capitolo 40

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Vado vicino alla bara, l'accarezzo piano, come fosse lei. È bianca, la bara. È passato un po' di tempo, sono al suo funerale. Al nostro. Non sono lì dentro perché non c'è abbastanza spazio, ma sono morto anch'io. Sopra la bara lascio il mio libro di Romeo e Giulietta, mio fratello ha detto che le piaceva, che lo leggeva. So così poco di lei.

Una lacrima mi scivola lungo la guancia, fino a imbattersi nel legno bianco della bara. Bara. Lei lì dentro non ci dovrebbe stare.

Mi schiarisco la voce. "Salve a tutti, sono Mike Sanders. Ero un amico di Claire, o forse un po' di più di un amico." Sorrido, non ci eravamo mai etichettati. Cerco di non piangere. "Io a Claire l'amavo. Ma non sono qui per parlare del mio amore infinito per Claire, anche se potrei. Questo è anche il mio funerale."

Ci sono poche persone. C'è François, con lo sguardo basso, c'è Luke, c'è il preside, c'è Jacques e c'è Francesca. Poi, gli altri, non li conosco. "Non la conoscevo bene, e ho un sacco di domande che non avranno mai risposta, un sacco di cose che non potrò fare più con lei e che non farò con nessun'altra."

"Mike." Mi riprende mia madre.

Sospiro. "Claire era una bella ragazza, tutti se n'erano accorti, tranne lei. Non so cosa avesse nel cervello: dicevano che era malata. Io dico che è bella. L'etichettavano e io le toglievo le etichette. Claire però, era malata." Inizio a piangere pateticamente davanti a tutti. Francesca è distrutta, si regge a malapena in piedi. "Claire era malata, ma non di anoressia o quelle merdate lì. Claire era malata perché era se stessa. Claire era malata perché sopravvivere le faceva schifo. Lei voleva vivere." Dico fra i denti. "E dato che non c'è riuscita, non è riuscita a capire che poteva - poteva vivere - si è ammazzata."

L'odio si sente nelle mie parole, fluisce nell'aria. "Diceva di essere nera, e che io ero bianco ma volevo essere grigio." Dico. "Non sapevo che cazzo volesse dire. Diceva che il nero non si sceglie, che ti prende e ti porta giù. Diceva un sacco di cose." Il passato, usato con lei, fa male. Mi trafigge il petto. "E loro, per le cose che diceva, la ritenevano pazza. Ma pazza non era. Perché ora so cosa vuol dire. Il nero ti prende, ti porta giù e non lo scegli. È stata lei a scegliere la mia fine. Sono nero. Lei è bianca. Sono qui, in piedi, a fare un discorso che neanche è venuto bene, un discorso di merda, e lei è fottutamente lì! Stesa in quella cazzo di bara bianca!" Urlo.

Jacques si avvicina a me, mi porta via da quella merda. Mi porta lontano dalla bara, lontano da lei. "Seppellite anche me!" Piango. "Claire! Claire, diglielo! Diglielo, cazzo, che l'eternità la vuoi passare con me! Staremo stretti, Claire, ma ti giuro che mi metto bene! Ti giuro che ti faccio stare comoda!" E la posso sentire, la sua risata. Posso sentire i suoi passi, il suo profumo strano, che chissà di che sapeva. Posso sentire le sue labbra sulle mie, mentre Jacques mi porta via da lì. Piange anche lui, piangono tutti.

Mi poggia a terra. Io cado sulle ginocchia e sporco i miei pantaloni buoni, mi metto entrambe le mani nei capelli e vorrei strapparmi via i pensieri, ma non riesco. Mi passano per la testa tutti i momenti, e piango ancora più forte. Un urlo straziato esce dalle mie labbra.

"Mike, è andata." Dice Jacques, dandomi una pacca sulla spalla. "È andata."

E io lo so, cazzo, che è andata. Lo so. Ma voglio andarmene anche io.

Cuore di lattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora