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Asher

Sbuffai quando per l'ennesima volta fui obbligato a leggere la stessa riga del manuale di patologia generale. Ripensavo e ripensavo a ciò che era accaduto alla sera prima. Dopo averla riaccompagnata e dopo essermi assicurato che bevesse molta acqua prima di entrare, ero tornato a casa. Ero un fascio di nervi e più i minuti passavano più sentivo l'energia crescere. Per calmarmi avevo iniziato a studiare un nuovo capitolo di patologia generale, sapevo che se avessi riportato il pensiero a ciò che era successo in quel dannato corridoio dello Zero sarebbe stato ancora più difficile. Ma quando nemmeno i processi degenerativi intracellulari e della matrice extracellulare riuscirono a distrarmi, ero sceso al piano inferiore, in palestra, e avevo iniziato a fare una serie di addominali, poi ero passato ai pesi, fino ad avere il fiato corto.
Avevo smaltito le due birre che avevo bevuto e riacquistato la lucidità, perciò ero tornato in camera per farmi una doccia. Fu breve e con acqua fredda, anche il minimo contatto con il calore mi avrebbe eccitato. Finalmente mi ero messo a dormire e, di nuovo, per controllarmi mi ero steso a pancia sotto.
Il silenzio e la tranquillità, però, sono la culla per i pensieri e i ricordi. Chiudendo gli occhi trovai subito traccia di quello che era accaduto e stanco sia fisicamente che mentalmente, mi ero abbandonato al pensiero. Sentivo di nuovo il suo respiro irregolare su di me, la sua mano che con un'inconsueta disinvoltura si era poggiata sul mio petto, aveva sfiorato il mio collo ed era scesa sul mio addome... Tutto quello che le avevo detto, prenderla lì, in quel bagno...
Sentii l'erezione spingere contro il materasso. Alla fine non ero riuscito a chiudere occhio senza prima sfogarmi pensando a lei.

Avevo sperato che fosse abbastanza per placare la brama, ma il mattino dopo mi ero svegliato infastidito e insoddisfatto. La mente continuava ad essere altrove nonostante gli impegni e le faccende che Aidan mi aveva commissionato quel giorno.

«Hai decriptato il sistema di sicurezza?» mi chiese lui affacciandosi nel mio ufficio. Chiusi il grande manuale di patologia e scossi il capo.
«Non ancora» schiarii la voce sistemandomi sulla sedia.
Lui mi studiò silenziosamente, poi entrò nella stanza.
«Hai riniziato a studiare?» chiese avvicinandosi a me.
«No, davo solo un'occhiata» mentii.
Un anno prima avevo deciso di smettere di studiare per portare avanti il lavoro. Eravamo sempre coinvolti in operazioni senza preavviso, mi ritrovavo la maggior parte delle volte a dover interrompere una sessione di studio per venire in ufficio a coprire le spalle ai miei fratelli. Quando tornavo a studiare però, dovevo iniziare tutto da capo. Avevo dovuto rimandare alcuni esami, perciò alla fine scelsi di sospendere gli studi.

Di sera o nei momenti di noia però, sentivo il richiamo degli stessi libri, così per placare la curiosità degli argomenti che avremmo trattato a lezione, avevo ripreso a studiare nel tempo libero.

«Lo sai che non sei obbligato a stare qui.» disse.
Quando mi ero diplomato ed ero entrato ad Harvard subito dopo, mi aveva detto che se avessi scelto di fare altro non sarebbe stato un problema. Lui sapeva meglio di tutti quanto quello di diventare un medico fosse un sogno che mi portavo da quando ero piccolo e mi disse che la scelta spettava solo a me. Ma me lo disse lo stesso giorno in cui trovammo la lettera che papà aveva consegnato al giudice Anthony per non rappresentare gli Williams. Avevamo appena trovato il movente per l'omicidio di nostra madre, una speranza che giustizia fosse fatta, e non mi sarei tirato indietro.

«Lo so e se non volessi stare qui, me ne andrei» affermai con voce piatta.
Lui fece un cenno con il capo e si voltò.
«Stiamo per iniziare l'allenamento.» m'informò uscendo.
Buttai fuori l'aria dai polmoni. Con Aidan non avevo più lo stesso rapporto. Prima che partisse per l'esercito era quello con cui andavo più d'accordo fra i miei fratelli. Comprendeva la mia riservatezza e a volte quando io avevo 12 anni e lui 17, passavamo del tempo insieme leggendo i nostri libri. Ricordo che lui fosse un vero appassionato di quei romanzi storici di guerra, mentre io già leggevo libri sull'anatomia e la biologia. Ce ne stavamo nell'ufficio di nostro padre, nelle poltrone davanti alla scrivania, dietro cui sedeva nostra madre, impegnata al computer. Poi ogni qua e là io gli mostravo le immagini del mio libro che facevano ridere e lui mi mostrava quelle di corpi decapitati da spade o ghigliottine. Ero piccolo e non sapevo che se avessi fatto il medico avrei visto di peggio, ma quelle foto mi davano il voltastomaco. Quando la mamma si accorgeva del mio volto pallido e verdognolo iniziava a riprendere Aidan ancora scosso dalle risa per il mio disgusto.

Unconditionally mine || Saga HarrisonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora