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«Che diavolo state facendo qui dentro?!» gridò il bidello «Fuori di qui!»
Asher mi trascinò fuori trattenendo le risate. La campanella suonò e in un istante il corridoio si riempì di volti giovani.
Percorrendo l'uscita mi scontrai con una ragazza.
«Scusami.» dissi in fretta seguendo Asher. La giovane dai capelli corvini e gli occhi verdi, mi rivolse uno sguardo effimero, prima di scomparire fra la folla. Aggrottai le sopracciglia accorgendomi di quanto somigliasse a Shailene.

Il cellulare di Asher squillò proprio mentre ci stavamo dirigendo verso la sua auto.
«Sì.» rispose cupo.
Mi rivolse, durante la telefonata, alcune occhiatine.
«D'accordo, sarò lì fra pochi minuti.» replicò. Si avvicinò a me per aprirmi la portiera dell'auto «Ho da fare a lavoro.»
«Sì, l'avevo capito.»
Sospirai accingendomi ad entrare in auto, ma lui, come la sera del gala, si interpose fra me e il posto, facendomi scontrare con il suo petto.

«Dovresti smetterla di farlo.» replicai infastidita.
«Non smetterò» disse «Stasera, abbiamo una cena in programma ricordi?»
«Certo che lo ricordo, piccoletto.» affermai cercando di provocarlo.
Lui accennò una smorfia infastidita «Se non la smetti di chiamarmi con quell'odioso nomignolo, penso che farò valere le mie idee di maschilista suprematista bianco.»
«No, forse intendi dire, di piccolo principino viziato.» continuai.
«Bucaneve.» disse grattandomi le pareti dello stomaco con quel tono di voce.

«Ti vengo a prendere alle 19, piccoletto.» dissi cercando di mantenere l'aria provocatoria.
«D'accordo...» affermò tirando un sorriso «...ma tu dovrai fare una cosa per me.»
«Ovvero?» chiesi.
Lui passò i suoi occhi sulla mia mascella, poi sul collo e si fermò sul mio petto. Deglutii cercando di tenere per me la vampata di calore. Si piegò sul mio collo, lo sfiorò con le labbra risalendo sino al mio orecchio dove sussurrò con voce roca: «Stasera devi indossare l'abito verde per me.»

Sussultai.
«Q-quale?» cercai di dire, anche se sapevo bene a quale si riferisse.
«Quello che avevi la sera del gala» continuò al mio orecchio. Il suo alito caldo si scontrava con la mia pelle provocandomi brividi su brividi. Il suo profumo stava torturando la mia mente, inibendo la mia ragione.

«Quello che ti accarezza qui...» fece scorrere un dito alla base del mio collo fino ad arrivare poco sopra il mio seno, dove si fermò «...e stringe qui» bisbigliò posando una mano sotto il costato e stringendo un po', portai in risposta il petto in avanti.

Trattenni il fiato e dovetti poggiarmi allo sportello dell'auto per non perdere l'equilibrio.
«V-va bene.» farfugliai.
«Il piccoletto ora ti riporta a casa.» disse soddisfatto di avermi destabilizzato.

Prima di entrare in auto, dovetti schiarire la voce e persino darmi un pizzicotto sul torso della mano per ricompormi.

Come la sera del gala, avevo fatto avanti e indietro davanti al letto per almeno un'ora. Ero nervosa, molto nervosa a dirla tutta. Per lo meno durante il gala non avevamo dovuto passare tanto tempo insieme. Quella sera invece, saremmo stati soli. Ufficialmente, era un primo appuntamento, ma tenni ben alla larga dalla mia mente quell'etichetta prima che avessi un crollo nervoso.

Come mi aveva chiesto, avevo indossato l'abito verde e mentre lo stavo infilando non ero riuscita a non pensare alle sue mani che avevano sfiorato il mio corpo quella mattina. Paradossalmente, mi resi conto che quel pensiero o il pensiero delle sue labbra, mi rilassavano, spingevano via il nervosismo.

Dopo ciò che era accaduto la mattina, avevo svolto le mie commissioni. Avevo chiamato il mio tutore di Harvard per parlare degli studi in cui andare, controllato le email e organizzato il programma delle Femministe.
Avevo impiegato più impegno nel mantenere la concentrazione che fare le faccende stesse. Mi chiesi più volte, con un dolore lancinante alle tempie, se da quel momento in poi sarebbe sempre stato così, se Asher sarebbe stata una distrazione alla mia carriera. E quel dubbio si trasformò in preoccupazione.

Unconditionally mine || Saga HarrisonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora