capitolo 20

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Jacques osservò assente gli infermieri che entravano svelti nel bagno. "Overdose." Ripetevano. "Ma di cosa?" Chiese uno, guardando Jacques. Lui alzò le spalle.

Gli era capitato di vedere ragazzi che prendevano strade sbagliate, che si drogavano. Gli era capitato di vedere gente morta per overdose. Mike, pensò, per quella roba non ci deve morire.

I suoi pensieri andarono a Claire e quasi gli prese un colpo. Non ci poteva morire, di quella roba, che sennò Claire sarebbe morta con lui.

Gli infermieri si muovevano veloci, gli tolsero la siringa dal braccio e misero sopra il buco un cerotto. Nell'altro braccio infilarono qualcosa in endovena. "Si riprenderà." Gli dissero, come se fosse un parente. "Conosce qualcuno che lui vorrebbe vedere appena sveglio?"

Jacques sorrise. "Sì, certo." Disse. "Però è rinchiusa in un ospedale psichiatrico."

Non gli risposero, facendo finta di fare altro. "Portatelo al Florida, per favore. Lì starà bene."

Gli infermieri annuirono e portarono Mike con una barella dentro l'ambulanza, e Jacques iniziò a correre verso la macchina. L'aprì, ci si fiondò dentro e iniziò a sfrecciare per le strade di Orange City.

Appena arrivò in ospedale, parcheggiò la macchina un po' a caso, e corse dentro l'edificio. L'ambulanza dietro di lui. Corse verso il reparto di psichiatria e pensò che non aveva mai corso così tanto in trent'anni di esistenza.

Aprì la stanza 675. Claire era lì, dove l'aveva lasciata. Più spenta di prima, se possibile. "Claire," La chiamò. "Claire, ascoltami. Non è il momento di fare stronzate." La voce era instabile, il fiatone faceva sì che le vocali venissero aspirate o non pronunciate.

Claire alzò appena la testa, e guardando com'era ridotto Jacques gli prestò attenzione. "Mike." Disse. Bastò quello per illuminarle gli occhi, e per farla preoccupare. "Bagno." Disse a tratti. Non riusciva a parlare. "Siringa."

Capì. Già dal tono, già dal fiatone, Claire aveva capito. Si alzò, stanca, dal letto. "Claire, io ti dimetto dall'ospedale." Disse Jacques.

"Puoi farlo?" Gli occhi di Claire non erano più tanto scuri, ma le spalle erano curve, ma il sorriso era assente.

"Sì. Ti seguirò a casa. Verrò tutti i pomeriggi e ti farò dei test, e ti darò delle medicine. Posso farlo, Claire. Posso farlo ma tu devi dirmi che farai quello che ti dico, che non avrai ricadute, che prenderai le fottute medicine." La voce di Jacques era dura, preoccupata. Sapeva che Claire non era abbastanza stabile per fare in modo che venisse seguita a casa, e stava rischiando. Merda, se stava rischiando. Però, quel bagliore, quel luccichio negli occhi di Claire gli infondeva speranza. Forse, ce la potrebbe fare. Si ripeteva.

Claire gli sorrise, piano. Un sorriso rotto, stanco. Il taglietto sul labbro era sempre presente. "Ti passerà mai?" Claire non rispose.

Jacques prese tutti i vestiti, li mise nella valigia e fece vestire Claire con una tuta, non le permise di usare il bagno, di guardarsi allo specchio. "È tardi." Ripeteva Jacques.

Claire fu pronta in poco, e mentre Jacques ancora rovistava fra i vestiti le disse: "Non so se ce l'ha fatta. Spero di sì."

Non c'era bisogno di fare nomi, lei sapeva. "Okay." Disse e pensò che no, non era okay neanche un po'. "Mike è forte, ce la farà." Ma lei lo sapeva che Mike forte non lo era, che non aveva il fisico per farsi di quella roba. Però lo disse, per infondersi sicurezza, per sperare.

Jacques correva con la valigia in mano, Claire lo seguiva lentamente, si guardava in giro spaesata. Tutti la guardavano, e lei guardava tutti. Jacques poco dopo si fermò, rendendosi conto che Claire aveva qualcosa. Mise un braccio intorno le spalle di Claire, li guardò tutti. Dal primo all'ultimo. "Che avete da guardare, stronzi?" Chiese, per poi portarla via.

Cuore di lattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora