Diciassettesima tappa

110 27 41
                                    



- Figlio di contadini, già a nove anni lavorava la terra. Sapeva zappare, accudire polli e tacchini. Amava gli animali attorno cui era cresciuto. E gli piaceva parecchio passare le poche ore libere steso su un prato, magari all'ombra ma anche sotto al Sole, a osservare mentre le mucche sbranavano i fili d'erba. Sapeva far scorrere il tempo lì tra le balle di fieno, accanto al tramonto, meglio di chiunque altro. Con le farfalle che gli danzavano attorno, mentre una docile ape corteggiava i fiori lì davanti.
Ma venne la guerra, venne il fuoco, venne la polvere da sparo. E quell'idillio perso tra i campi si nascondeva vicino al fronte.
Il padrone di quei meravigliosi poderi  fu sicuramente il primo a fuggire. Poi lo seguirono mezzadri e contadini. Ma quel fanciullo, oramai un uomo, non volle andare via. Imbracciò le armi e restò a difendere quanto più amava.
Conosceva quelle colline meglio delle sue stesse mani. E fu un avversario pericoloso per gli invasori. Quelli avevano scatenato il conflitto. Avevano sputato sulla sua terra. Avevano fatto marcire le piante. Avevano ridotto l'innocente grano, biondo figlio del Sole, alla cenere che ricopriva cimiteri e campi da battaglia.
Il fanciullo fece stragi per impedire al nemico di valicare quei territori. Loro non potevano passare. Non ne meritavano il diritto.
Ma alla fine cadde nelle loro mani. Fu catturato e portato al cospetto del generale nemico. Un uomo altezzoso, fiero, che seppe leggere chiaro nel febbrile furore del ragazzo, anima furibonda. Gli propose un accordo. Il fanciullo avrebbe combattuto sotto la loro bandiera, ma ottenuto, alla fine del conflitto, le terre tanto amate. Sarebbero state sue, tutte sue.
Il fanciullo si aspettava di venire giustiziato nel modo peggiore, e rimase stupito dalla magnanimità del generale, quindi accettò.
Passarono i mesi. Volarono gli anni. Il tempo se lo portava via il vento, spesso ce ne dimentichiamo.
La guerra non finiva più. Il generale rideva sotto terra. E il fanciullo stava invecchiando.
Di quel patto lontano, non scritto, non rimaneva nessun ricordo. Solo parole con le ali, che avevano spiccato il volo.
Quindi l'anziano fanciullo decise di mollare lì tutto, anche la speranza di poter tornare a coltivare il suo campo, e se ne fuggì all'estero, in una nazione neutrale.
Quell'uomo non aveva nulla. Niente, se non sé stesso. Ma neanche più quello! Di certo da tempo aveva perduto la ragione, forse tra i suoi ricordi d'infanzia. Perciò dicono che si aggiri sul treno, camminando senza una casa in cui tornare, facendo avanti e indietro tra una tappa e l'altra, nell'attesa che la terra finalmente lo sommerga.

Allora? Le è piaciuta? Per altro noto che il viaggiatore si è svegliato. Buongiorno!
- Buongiorno. - Farfugliò confusamente il viaggiatore, ancora assonnato.
- Sì! L'ho apprezzata molto. Complimenti per l'abilità narrativa, ho da imparare da lei. - commentò l'autista.
- Lei mi lusinga. Ma purtroppo per me è giunto il tempo  di scendere. Arrivederci e buon viaggio!
- Buona fortuna con la sua esibizione!
- Arrivederci, chiunque lei sia. -
E si misero a ridere, mentre il ballerino lasciava il vagone. Avrebbero abbandonato il treno alle sue folli corse anche loro, un paio d'ore più tardi. Per quell'ora il cielo era scuro e coperto dalle nubi.
- Che facciamo? Ci avviamo subito verso Sud con il prossimo o diamo un'occhiata alla città?
- Non lo so. Non credo ci sia un prossimo stasera. Temo sia necessario passare la notte qui.
- E che problema c'è? Dai, saremo al porto entro domani al crepuscolo. Ma occupiamoci del momento attuale. Ho una certa fame, tu no?
- Beh, in effetti sì, ho una bella fame. - La pancia balbettava borbottii sommessi.
- Bene, seguimi, ho un'idea. -
Ed entrarono nelle maestose vie del centro storico, larghe e luminose. Lì, come previsto dagli occhi del viaggiatore, vi erano tante, innumerevoli bancarelle. Sul loro dorso riposavano prodotti alimentari e cianfrusaglie varie. Il viaggiatore, senza dire nulla, tutto immerso in quello che stava facendo, si avvicinò alle merci di uno dei negozianti. Le guardava, le scrutava, perdeva tempo su ogni singolo dettaglio, attirando l'attenzione del vecchio commerciante, smanioso dal bisogno di vendere.
- Salve! Le interessa qualcosa?
- Buonasera, buon uomo. In realtà non sono pienamente convinto. Sarebbe possibile un assaggio?
- Ma certo, viaggiatore, ma certo! Ecco a lei!
- Bene, bene. Questo invece cos'è?
- È un dolce tipico del Sud, dei deserti. Le interessa assaggiare?
- Ma volentieri!
- Bene, cosa mi dice? Lo compra?
- Non saprei. A dire il vero cercavo qualcosa di diverso, ma grazie per la disponibilità. -
E se ne andò lasciando il suo interlocutore a bocca asciutta.
L'autista capì al volo, e, con un minimo di cautela, provò a fare lo stesso. Ripeterono il meccanismo più volte, con più negozianti, e alcune volte si imbatterono in gente più cordiale, altre in affaristi spietati e rudi, arrivando comunque  a fine serata con la pancia piena.

- Mah, se devono vendere almeno si sforzino di cercare un qualcosa di qualità! -

Tornarono in stazione e attesero l'alba su una panchina, al freddo, alla stregua di due senzatetto.
Alle prime luci del giorno dopo presero un treno che veniva verso Sud, fermandosi proprio al capoluogo regionale delle praterie.
Era mezzogiorno quando i due viandanti arrivarono a destinazione, il cielo era limpido e il mare vicino. Dunque si imbucarono, clandestini, su un autobus diretto verso la grossa città costiera di quella zona. Non visti dal controllore ( - Se sono tanto disattenti non se lo meritano lo stipendio - ), scesero a pochi passi dal porto. E si trovarono di fronte ad un mare piatto, beato, e dai colori così vivi da sembrare disegnato con un acquerello.
Andarono a zonzo per l'immenso porto, popolato da tante di quelle navi che ci vorrebbe un intero romanzo per descriverle tutte. Ma tra quelle non trovavano il loro fedele amico pirata. E stavano pensando di abbandonare la missione, di dover cercare un'altra nave, un altro capitano, un'altra avventura, proprio quando si sentirono chiamare, da dietro le loro spalle.
- Ma allora ce l'avete fatta davvero! Complimenti! Congratulazioni! Pensavo giusto di slegare gli ormeggi nel primo pomeriggio . Per fortuna siete qui. Come avrei fatto senza di voi? - E ridendo, i tre salirono sulla piccola caravella.

- Salpiamo? -

Il viaggioOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz