30. UNA DUPLICE VENDETTA

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La mia testa era pesante e confusa. Volevo aprire gli occhi, volevo davvero farlo, ma non ci riuscivo. Però sentivo tanta confusione attorno a me, come se ci fosse una folla inferocita. Riuscivo a sentire delle voci, ma dovevo mettere bene a fuoco con le orecchie per capire cosa stessero dicendo. Concentrati, Marzia... forse riesci a distinguerle se ti sforzi...

«Che diavolo significa che vi fidavate di quel tizio, eh?! Ma ti rendi conto, Tiziano?! Io ti ho affidato mia figlia! L'unica cosa che dovevi fare era tenerla alla larga dalle persone pericolose, e invece tu che fai?! Questa è la terza volta che sbagli! Bravo!». Quella era la voce di... papà?

«Sembrava un tipo a posto, zio! Non sembrava uno che va in giro a drogare le ragazze e a drogare sé stesso! E comunque una lezione l'ha avuta!» rispose la voce di mio cugino Tiziano. Una... una lezione? Di cosa... di cosa stavano parlando?

«Quindi credi che i tuoi errori siano stati assolti dal tuo prendere a pugni quel buono a nulla? Ti ricordo che se Andersen non fosse arrivato in tempo, mia figlia sarebbe morta in quel pub di overdose». Ma... ma... overdose?!

«Non serve a nulla scaldarsi così tanto ora» intervenne una voce familiare... era... mio cognato Axel? «Vi ricordo che stiamo aspettando che anche il giovane si riprendi e che possa raccontarci tutto. Picchiarlo in quel modo mentre non era ancora in sé è stato un gesto avventato e poco maturo, Tiziano. Tenete presente che ho ricevuto la chiamata proprio da lui e mi sembrava molto spaventato anche quando sono arrivato. Non affrettiamoci a dare conclusioni affrettate». Non ci sto capendo nulla...

«Credo che Axel abbia ragione. Alves non sembra un cattivo ragazzo, posso affermarlo anch'io...» disse una voce che somigliava a quella del Dondavide.

«Non mi fido mai dell'opinione dei Romano. Andersen, resta qui con Marzia mentre vado a controllare se Chloe si è ripresa. Ha avuto un brutto crollo quando ha saputo della cosa. Per ora non raccontare nulla a Mia, nel suo stato sarebbe pericoloso. E tenetelo all'oscuro anche di Melissa. Stravolgerebbe l'intero ospedale».

«E Junior?».

«Si chiama Marco. E comunque gli parlo io. Dovrà tenere a bada Iflah».

Volevo aprirli, davvero volevo aprirli e capire cosa stesse succedendo, ma i miei occhi sembravano essere incollati, maledetti! Le ultime cose che ricordavo erano le prove con la band e il mio essere andata con Alves- aspettate! Alves! Francisco Alves, alias Chico! Stavano parlando di lui poco fa? E perché mai Tiziano lo ha picchiato?! Noi eravamo semplicemente andati in un pub a mangiare un buon panino e a chiacchierare da buoni amici in attesa che arrivassero gli altri!

E poi una mano si poggiò sulla mia.

«Mi hai spaventato molto, cognatina. Mi è sembrato di rivivere quei momenti passati quando fui costretto a tenere la mia sorellina senza vita tra le braccia. A un certo punto sembravi essere così fragile, come se non avessi più vita in te, e non mi sarei mai perdonato se tu non ce l'avessi fatta. Ti avrei strappata alla morte se ne fosse stato necessario. Sei cocciuta, testarda, arrogante, ma io ti voglio bene così come sei. Siamo molto simili, sai? È per questo che ti considero come una sorella minore. Perciò vedi di star bene che vogliamo sentire presto la tua musica sui palchi» furono quelle parole calme, gentili, dette dalla bocca di Axel Andersen, marito di mia sorella, a farmi sentire un calore al cuore, come se non fossi sola, non più.

SBAM!

«Axel! Axel, devi assolutamente vedere questo!» e non ebbi modo di sforzarmi di aprire gli occhi che probabilmente Tiziano entrò di scatto rivolgendosi ad Ax.

«Che diamine succede?!».

«Abbiamo appena controllato la nostra posta elettronica e ci è stato inoltrato un video da un indirizzo sconosciuto...». Ma questa è la voce di Maria Grazia...

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