capitolo 13

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«Quant'è dura restare veri, col freddo dentro e l'odio a ghiacciarti i pensieri.»

Venerdì 8 ottobre 2011

Claire aveva parlato con la sua compagna di stanza, Francesca. Era una ragazza apposto, aveva diciannove anni ed era stata trascinata lì dentro due anni prima. Non disse il motivo. Non voleva e non poteva.

Jacques bussò violentemente alla porta delle due, e aprì. "Pasticche." Disse.

Francesca si alzò e si diresse verso la porta, Claire seppellì la faccia nel cuscino. "Pasticche." Annunciò, di nuovo, Jacques.

Claire alzò la faccia dal cuscino e puntò i suoi occhi neri in quelli blu dell'uomo. "Non ne ho bisogno." Disse, gelida.

"Questo non sta a te deciderlo, non trovi?" Disse arrogantemente Jacques.

"Cos'è, Jacques?" Disse Claire. "Là fuori nessuno ti ascolta, non è vero? Non riesci ad importi. E allora ti imponi qui, con i più deboli. Coloro che non possono reagire perché sennò sono guai. Non ti senti un po'... vigliacco?"

Jacques perse la testa, quel venerdì. "Abbiamo una ribelle, eh." Disse con un ghigno stampato in faccia.

"Non sono una ribelle." Disse Claire, pacata.

"E allora alzati e prendi quella merda di pasticche!" Urlò Jacques, tanto forte che Clayd, l'altro uomo che aveva trascinato Claire lì, lo raggiunse.

"Tutto apposto, Jacques?" Chiese Clayd.

"Questa qui vuole fare la ribelle. L'aggiusti tu o lo faccio io?" Francesca assisteva alla scena, le labbra le tremavano.

"No, Jacques, non c'è bisogno. La mia amica è solo stanca per il lungo viaggio. Non intendeva questo." Disse Francesca, la voce le tremava.

"Sta zitta, puttana!" Urlò Jacques, per poi darle uno schiaffo. "Vai a prendere le tue schifose medicine e tornatene a letto." Soffiò.

A Francesca la guancia doleva in un modo terribile, e lo sapeva, lo sapeva che l'indomani le sarebbe spuntato un livido. "Ma ti pare il modo? Te la prendi con le donne?" Claire non voleva sembrare una ribelle, o un'impertinente. Anche perché non lo era! Voleva solo che le cose andassero per il verso giusto.

"Clayd, pensaci tu o io le faccio male, molto male." Disse Jacques, gelido.

"Non riesco a fare nulla se non mi fanno incazzare." Si giustificò Clayd.

"Sei il solito rimbecillito." Disse Jacques fra i denti. "Ci penso io."

Jacques si avvicinò al letto di Claire, e lei indietreggiò un po'. "Ora te le insegno io le buone maniere. Ora vedi come funziona qui." Disse Jacques con un ghigno sulla faccia.

La prese per il braccio ferito e lei urlò dal dolore, e ciò non fece altro che alimentare la presa di Jacques. Claire urlò ancora. La trascinò fino fuori la camera, ma Claire riuscì a liberarsi. Cadde di sedere per terra, e si trascinò con il braccio buono per un po'. Non piangeva. "Vieni qua, puttanella." Disse Jacques e Claire pensò che quell'uomo doveva ingoiare un vocabolario, perché non sapeva il significato delle parole, ma non glielo disse.

Jacques la afferrò per i capelli biondi, e fu lì che Claire iniziò a dimenarsi, ad urlare, molto più di prima. Tutti i pazienti erano fuori dalle camere, e Jacques lo sapeva. Jacques lo sapeva ed era per questo che lo stava facendo lì, in quel momento. Per precisare che le cose andavano così, o ti sottomettevi, o finivi come Claire. Tutti gli occhi erano puntati su Claire, che era quella nuova, che era una ragazzina. Una signora dai capelli mori e un vestito molto largo emise un gemito, con gli occhi spalancati, e porse la mano verso Claire. Un'altra però la fermò giusto in tempo. Sarebbe finita come lei, e non ne aveva le forze.

Jacques la trascinò fino in fondo al corridoio, e aprì l'ultima stanza a destra. "Elettroshock" si leggeva.

"No!" Urlò Claire. Jacques con uno scatto ci buttò Claire dentro.

"Ora ci divertiamo." Disse. Si sedette a cavalcioni su di lei, così che non si potesse muovere, e le diede un pugno appena sotto lo zigomo, e poi un altro e un altro ancora. Le ruppe il labbro, le fece un occhio nero. Jacques si alzò da Claire, che si voltò di lato e sputò il sangue che aveva in bocca. La faccia le faceva malissimo. Jacques però non si fermò, e le diede più calci nello stomaco, o sul busto.

"Chi comanda, Montemblè?!" Urlò. "Dimmi chi comanda!"

Claire sorrise. I denti sporchi di sangue. "Uccidimi pure, ma io non alimenterò mai il tuo ego maschile, Jacques." Fece fatica a dire quella frase, però ne valse la pena. Jacques le diede un ultimo calcio, per poi uscire. La lasciò lì, sul pavimento umido, insanguinata e indolenzita.

"Claire.." Sussurrò Mike.

"Sì?" Disse Claire innocentemente. Lei, che di innocente non aveva nulla.

"Chi... cosa..." Non riusciva a formare una frase di senso compiuto.

"Non fa più male." Lo rassicurò. E invece faceva un male cane, perché Jacques da allora la picchiava per ogni singola cosa che diceva. Le dava le botte sui lividi, le riapriva le ferite. Claire però rimaneva impassibile, nonostante non riuscisse a muoversi, nonostante le facesse male anche solo respirare, rimaneva impassibile alle parole e alle botte di Jacques. Aveva persino smesso di rispondergli, ma Jacques la pestava lo stesso, perché diceva che riusciva a insultarlo anche con lo sguardo. E questo era vero.

Cuore di lattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora