Possiamo parlare?

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Molly

Poso il libro che sto leggendo sul comodino, me l'ha regalato mia madre e parla di botanica.
Mi ha riaffirato troppi ricordi sgradevoli, soprattutto su di lei.
Faccio un sospiro profondo, intenta a cancellare quegli scenari dalla testa.
Qualcuno bussa alla porta.
Mi chiedo chi possa essere a quest'ora.
Probabilmente sarà mio padre che è venuto per augurarmi la buonanotte.

"Avanti" Rispondo.

La porta si spalanca e io rimango senza parole.
Quello davanti a me non è mio padre.
Nicholas è in piedi sulla soglia, appoggiato contro lo stipide e con le braccia conserte, incerto se entrare.
La mia espressione è indecifrabile, perfino per me.
Non so cosa provare, se rabbia per avermi mentito oppure rimorso per non essermi scusata riguardo a quel giorno.

"Che cosa ci fai qui?" Dico con tono sprezzante, forse più del dovuto.

"Possiamo parlare?" La sua voce esprime tristezza, eppure non si decide a varcare la soia.
Sta aspettando il mio permesso.

Abbasso lo sguardo sulle mie mani incrociate, inizio a stuzzicare una pelliccina.
Non so se dovrei lasciarlo entrare.
Da una parte sembra la scelta più ragionevole da fare, dall'altra sono ancora ferita dal suo comportamento.
Dopo qualche secondo di esitazione, faccio un leggero cenno del capo per invitarlo ad attraversare quel confine invisibile che si era appena creato.
Dopotutto è pur sempre mio fratello.

"Grazie" Si richiude la porta alle spalle e si siede sul bordo del letto.

"Di cosa volevi parlare?" Chiedo titubante. Continuo a tenere la testa bassa.

"Volevo scusarmi con te per averti mentito" La sua mano si posa delicata sulla mia.

Quando eravamo piccoli e litigavamo, lui era sempre il primo a scusarsi.
Entrava in camera mia e mi accarezzava la mano per comunicarmi che era sincero.

"Perché mi hai mentito?" Lo aggredisco, questa volta a testa alta.

Tira un sospiro profondo, sembra che stia cercando le parole giuste per non farmi soffrire troppo.
Mi chiedo perché sia così difficile parlarne per lui.
Chissà cosa sta nascondendo.

"Sai..." I suoi occhi nocciola mi guardano colpevoli.

"La sera prima di quella giornata, io e papà abbiamo avuto una discussione accesa" Deglutisce con forza.

Oh no.
Conosco le loro discussioni accese.
Le conosco fin troppo bene.
D'istinto gli guardo la guancia, sperando di non trovarci segni.
Fortunatamente non ci sono.
Un dubbio prende forma nella mia mente e, anche se provo ad accartocciarlo, rimane lì fisso.
Ho quasi paura a proferire parola.

"Ti ha picchiato?" Temo la risposta alla mia domanda.

Perché le domande devono sempre ricevere una risposta?
Non sarebbe più semplice vivere nel dubbio costante?
Dimenticare tutti i problemi e non crearne di nuovi.
Scordare tutti quei momenti in cui qualcuno ci ha ferito dandoci una risposta sincera, ma al tempo stesso dolorosa, alle nostre insinuazioni.

Nicholas non risponde, punta lo sguardo sulle nostre mani unite.
Il suo silenzio provoca un peso invisibile sul mio petto, un brivido mi percorre la schiena.
Stacca la mano per posarsela sulla maglietta e afferra il bordo, non alzandola del tutto, quel tanto che basta per farmi vedere un taglio profondo.
Si trova sullo stomaco, sarà grande circa cinque centimetri, data la sua condizione sembra che stia guarendo.
Con le dita provo a sfiorarlo ma lui indietreggia e lo ricopre con la maglia.

"È stato lui a farti questo?" Ho la voce che trema.

Annuisce, prima di raccontarmi tutta la storia.
Un storia che non avrei mai voluto sentire.

"Era sera e stavamo tornando a casa, mi aveva chiesto di accompagnarlo ad un evento 'padre e figlio' della sua azienda"

Ecco perché mercoledì sera avevo sentito un cigolio provenire dalla porta e lo avevo trovato davanti camera sua.
Eppure nostro padre non era rincasato.

"Allora come ti sei fatto quel taglio?" Domando per spronarlo a continuare.

"Quando ha parcheggiato nel vialetto, Paula lo ha chiamato dicendogli che tu avevi accettato a partecipare ad un evento organizzato da Victor" Smette di parlare per riflettere su quel giorno.

Ripensare a quell'evento mi fa male al cuore.
Se mi concentro, riesco ancora a percepire le sue mani sulla pelle mentre mi percorrevano la gamba e la scollatura, quando mi ha intrappolata tra lui e il muro...
Scuoto leggermente la testa per scacciare quei pensieri.

"Va tutto bene?" Mio fratello si è accigliato.

Sono sicura che, se gli rivelassi di quella sera, lui smetterebbe di aprirsi con me.
Sarebbe arrabbiato, come è giusto che sia, però non mi racconterebbe più di quel taglio agghiacciante.
Così annuisco e lo invito a continuare il racconto.
Gli rivelerò tutto in un secondo momento.

"Cos'è successo dopo?" Sorrido per convincerlo che vada tutto bene.

"Ho aspettato che terminasse la chiamata e, una volta fatto, gli ho chiesto chi fosse Victor e dove voleva portarti Paula. Mi ha spiegato che Victor è il suo capo e che aveva organizzato una cena a casa sua.
Ha insistito sul fatto che Paula portasse i suoi figli" Stringe i pungni così forte che le nocche gli diventano bianche.

"Così io ho detto che noi non eravamo i suoi veri figli e che non poteva prendere il posto di nostra madre. All'inizio questo non sembrava turbarlo, però poi l'ho accusato di..." Si rifiuta di continuare.

"Di cosa?" Ho bisogno di saperlo.

Non risponde.

"Nick, ho bisogno di sapere di cosa l'hai accusato" Lo sto implorando.

"Gli..." Butta fuori l'aria.

"Gli ho detto che se avesse veramente amato nostra madre, allora non avrebbe accettato di farci passare per i figli di Paula. L'ho accusato di non averla mai amata, di aver tradito la sua fiducia e che ha sempre voluto sostituirla con Paula" Tocca il suo anello.

Se c'è una cosa che non mi sarei mai aspettata di vedere in tutta la mia vita è mio fratello che piange.
Mi si spezza il cuore a vederlo ridotto in questo stato.
Sembra quasi che quando soffre lui, soffra anch'io.

"M-ma come ti sei fatto questo?" Indico il taglio.

"Conosci nostro padre, è stato impulsivo" Gli viene quasi da ridere.

"Ha preso un coltello dal portaoggetti.
È sceso dalla macchina per aprire la portiera vicino al mio sedile, mi ha preso per la maglia e mi ha sbattuto contro la macchina.
Lo imploravo di non farmi del male ma furono tutte parole gettate al vento, impugnò bene il coltello e mi trafisse lo stomaco.
Poi ha estratto il coltello, mi ha lanciato le chiavi in mano e mi ha trascinato davanti alla porta di casa.
Infine se n'è andato, lasciandomi con un foro nello stomaco"

Ora capisco perché quella sera ho sentito solo Nicholas rincasare.
Capisco anche perché si teneva una mano sullo stomaco.
Soffriva, eppure ha deciso di non dirmi niente.
Scoppio a piangere, mi porto una mano alla bocca per soffocare i singhiozzi.

"Vieni qui" Mi trascina tra le sue braccia.

Proprio come facevamo fa piccoli.
Solo che stavolta è lui che deve essere protetto da tutto il male del mondo.
O, in questo caso, dalla violenza di nostro padre.

"Mi dispiace tanto Nick" Lo stringo più forte per fargli capire che non sto mentendo.

"Dispiace anche a me per non avertelo detto prima. Avrei potuto evitarti quella figuraccia" Il suo petto si alza leggermente. Credo stia ridendo.

E così, tra le lacrime e segreti non detti, iniziamo a ridere.
Perché noi due affrontiamo i problemi con il sorriso.
Pur se ci sembrano fuori dalla nostra portata sappiamo che, finché saremo insieme, potremmo superarli.
E così iniziamo a ridere.

la Reina de la NocheWhere stories live. Discover now