capitolo 15

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"C-Cosa?" Mike era agitato. Il cuore gli batteva a mille, e sembrava potesse esplodere da un momento all'altro.

"Hai sentito, Mike." La voce di Claire era calma, perché lei sapeva della questione già da un po', e aveva avuto il tempo di digerirla. Era calma perché sapeva che se solo uno dei due fosse riuscito a sopravvivere, quello sarebbe stato Mike. Semplicemente perché lei, di sopravvivere, non ne aveva voglia. Lei voleva vivere.

"Come... come fai a saperlo?" Chiese Mike. Jacques entrò in camera, guardò il volto di Claire e mise su un sorriso.

Prese per un braccio Mike e gli disse: "Devi andartene, ragazzo: l'orario delle visite è finito. Puoi tornare oggi pomeriggio, dalle quattro e mezza alle sei e mezza."

"Come lo sai, Claire?" Chiese Mike, alzando la voce di un'ottava. Jacques aumentò la presa sul braccio di Mike. "Devi andartene." Ripeté.

Mike guardò Jacques negli occhi e lanciò un ultimo sguardo a Claire, per poi andarsene. La porta si chiuse, e in camera rimasero solo Francesca e Claire. Francesca alzò lo sguardo, e guardò Claire. "Ti ama." Disse Francesca, per poi inumidirsi le labbra.

Claire guardò negli occhi cioccolato di Francesca, e schiuse le labbra. Un sospiro leggero fuoriuscì da esse. "Lo so." In un sussurro.

"Te l'ha detto, non è vero?" Claire aveva imparato, in quella settimana, che nulla sfuggiva a Francesca. Ti esaminava anche se non ti guardava, e riusciva a sapere tutto di te.

"Sì, io ho finto di essere in una delle mie crisi di identità." Disse Claire, mettendosi a sedere sul suo letto. "Io non lo voglio, il suo amore." Disse.

"Invece sì, però.." Francesca insistette a fissarla per un attimo. "Hai paura." Sorrise, soddisfatta.

"Sei tu a farmi paura. Come fai a capirmi con uno sguardo?" Chiese Claire, tentando di nascondere un sorriso.

"Volevo laurearmi in psicologia. Ho letto molti libri, so capire ciò che una persona prova dai piccoli movimenti dei muscoli facciali. So quando una persona mente. So tutto." Disse Francesca. Un sorriso aleggiava sul suo volto.

"Sognavi di diventare una psicologa?" Chiese Claire, giusto per capirla un po' di più. Lei non sapeva mai cosa passasse per la testa di Francesca.

"Sì, ci speravo davvero molto. Era il mio sogno." Disse con gli occhi che brillavano. "E la cosa è ironica," Gli occhi le smisero di brillare, e quel bagliore che aveva un attimo prima fu rimpiazzato dalle lacrime. "dato che ora sono in terapia da una psicologa." Una lacrima le percorse la guancia, e lei non provò minimamente a nasconderla.

"Sognare è inutile." Disse Claire, con sguardo assente.

Francesca fece un sorriso sghembo. "Chi te l'ha detta questa stronzata?" Chiese. "Sognare è molto utile. Ti fa sperare."

"È questo il problema." Disse Claire, sicura. "La speranza ti fotte."

"Anche tu lo ami." Disse improvvisamente Francesca, guardando la stanza. Era molto piccola, c'erano due letti e un comò. Le pareti erano grigie. Tutto era grigio, lì. Era il colore della tranquillità.

Claire sbuffò una risata. "No, non lo amo." Disse.

"Te lo leggo in faccia, Claire." Disse Francesca.

"Sei un'analfabeta, allora."

Francesca la guardò per un nanosecondo, per poi fare un mezzo sorriso. Parve quasi un ghigno. "Oh, no. Fidati. So leggere e scrivere benissimo. Anche per quanto riguarda le persone."

"Cosa scriveresti su di me?" Chiese Claire, spostandosi in modo tale che Francesca si trovava davanti a lei.

"Non sono brava con le parole, Claire, ma sei coraggiosa, sei forte, sei bella, sei accantivante, sei crudele, sei dolce, sei stravagante, sei fantastica. Però, Claire, dopo tutti questi aggettivi ce n'è uno che stona con tutta la tua perfezione." Prese un respiro. "Sei nera, Claire."

Cuore di lattaWhere stories live. Discover now