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Entrai nella scuola correndo verso la bacheca.
«Buongiorno, Angelica, sto molto bene, grazie, tu?» disse Jas quando gli passai accanto ignorandolo.
«Shh zitto.» dissi facendo scorrere il dito sulla lista pubblicata in bacheca.
Posizionai una mano sui punteggi coprendoli, poi mi bloccai quando trovai il mio nome.
«I risultati del test attitudinale?» chiese Jas.
«Sì» sussurrai.

«Se non togli la mano non puoi vederlo.» commentò divertito.
«Guarda tu per me.» chiusi gli occhi spostando la mano.
«Oddio» sussurrò dopo alcuni istanti. «Angelica, mi dispiace davvero tanto.»
«No, non dirmelo.» aprii gli occhi rivolgendogli un'espressione sconfitta. Probabilmente di lì a poco sarei corsa in bagno per piangere.
«Mi dispiace avere un'amica così schifosamente secchiona, hai fatto 2391 punti.»
«Davvero?» spalancai gli occhi.
«Andrai ad Harvard.» annuì annoiato.
Lanciai un gridolino e lo abbracciai.
«Non ci posso credere!» squittii.
«Quanti?» Asher si avvicinò a noi.
«2391.» dissi estasiata con gli occhi luccicanti verso la bacheca.
«Tu mi passerai tutti gli appunti, dovrò farlo anche io.» constatò osservando i vari punteggi sotto le materie.
«In matematica avanzata è riuscita a fare 784 punti, ha un cervello che va oltre la comprensione.» disse Jason.
«È vero.» annuì Ash abbozzando un discreto sorriso.
«Io l'unico entusiasmo che posso permettermi è quello di quando metto piede fuori dalla cella dopo averci passato ventiquattro ore.» commentò Jas.

«Se te ne fossi stato con le mani al tuo posto...»

Si avvicinò un altro Harrison Jake.
«Stai cercando di prendere il Nobel, Dalmar?» lo affiancò Aron sbirciando sulla bacheca.
«Può darsi.» mi atteggiai.
«Dovremmo proprio festeggiare.» propose Jas.

«E come?» scoppiò a ridere Aron «Con del tè e un libro classico oggi alle cinque?»

Abbassai le spalle sconfitta, l'entusiasmo si spense un po'.
«Non posso.» mormorai sottile. Dopo quello che era accaduto alla festa, mio padre mi proibiva categoricamente di sentire anche solo nominare gli Harrison. Mi accompagnava lui a scuola e si presentava non appena la campanella suonava nel parcheggio, appoggiato alla macchina con sguardo corrucciato. Non mi ero opposta, sapevo bene che farlo avrebbe comportato restrizioni ancora più fastidiose, perciò ogni volta che mi rivolgeva quello sguardo di circospezione per assicurarsi che non vi fossero Harrison nel giro di qualche metro, pensavo: Prima o poi si stancherà.

Volevo che comprendesse quanto gli Harrison in realtà non fossero dei delinquenti, ma in quel momento iniziare una discussione a riguardo non avrebbe portato da nessuna parte. Era come se la sua mente si bloccasse e per quanti elementi a favore della verità ci potessero essere, lui non li percepiva, c'era un grosso muro con su scritto: "ho ragione solo io".

«Tuo padre ci odia così tanto?» chiese Ash.
«Non vi odia, è solo convinto che frequentandovi potrei trasformarmi in una teppistella che picchia le persona e beve alcol.»

«Intendi come Josh?» commentò Jake.
«Quello è la prova che nessuno può influenzarti.» fece un cenno Jas verso la bacheca.
«Cazzo, hai fatto il punteggio più alto.» realizzò dopo qualche attimo Jake.
«Secondo me Aidan sarebbe stato capace di fare tutti i 2400 punti.» replicò Jas.
«Sì, non escludo che anche questo idiota qui affianco non possa farlo.» Aron avvolse un braccio attorno al collo di Ash e con il pugno sfregò in modo scherzoso sulla sua testa.
«Lasciami, Aron.» gracchiò lui sferrandogli qualche colpo sul fianco.
«Il genietto della nostra famiglia.» continuò Aron.
«Aron, mollalo.» incrociai le braccia al petto.
«Ehi, è mio fratello, permettimi di torturarlo come vorrei.» sbuffò lui.
«Mollalo.» ripetei fermamente.
«Quando smetterai di comportarti come la sua baby-sitter?» alzò gli occhi al cielo lasciando la presa sul fratello.
«In realtà fa da baby-sitter a tutti noi...» suggerì Jake.
«Quando crescerete un po'.» scossi il capo.
Asher mi lanciò un'occhiatina irritata, poi se ne andò di colpo.
«Lo vedi? Sei un coglione, ora si è offeso.» disse Jake rivolto verso il fratello.
Jason, invece, aveva gli occhi rivolti in mia direzione, con quel suo tipico modo pieno di sottointesi. Ricambiai l'occhiatina con difficoltà. Lui fece un cenno verso il fratello mimandomi un "vai".
Scossi la testa. Sapevo cosa l'aveva fatto irritare, ma inseguirlo significava permettere ai sentimenti di farsi avanti e io non volevo proprio che accadesse.
Jason, però, era sempre bravo a fare leva sulle mie emozioni, perciò ponendo una mano sulla mia schiena mi spinse in avanti, nella direzione nel quale il fratello si era recato.
Ringhiai fra i denti in disappunto, ma nonostante questo, lo raggiunsi.

Unconditionally mine || Saga HarrisonWhere stories live. Discover now