Trentasettesima tappa

9 3 4
                                    

Si trovarono a destinazione e il cielo era buio, uno schermo piatto e senza energie. Il Sole languiva dietro l'orizzonte, nella speranza di ricaricare le batterie e tornare a brillare sotto gli occhi del mondo. Se non si fosse riposato a sufficienza e si fosse alzato tardi, l'uomo non avrebbe esitato a lamentarsi o a regalargli una pessima recensione.

- Ed eccomi a casa! - Il ballerino saltellava e gioiva, contento come pochi possono dire d'essere mai stati.
- Abiti qui? - Titubante, la dottoressa sperava di no. Di fronte a loro e al loro sguardo si stagliava altezzoso un palazzone tozzo e spoglio. Sguarnito di abbellimenti o fronzoli sulla tetra facciata, si presentava col suo disadorno intonaco bianco, ingrigito dalle piogge e dalle grandini. Nelle sue intricate interiora, poteva vantare due o tre centinaia di gracili appartamenti, a giudicare dall'esagerata quantità di finestre, disposte a casaccio e senza ritegno.
- No, purtroppo. - Aggrottò le sopracciglia.
- E ti dispiace?
- Come non potrebbe? Porta rispetto, bifolca. Hai posato i tuoi occhi ignoranti sull'hotel più amato di questa stramba regione. - Le disse con tono insolente.
- Ma è una stamberga! Una stalla dalle pareti tappezzate con il letame sarebbe meno sconfortante!
- Dio ha dato la vista a tutti. Anche a me. Te ne sei dimenticata? Va di moda il minimalismo. Ed è un edificio antico.
- Potevi dirlo prima.
- Tante genti dei tempi lontani hanno speso un giorno o due tra queste mura unte e umidicce.
- Ad esempio?
- I loro nomi non hanno importanza, sono mere minutaglie, dettagli immeritevoli di essere ricordati.
- Allora perché tanto entusiasmo?
-  Sono nato nel ventre di questo albergo. - Ammise a mezza bocca, mentre varcava la porta d'ingresso. 

- Cosa? - Il viaggiatore era rimasto ad ascoltarli bisticciare non curandosi troppo dei loro discorsi. Li vedeva inarcare le labbra e masticare parole, ma non gl'importava di sentirli, quando dovette lasciare il suo torpore,
- Ti pare strano?
- Surreale. -

Il ballerino rise.

- Per quale ragione?
- Tu non sei come chi vive qui.
- No?
- Sono pallidi, sembrano prodotti in fabbrica. Al posto del nome avranno qualche dozzina di cifre scelte alla rinfusa. Tu no. Tu sei mille odori, mille colori in un solo arcobaleno.
- Lo accetto come complimento. -

E si trovarono davanti al volto della receptionist. 

- Avete prenotato?
- Sì! A nome Richard. - Disse il viaggiatore, strizzando un occhio ai due amici.
- La aspettavamo ieri, signore.
- Ho avuto un antipatico contrattempo.
- Sarebbe stato educato da parte sua contattarci.
- Me ne rendo conto e chiedo venia. La camera è ancora disponibile?
- Lo è. Ma il suo prezzo ha deciso di salire. - Sogghignò.
- Naturalmente! Pagheremo al momento del check out. Le dispiace?
- No, ma dovrà concedermi una copia del suo documento.
- L'ho smarrito. Ed ecco la causa del nostro ritardo; ho perso tempo in questura per la denuncia.
- Bene. Penso si possa concedere un'eccezione. - Sbiascicò, pensierosa.

La dottoressa on l'avrebbe mai detto, ma in un paio di minuti piombarono in un'immenso appartamento arredato all'insegna della finezza e dell'eleganza, uno di quelli fregiati con qualche nome illustre del passato. Nel lungo corridoio con cui erano intervallate le camere della suite, v'erano  pareti alte, abbellite dalla sinuosità delle colonne a capitello corinzio, scanalate e accostate al muro, che percorrevano per la bellezza di quattro o cinque metri; bene o male la distanza tra l'una e la successiva. Alla loro sommità si staccavano degli archi , che s'intrecciavano tra loro a formare delle splendide volte a crociera. Dominava il bianco, regnava la semplicità della linea, piegata dalla curva e dallo spigolo a comporre le figure geometriche elementari.   Un solo sottile spiraglio inondava la stanza dal suo fondo, uno spicchio di Sole affacciato dall'unica finestra. Negli spazi tra le colonne si aprivano ampi varchi, da cui si poteva accedere alle varie stanze. Il viaggiatore ne scelse una piccola, disadorna e scarna, arredata con un  letto singolo e nient'altro se non la luce delle candele posate a terra. Potevano essere due dozzine, ovviavano all'assenza di un'apertura sull'esterno. Sull'altra sponda del corridoio si nascondeva una biblioteca, anch'essa immersa nelle profondità del buio, da cui emergeva qualche umile lume solitario. Le altre due camere erano invece ariose e luminose, speculari tra loro. Un'unica grande volta, retta da due colonne per lato, s'accartocciava sul soffitto. E v'erano due finestre, ma private del vetro, delle tende e dell'armatura. Erano semplici fessure nel muro, larghe non oltre qualche spanna, dalla forma d'un rettangolo sormontato con un gracile arcata.

- Dal di fuori non avrei immaginato nulla di tanto grazioso. - La dottoressa era stupita, ammaliata da quello che gli occhi  le riferivano.
- Hai  tirato le somme troppo presto. L'architettura da queste parti funziona così. L'edificio più bello è quello in cui mai poseresti un piede. - Le spiegò il ballerino. E lei riprese: - Viaggiatore, come pensi di poterti permettere un alloggio del genere?
- Facile, non posso. -

Il viaggioUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum