20. RITORNO A MILANO

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Diciamo che per mio padre "parlare col poliziotto" eguagliava a "minacciarlo". Sì, minacciò ognuno di loro che li avrebbe fatti licenziare e non avrebbe fatto più trovar loro lavoro se non gli avessero detto chi aveva parlato coi reporter di ciò che era accaduto a sua figlia. Con l'aiuto di zio Yago, venne fuori che un giovane poliziotto di turno la notte prima si era fatto pagare da una testata giornalistica, e poi anche dalle altre, per quell'informazione esclusiva. Meglio non dirvi quante belle cose gli disse mio padre.

Per quanto riguardava Riva, fummo portati in un ufficio a testimoniare. Fummo ascoltati a turno prima Davide, poi Tiziano, la Prof Cristiano e infine io, tutti testimoni di quella gita scolastica. Loro riuscirono a provare che Gabriel Riva era un alunno in gita scolastica — la prof provvide anche i documenti che ne attestavano la partecipazione al viaggio — mentre io dovetti spiegare passo passo tutti gli eventi di quella notte fino al momento della "cattura". Dovevo dire che quel poliziotto di turno era meno cattivo dell'altro e fu più incline ad ascoltare e a credere alle mie parole. Segnò tutto sul suo computer per poi chiamare dentro tutti gli altri.

«Allora, stando alle testimonianze il ragazzo non sembra essere un criminale. Non so nemmeno come si sia trovato dietro le sbarre, ma qualcosa deve aver insospettito i miei colleghi in modo da non credere alla testimonianza della Signorina Valente» spiegò lui.

«Credo di sapere cosa sia» intervenne mio padre col tono più glaciale che avessi mai sentito. Di scatto mi voltai a guardarlo e lo trovai mentre mi fissava in maniera macabra. Oh oh, cos'è successo ora?

«Detto ciò, non vedo motivi per trattenere il giovane Riva un minuto in più. Lascio alla Signora Cristiano la carta del rilascio visto che è la responsabile del viaggio e, se attendete fuori, tra circa dieci minuti il ragazzo vi raggiungerà» continuò il poliziotto ignorando lo sguardo omicida che mi stava rivolgendo papà.

Ci alzammo tutti per avviarci all'uscita dello stazionamento quando papà mi si avvicinò all'orecchio intimandomi di seguirlo. Deglutii nervosa mentre lo seguivo verso un angolo dell'edificio. Quando ci fermammo lo trovai intento a lanciarmi tante simboliche freccette infuocate con gli occhi.

«Uhm... sì?» provai a spezzare quel silenzio insopportabile. Fortuna che non ci mise molto a rispondere. Solo due minuti e trentadue secondi.

«Chi stava baciando chi?» andò dritto al punto facendomi sgranare gli occhi.

«Uhm... d-di c-che stai p-parlando?». Marzia, se incespichi in questo modo capirà!!!

«Non prendermi in giro in questo modo, cucciola di papà, altrimenti non rispondo delle mie azioni. E queste mie azioni potrebbero includere un certo Riva» mi intimò. Deglutii nuovamente.

«Papà, non è come-»

«Vorresti dire che anche qui i poliziotti hanno frainteso mentre invece eravate solo seduti vicini in modo da riscaldarvi per colpa del freddo?» mi fissò pericolosamente. Abbassai lo sguardo non sapendo cosa rispondere. «Voglio sincerità e onestà, Marzia. Non mi piacciono le bugie» aggiunse poi vedendo la mia reazione.

«Cosa faresti se ti rispondessi che sì, un bacio c'è stato?» sussurrai a stento guardandolo appena.

Ci fu un silenzio anomalo, non di quelli assassini o partorienti. Non sapevo in realtà com'era.

«Ti piace quel tizio?» chiese invece spiazzandomi completamente.

«No!!!» esclamai con più voga del necessario.

«Quindi baci persone a caso. Brava, Marzia. Tua sorella Melissa ti ha insegnato molto» fece un finto applauso.

«Cioè, non in quel senso! E poi se non ricordo male Mel baciava i ragazzi che le piacevano...».

My Schoolmate - Il Mio Compagno Di Scuola ✔️Where stories live. Discover now