Trentottesima tappa

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- E viaggiatore, come pensi di uscire di qui, senza aver pagato?
- Non lo so. Ci penserò quando vorrò andarmene.
- Tante volte dubito della tua sanità mentale.
- Lo so, cara. Lo so. - E si ritirò in camera. Non lo videro per un po', ma lo sentirono russare, comodo sul suo letto. L'eco dei suoi rochi sospiri si spargeva per l'appartamento. Gli altri due stavano nella stanza del ballerino, a giocare a carte seduti sul letto. Avevano trovato quei tarocchi curiosando nella gracile biblioteca. Era un mazzo bizzarro, riempito con disegni di demoni e devoti cavalieri di epoche passate. Non sapendo bene cos'altro fare, s'inventarono su due piedi un gioco. E parlavano dei problemi loro.

- Davvero sei nato qui?
- Sì.
- Non mi sembra un buon posto per farlo?
- Esiste un buon posto per nascere?
- L'ospedale?
- Forse. - Rise.
- Ho vinto! - Esultò, gettando tra le altre l'ultima carta della sua mano.
- Imbrogliona!
- Cosa stai insinuando?
- Hai barato!
- Non puoi pensarlo!
- Certo! Ti ho vista!
- E quando?
- Hai rubato punti dal mio mazzo!
- Non sai proprio perdere. 
- Forse. - Sospirò. - Mi concedi la rivincita?
- Certo! Batterti mi fa sempre piacere! -

Rimasero lì per il resto della notte. I minuti si susseguivano rapidi, scivolando tra le loro dita. Non avendo un lampadario, dovettero rapire un paio di candele al viaggiatore. A lui di certo non sarebbero servite.

- Non è furto se si prende in prestito! -

Non ci volle molto affinché si stancassero delle carte. Tuttavia, non cedettero  al sonno.

- Non voglio dormire!
- Dottoressa, è tardi. - Sbadigliò. - Sono stanco.
- È un tuo problema.
- Lo so.
- Raccontami una storia.
- Una fiaba?
- No! Stolto, ti sembro una bambina? -

La strinse nel suo sguardo, cingendola con i suoi occhi.

- Ne so qualcuna. - Disse, imbarazzato.
- Il viaggiatore me l'ha raccontato!
- Dormiva! Avrà sentito una frase o due, se non meno.
- Mi metti curiosità, così! Dai, dopo dormirai.
- D'accordo.

Sai del trafficante di monete? Se ne nominano spesso le bravate. Eppure, nessuno è certo di averlo mai visto in faccia! Dicono che abbia una barba folta e lunga, irsuta, peli sui peli, il naso storto e le guance gonfie. Altri affermano di averlo incontrato, profumato e curato, rasato e accoccolato nelle maniche di un abito signorile. Ma sono quei sapientoni che si divertono a diffondere bufale. Personalmente, li ignoro.

Pare sia il figlio d'un pirata, degno erede di una stirpe di pazzi. Suo nonno navigava sul legno e rapinava le flotte mercantili, lui viaggia sulle ferrovie. Tra un treno e l'altro, raccatta da terra quanto trova. Che siano soldi di rame, d'argento o caramelle, lui piglia tutto. La sua collezione non ha limiti. In anni di attività, ha messo su un patrimonio incalcolabile. Sussurri senza signore bisbigliano cose insane, insensate. Si parla di migliaia di migliaia di monete, di pezzi rari, introvabili. L'anno scorso, la polizia provò a scovarlo. Non per catturarlo, non è un criminale, ma per pura curiosità, per capirlo, lui e i suoi segreti.

Indovina? - Si fermò a sbadigliare. - L'indagine fu un buco nell'acqua. - Concluse, assonnato.

- Quindi?
- Quindi che?
- Finisce così?
- È un uomo misterioso. Ricamare attorno a una trama con tanti buchi non è facile.
- Non mi hai convinta.
- Uff. - Sbuffò. - Ne vuoi un'altra?
- Ovvio.
- Sei stancante.

La Luna era velata, ombrata dalle nubi. In compagnia della volta notturna, una massaia errava per le vie della città addormentata. Andava a fare il pane. L'avrebbe sfornato e venduto velocemente, poche ore più tardi. Ai bambini della zona piaceva fare colazione con qualche fetta di pane e olio. Ogni mattina, all'alba, correvano a comprarne una pagnotta e tornavano a gustarsela a casa, poco prima di dover fuggire tra i libri di scuola.
La massaia adorava alimentare i loro loquaci sorrisi. S'alzava dal letto all'ora più scellerata, in modo da dare a quei ragazzini il pane fresco, ancora caldo, memore delle fiamme del forno.
Tuttavia, quella notte trovò la bottega già aperta. Ebbe paura di entrare, temeva di trovare la cassa vuota, ma si fece forza. Tutto buio. La luce, emessa dai lampioni in strada, si specchiava sul bancone di granito. La donna si sentì più tranquilla. S'immaginò d'aver lasciato distrattamente la porta aperta, qualche ora prima. E tuonò un tonfo. Roco, il rumore si rifrangeva sulle mattonelle del locale. Veniva dal laboratorio. La massaia tornò a tremare. Tuttavia, trovò il coraggio e superò la porta, nascosta in un angolo dietro la cassa.
- Per quei bambini. - Si sussurrava, facendo perno su un buon motivo per non andare via urlando.
E, tra un mucchio di teglie da forno e due buste di farina, vide tre donnine. Erano vestite di stracci e indaffarate.
- Chi siete? - Chiese la massaia.
- La prego, non ci cacci! - Gridò una. - Non abbiamo un tetto. Pioveva, la porta era socchiusa e siamo entrate. Non volevamo rubarle nulla e avevamo fame, quindi abbiamo provato ad ammassare una cosa.
- Cosa? - Domandò incuriosita.
- Un dolce.
- Quale?
- Non mi chieda il nome, non lo so. Mia madre m'aveva insegnato la ricetta.
- L'impasto?
- Acqua e farina.
- Poi?
- Lo lascio in forno.
- L'hai già cotto?
- Non ancora, no.
- E che aspetti? Proviamo! -

Faceva pena. Ma la mugnaia mostrò buon cuore. Lasciò che le ragazze lavorassero con lei, insegnò loro le basi della cucina e della pasticceria. Anni dopo, le tre donnine la ringraziarono e se ne andarono. Partirono per una terra lontana e, lì, aprirono un locale tutto loro. Pare sia ancora aperto, in un posto sperduto, a Est.

Contenta? -

Il viaggioWhere stories live. Discover now