Capitolo 42

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Mia madre continua a frugare nella borsa alla ricerca delle chiavi, mentre il nostro cane gratta e abbaia dall'altro lato della porta.

Hayes la sta chiamando da almeno un quarto d'ora, nel tentativo di calmarla, ma Muffin non ci dà pace.

«Sei stanca?» mio padre mi scosta dolcemente una ciocca di capelli dalla fronte, ed io annuisco senza neanche capire bene cosa mi sta chiedendo.

Ho passato tutto il viaggio a guadare fuori dal finestrino e sperare che, magicamente, l'aereo ritornasse indietro.
Inutile dire che non è successo, ed ora il mio umore è decisamente sotto la suola di una scarpa.

«Dovresti andare a riposare, Jo. Tra due giorni inizia anche la scuola.» continua mio padre ed io grugnisco.

L'ultima cosa che ci vuole ora è ricordarmi della scuola, con Liam e tutte le persone che più non sopporto.

«A proposito avete fatto i compiti delle vacanze?» mia madre caccia dalla borsa le benedette chiavi. Poi alza gli occhi al cielo, come se si fosse appena ricordata che io e Hayes non andiamo d'accordo con lo studio. «Oh, ma che dico. Già è tanto se andate a scuola, figurati fare i compiti a New York.»

Vorrei risponderle che io gli ho fatti, ma mi sto zitta perché altrimenti le dovrei dire anche dove ho trovato il tempo e la voglia.

E dirle che il suo primo genito in questi mesi ha fatto lo stronzo proprio non mi va.

«Muffin!» ad interrompere la conversazione è Hayes, che urla il nome del nostro cane appena lo vede e si dirige da lui a braccia aperte, pronto per abbracciarlo.

Io rido, completamente divertita dalla pazzia di mio fratello.
Si può essere più idioti? Credo di no, ma adoro Hayes proprio per questo.

Riesce ,senza fare nulla in particolare, a farti sorridere sempre.

È un talento naturale, secondo me.
Non tutti ci riescono. O meglio, io non ci riesco.

Una volta calmata prendo la mia valigia e, trascinandola per tutte le scale, la porta fino alla mia camera.

È tutto esattamente come l'ho lasciato due mesi fa, anche se sembra passato molto di più.

Sembra ieri che ero nervosa di rivedere Nash, e pensavo che una volta visto lí sarebbe ritornato con noi ad Austin.

Sembra ieri che ho conosciuto I Magcon e Cameron.

Dallas... già. Ammetto che mi manca, e non poco. È stato difficile in questi giorni fare finta di essergli solo amica, ma averlo vicino aiutava almeno un po'.

Ora ho paura che perderò i contatti con lui, che mi dimenticherà.

Possibile che per colpa di un ragazzo sia diventata così paranoica?

"È Cameron Dallas." Penso. "Tutto è possibile con lui."

•••• •••• ••••

CAMERON'S POV

«Cameron... ci sei?»

Sarà almeno la terza volta che Brent, il nostro manager, mi richiama.

Ci sta parlando di qualche intervista e altre cose a cui non presto attenzione. È da stamattina che ho lo sguardo nel vuoto e sincerante poco mi interessa.

Una settimana fa, a quest'ora, stavo salutando Jocelyn all'aeroporto. Non l'ho più vista né sentita da quel giorno.

Fa male? Sì. Fa dannatamente male.

«Cameron...» mi scuote per un braccio Nash, ed io alzo finalmente lo sguardo.

Tutti i Magcon mi stanno guardando preoccupati.
Non hanno mai visto una persona stare male?

«Che c'è?» chiedo cercando di risultare disinvolto.

«Che c'è?!» Taylor alza la voce. «Ti stiamo chiamando da un'ora, non hai neanche sentito Brent cosa ti diceva sulla nuova canzone che devi scrivere!»

«Nuova canzone?» domando e Nash si porta una mano sulla faccia, con fare affranto.

«Appunto...» borbotta Matthew.

«Sapete cosa?» dico, iniziando ad innervosirmi. «Uno non può neanche avere una giornata no che voi subito attaccate e criticate. Andate a farvi fottere.»

Mi alzo bruscamente dalla sedia su cui ero seduto, e mi avvio fuori l'edificio.

Forse è una reazione esagerata, ma sono troppo nervoso e orgoglioso per tornare indietro e scusarmi.

Mi sento male.
Non male fisicamente, non ho mal di testa o la nausea, ma sto male mentalmente.

Non riesco a capire più niente, non riesco più a pensare lucidamente.

È come se parlassi e ascoltassi, ma non registrassi cosa mi dicono o cosa vedo.

Da quando Jocelyn se ne è andata la mia vita sta diventando buia.

È tornato tutto normale, come se Jocelyn e Hayes non fossero mai venuti qui a New York.

«Cameron!» qualcuno mi chiama per strada, ma mi sollevo il cappuccio e continuo a camminare.

Non sono fans, probabilmente è qualcuno dei Magcon.
Peggio ancora: non voglio parlare con nessuno.

«Cameron.» Nash mi prende per un braccio, costringendomi a fermarmi. «Che diavolo ti prende?»

Le prime goccioline iniziano a scendere dal cielo scuro e grigio. Una goccia mi va a finire sulla guancia, e poi scende sulle labbra, come se stessi piangendo.

Intanto inizio a capire perché sto così male da quando Jo è partita. Inizio a capire perché mi manca così, perché la vorrei riavere qui davanti a me, anche solo per litigare. Ma averla sarebbe già la cosa più bella del mondo.

Senza neanche girarmi, gli rispondo.
«La amo.»

Nash stringe di più il mio braccio. «Ma di cosa parli?»

Finalmente mi giro a guardarlo. Ha la fronte corrugata e le sopracciglia quasi si toccano.

La pioggia inizia a cadere incessante intorno a me. Sembra quasi collegata al mio umore.

«La amo. Amo Jocelyn, Nash.»

Ti odio Cameron DallasTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon