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Una settimana. E ancora la lettera/mail di Harvard non era arrivata. La speranza era sempre più debole, tant'è che un pomeriggio avevo fatto il giro della città per cercare un possibile lavoro. Mi accorsi con sgomento che in Vermont non c'erano molti luoghi dove era richiesto personale della mia età e quelli in cui era chiesto erano fabbriche siderurgiche che preferivano personale maschile come operai. Quando il capo reparto mi aveva rivelato questa loro selezione avevo mutato atteggiamento. A quel punto mi importava ben poco del lavoro.
"E perché proprio gli uomini?" gli avevo chiesto.
"Signorina, gli uomini sono più predisposti per natura per questo tipo di lavoro, non credo che una donna, soprattutto della sua età, possa riuscire a resistere a certe temperature e a certi carichi" spiegò lui con convinzione "E poi se dovesse avere una gravidanza, voluta o meno, dovrei sostituirla, i costi sono molto alti. Mi scusi non è discriminazione, sono questioni pratiche."
Mentre l'avevo ascoltato parlare, avevo annuito comprensiva, anche se di comprensibile c'era ben poco.
"Lei nasconde la discriminazione dietro alla scusa delle questioni pratiche. Ha davvero testato quanto una donna possa resistere al calore? E poi chi le ha detto che voglio un bambino?!"
L'uomo aveva cercato di ribattere, ma io ormai avevo perso il senso della ragione, come accadeva sempre quando si parlava di scorrettezze sociali.
"Lasci che le dica che partire già con il pregiudizio per cui una donna in quanto tale prima o poi avrà un figlio è pura discriminazione. Lei dovrebbe considerarmi come persona, dovrebbe stipulare un patto di prova con me e vedere con i suoi occhi se non posso sopportare le temperature e i carichi. Non siamo tutti uguali. Comunque, grazie per aver speso del tempo con me."
Prima che l'uomo potesse replicare me ne ero già andata. Nel cammino verso casa poi riflettei e mi accorsi che la mia reazione era stata esagerata, che non potevo condannare quell'uomo perchè applicava un criterio di selezione imposto dall'azienda. In un secondo momento pensai che se mai fossi divenuta un avvocato avrei certamente denunciato l'azienda per discriminazione. Come potevo cercare lavoro se pensavo ad essere un difensore?

Premei il pulsante del citofono.
«Sì?» rispose Rosa.
«Ciao Rosa, sono Ang.» dissi solo.
«Ciao Ang, dimmi.»
Aggrottai le sopracciglia confusa. Non avevo mai avuto bisogno di spiegare la motivazione per il quale mi trovavo lì al citofono. Mi conosceva ormai da anni, sapeva che quando andavo a casa loro era per passare del tempo con Jas.
«Ehm, c'è Jason?» chiesi.
«No, mi spiace, è impegnato con Aidan e tutti gli altri quest'oggi.»
«Okay, quando posso trovarlo?»
«Domani verrà sicuramente a scuola.» a quel punto capii che non voleva che entrassi e nemmeno che mi ripresentassi un'altra volta. Sentii uno strano peso allo stomaco.
«Va bene, grazie, ciao Rosa.» le sorrisi sul video del citofono nonostante le sue parole mi avessero incupito.
Quando stavo per raggiungere la fermata dell'auto intravidi un uomo in giacca e cravatta con un distintivo.
«Salve.» mi salutò procedendo verso il cancelletto.
«Salve.» risposi titubante.
Stava accadendo qualcosa e non ci sarebbe stato nulla di male, perché a casa Harrison succedevano sempre cose strane, ma mai prima d'ora ne ero rimasta all'oscuro.
C'entrava di sicuro il ritorno di Aidan.

Quella stessa sera, andai all'incontro con le Femministe Dei Bassi Fondi. Volevo sfogarmi per l'episodio di maschilismo che avevo subito e avevo bisogno di distrarmi dalla costante preoccupazione che vedeva coinvolti gli Harrison. Jason non si faceva vivo da un po', il che mi sembrava molto più che strano.
«Buonasera!» ci salutò con entusiasmo. «Abbiamo alcune interessanti novità.»
Ci sedemmo nelle sedute posizionate a cerchio, al centro della palestra.
«Angelica ha ottenuto più voti al liceo per portare il tema che l'abbiamo aiutata a ideare. Questa sera, se non faremo tardi con i racconti della settimana potremmo darle una mano a pianificare i dettagli dell'evento» tutte mi guardarono e applaudirono. «Poi altra fondamentale notizia. Questa settimana, una ragazza della stazione di polizia, mi ha detto che le denunce, per mezzo del sistema che abbiamo proposto per segnalare violenza domestica sono aumentate incredibilmente. Quindi l'idea funziona, dobbiamo solo portarla avanti.»
La sorella fece il giro per distribuire un foglio.
«Quello che vedete è un ulteriore idea per proteggere le donne vittima di violenza. Abbiamo pensato di far installare, su richiesta, dei piccoli apparecchi elettronici per chiamate rapide. Si tratta di un joystick con un pulsante rosso con il segnale Gps.» ci mostrò il piccolo apparecchio in foto «Saranno collegati ad un computer con una mappa della città, ogni volta che viene azionato sulla mappa si vedrà un punto rosso lampeggiante. La polizia ricevuto l'indirizzo, interverrà.»
«Quindi collaboriamo con la polizia?» chiesi.
«Stiamo cercando di convincerli, ma lo sceriffo della contea non sembra essere favorevole a questa idea. Dice che se una donna vuole denunciare, lo fa senza problemi.» disse con sgomento.
«Se manifestassimo?» propose una ragazza.
«Ci stiamo pensando, ma in questo modo creiamo un clima di astio e saranno meno propensi ad accettare. Per non parlare del fatto che gli esecutori di queste donne violentate, potrebbero impedire apertamente il progetto.»
«Dobbiamo fare in modo che il progetto divenga realtà, prima che qualcuno si opponga e ne impedisca lo sviluppo concreto.»
«Non credete che potremmo violare la privacy?»
«È come un cellulare, ma solo con una funzione e poi ovviamente chi ne vorrà prendere uno dovrà firmare un modulo.»
Così continuammo a proporre delle idee perché il progetto potesse prendere vita. Poi Raya e un'altra ragazza mi diedero una mano a stilare possibili giochi e scambi di ruolo al ballo di fine anno, in modo che il tema si sviluppasse per tutta la serata. Mancava davvero poco al ballo e non sapevo se sarei riuscita ad organizzare ogni cosa in tempo, ma speravo che, nonostante tutto, il tema portasse cambiamento nel sistema della scuola.

Unconditionally mine || Saga HarrisonWhere stories live. Discover now