pene e tormenti.

Ed è così che il proiettore si spegne, lasciando un fermo immagine della donna sconfitta, accolta dalle oscure ali dell'angelo mietitore.

Lacrima il cielo, confonde il mio pianto con il suo, mi fredda l'animo disperso tra i ricordi che affiorano lenti e mai completi.
<<Addio, Mamma.>>

Midnight Soul [In REVISIONE & MODIFICA]Where stories live. Discover now