11. SOLO UNA FACCIATA?

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Riva prestò particolare attenzione alla melodia acustica della mia chitarra che accompagnava il testo della canzone. Mi chiese di suonarla più volte in modo da imprimerla bene nella sua mente, per poi provare a canticchiarla a ritmo di quegli accordi. Mi costava dirlo, ma la sua voce mischiata a quella melodia era soave. Sembrava che quel brano fosse stato creato su di lui, su misura per la sua tonalità e il suo graffio vocale. Era davvero bravo, aveva un talento naturale, ma non glielo avrei mai detto ovviamente.

«Mi piace come suona» disse non appena terminammo l'ultima prova. «Conoscendo il vero significato riesco di più a sentirla mia e a esprimere le tue sensazioni. A te come sembra?» aggiunse poi.

«Sembra che sia ok» feci spallucce.

«Ok? Ti sembra solo... ok?» alzò un sopracciglio.

«È come dovrebbe essere, Riva. Non so cosa ti aspetti che ti dica» risposi acida.

«Tu sei la ragazzina più antipatica che esista» disse calmo e pacato.

«Felice di esserlo per te. Ora andiamo avanti?» lo spronai. Lui roteò gli occhi.

«Va bene, mocciosetta. Scriviamo questo bridge» si voltò verso la scrivania prendendo carta e penna. «Avrei pensato a un'idea per questa parte del brano. Cosa ne pensi se provassimo a inserire qualcosa di positivo, come ad esempio una soluzione per questo "problema"? Ci vuole speranza, sempre e comunque» propose. L'idea non era male, e più o meno quello era anche il mio pensiero.

«Metti giù qualche riga, Riva. Vediamo».

«Dovresti prima suonarmi la parte del bridge, in modo da adattare le parole alla musica».

E fu ciò che feci. Gliela suonai e gliela risuonai mentre lui scriveva su quel foglio che da bianco si colorò di inchiostro blu e di tante parole. Lui era concentrato su quel pezzo di carta e io sul suo viso, sulla perfezione di quel profilo, sull'armonia delle sue linee, sulla profondità di quegli occhi- Ma a cosa stai pensando?! Ma ti è andato di volta il cervello?!

«Perché ti sei fermata?» si voltò a guardarmi perplesso.

«Uh?! N-niente, m-mi ero distratta» scossi la testa incespicando. Sì, avete capito bene. Avevo appena incespicato.

«Sei strana».

«Oggi sei in vena di complimenti, eh, Riva?» dissi ironica.

«Quando riguarda te il cuore trabocca sempre di frasi del genere, Valente» si mise una mano sul cuore stando al gioco. «Allora, vuoi sentire cosa ho scritto?».

Feci spallucce.

«Eloquente come sempre, Miss». Gli feci una linguaccia a quelle parole. Linguaccia che si guadagnò una risata di gusto da parte sua. Che aveva da ridere? «Non so se ridere o piangere quando fai queste cose» continuò a ridere tenendosi lo stomaco. Roteai gli occhi. Quando avrebbe finito ero lì. «Ok, ok... ti leggo i sei versi che ho scritto:

"E se dovessi aprire questo cuore

Facendo entrare mille sensazioni

Potrei scacciare via questo dolore

Che attanaglia la mia mente

Che non mi permette di vivere la vita

Così come andrebbe vissuta"».

Terminò guardandomi attentamente in attesa del giudizio supremo. Mi passò poi il foglio in modo da farmi studiare quelle parole. Quasi non sentii che aveva iniziato a parlare.

«Aprire il tuo cuore potrebbe essere una soluzione» sussurrò. Scontrai i miei occhi coi suoi. «Tutte quelle cose che pensi ti chiudono la mente e non ti permettono di fare le tue esperienze. Questa vita va vissuta al massimo, Valente. Ne abbiamo una sola. Non possiamo sprecarla. Soprattutto tu non puoi sprecarla. Hai la fortuna di vivere in una famiglia unita, forte-»

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