capitolo 11

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Dopo quaranta minuti arrivarono a destinazione. Claire guardò l'orologio appeso fuori la struttura. In perfetto orario.

Mike era poco più dietro. Guardò anche lui l'orologio, guardò poi Claire, che sembrava aver rimesso l'armatura di luce. Guardò, infine, la struttura. "Florida Hospital" si leggeva anche da lontano, ma Mike era troppo impegnato a guardare lei, per accorgersene.

Un ospedale. I suoi lavoravano lì? Qualcuno che lei conosceva era ricoverato?

Claire sospirò, ed entrò. Mike la seguì a ruota. Non ce la faceva più, troppe domande lo assalivano. "Claire!" Urlò, quindi.

Claire si girò e si finse sorpresa. "Torna a casa, Mike." Non fece una piega.

Claire si girò. "Claire, mi spieghi perché tutti questi segreti?! Che nascondi, Claire?" Chiese Mike, afferrandola per un braccio e facendola voltare verso di lui.

"Mike." Gemette. Mike lasciò la presa: era il braccio ferito. "Se nascondo qualcosa è per non farla vedere agli altri." Disse. "Perché dovrei fartela vedere? Perché dovrei mettermi allo scoperto? Sai già troppe cose. Ascoltami bene, Mike: tornatene a casa."

"Perché dovrei? So già molte cose, perché non dirmi tutto?" Mike era disperato. Non era mai stato così per qualcuno.

"Stanne fuori." Disse Claire, semplicemente.

"Fuori da cosa, Claire?" Sbottò Mike, esprimendo i suoi dubbi.

"Fuori dalla merda, Mike." Disse gelida.

"Sei nella merda?" Chiese Mike. Claire annuì. "Che cosa mi nascondi, Montemblè?"

"Oh, Mike, non ti nascondo nulla perché non ti ho mai fatto vedere tutto." Per Mike quella frase non aveva senso.

"Non voglio stare fuori dalla merda, se questo significa stare lontani da te. Sono pronto a stare nella merda." Disse sicuro.

"Non sai di quello che parli." La bionda sbuffò una risata, e iniziò a camminare verso l'entrata.

"Lo scoprirò, Claire. E lo sai." Urlò Mike, e Claire in cuor suo lo sapeva che ci sarebbe arrivato, piano piano. Che lui le sarebbe entrato sotto pelle e poi in tasca, dritto al cuore. Lo sapeva. Lo sapeva benissimo. Ma sperava di no. Sperava che gettasse la spugna, che non si insospettisse, che si facesse ingannare dalla luce che nascondeva il buio.

Mike fece dietrofront. Non voleva entrare in ospedale perché aveva paura di quello che avrebbe scoperto. Camminò con passo svelto ed arrivò fino a casa. Si fecero le quattro e sua madre fece capolinea in casa con suo fratello Luke. "No, fratello, non puoi immaginare quello che è successo!"

"Claire Montemblè è scappata da scuola durante l'orario delle lezioni?" Chiese con fare annoiato.

"Esatto.. e.. e con lei c'era anche un ragazzo.." La voce gli si affievolì. "Mike! Eri tu quel ragazzo, vero?" Disse Luke euforico.

Mike annuì distrattamente. "Allora, com'è stato avere la ragazza più bella e brava della scuola vicino?" Chiese Luke, muovendo le sopracciglia su e giù.

Annabel guardava Luke e poi Mike, allibita. "La ragazza svenuta è la più brava della scuola?" Chiese alzando un sopracciglio. Non le piaceva per niente. Quei suoi occhi neri nascondevano storie. Brutte storie.

"Claire Montemblè è svenuta?!" Luke era un gran pettegolo. Mike si era stufato di quella situazione, si alzò dal divano su cui si era coricato a pensare e di scatto afferrò il colletto della maglietta di Luke, alzandolo qualche centimetro da terra. "Smettila di fare la stronza pettegola!" Gli urlò a un centimetro dal viso. "Giura che non lo dici a nessuno, pezzo di merda. Giuralo ora o ti faccio fuori." Disse a denti stretti.

Annabel era scioccata dal comportamento aggressivo di Mike, e Luke era terrorizzato. "Giuralo!" Urlò così forte che la madre si portò le mani sopra le orecchie, terrorizzata.

"Giuraglielo, Luke!" Disse e le scappò un singhiozzo.

"T-Te lo giuro.. T-Te lo g-giuro.." Disse Luke, flebilmente. Mike mollò la presa dalla maglietta di Luke e si stirò con le mani la sua. Guardò sua madre in lacrime, impassibile, e lanciò uno sguardo gelido a Luke. "Tranquillizzala." Soffiò, freddo, poco prima di sbattere la porta di casa.

"Allora, signorina Claire, le stiamo prendendo le caramelle per i piccoli incidenti di percorso che abbiamo avuto?" La dottoressa Moore la trattava come fosse una perfetta deficiente, e questo mandava su tutte le furie Claire.

"Non sono malata." Scattò Claire.

"Non ho mai detto nulla del genere, o sbaglio?" La dottoressa le sorrise. "Allora, le prendi le caramelle? Papà si prende cura di te?" Chiese con quella voce odiosa che si usa di solito con i bambini.

"No, dottoressa Moore, non prendo gli antidepressivi né gli anti stress. Non ne ho bisogno." Disse Claire.

"Ha avuto altri piccoli incidenti con oggetti appuntiti? Sta mangiando, piccolina?" La sua voce le mandava a puttane il cervello. Usava lo stesso tono che si usa con i bambini, con quelli che avevano problemi. Lei, di problemi, non ne aveva. Quella situazione gliene stava creando. E se prima non era malata, lo stava diventando.

"No." Scattò.

"Ti dispiace spogliarti?" Chiese la dottoressa.

Claire balzò in piedi. "Sono stufa di lei! Delle medicine! Sono stufa di mio padre! Sono stufa di nascondere tutto! Sono stufa! Stufa! Me ne voglio andare! Non sono malata, porca puttana! Ho degli ottimi voti a scuola, faccio delle buone azioni, non ho mai ammazzato nessuno!" Urlò Claire con tutto il nero che aveva dentro. Ed era tanto.

La dottoressa premette un pulsante posizionato sotto la scrivania, e scrisse la reazione della paziente su quei fogli. Quei fottuti fogli che la giudicavano per quello che lei - non - era.

Claire passò il braccio sano sulla scrivania e buttò a terra tutto quello che c'era sopra. Fogli, documenti, le foto della famiglia della dottoressa Moore, una spillatrice, tante penne.

Due uomini robusti, alti 1.90 varcarono la soglia. Erano completamente vestiti di bianco. Quel bianco che Claire aveva iniziato ad odiare, a poco a poco, diventando nero. La presero per le braccia e la trascinarono via, mentre lei continuava a gridare, a scalciare. "Non sono pazza! Non sono pazza!"

La dottoressa recuperò la cartella con scritto "Claire Montemblè, 21 gennaio 1995, Orange City, Florida" e l'aprì. C'era dentro una pila di fogli davvero alta. Test su test, pasticche non prese, ipnosi, ricordi, traumi. C'era una vita, là dentro. Prese un timbro rosso che la bionda aveva fatto cadere a terra, e timbrò il primo foglio mettendo il timbro per obliquo. Su quel foglio quasi completamente bianco, si presentava una scritta rosso sangue che diceva "Hospitalised" (= ricoverata).

Prese una penna e il foglio che stava compilando, e finì la relazione. "La paziente non mostra miglioramenti, non è seguita dal tutore e non prende i farmaci indicati (antidepressivi e anti stress) che potrebbero aiutare a far scomparire il suo disturbo di personalità multipla. Inoltre, negli ultimi due mesi ha mostrato una forma di autolesionismo provocato da lamette o coltelli, che non sembra essersi spento. Negli ultimi sei mesi, invece, le è stata diagnosticata una forma in stato avanzato di anoressia nervosa, tenuta nascosta per molto tempo. La terremo in cura per due mesi, attendendo miglioramenti, o peggioramenti. Il padre verrà informato a breve."

Cuore di lattaWhere stories live. Discover now