Quattordicesima tappa

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- Cos'hai? - Chiesero, ma lui non seppe e non volle rispondere. Di fatto, non proferì parola per qualche ora, restando tumulato nei suoi pensieri mentre camminavano verso la stazione, per spostarsi nella città successiva.

- È celebre su tutta la terra, - perché fondata ai piedi di un albero colossale, una pianta ( secondo alcuni ) dalle origini trascendenti e grande al di fuori di ogni immaginazione.
La città, dall'atmosfera magica e fatata era al limite delle terre montuose, a cavallo tra gli splendenti Monti dell'Ovest e le uggiose colline brulle dell'Est.
Lungo il tragitto ( intendo e interminabile ) la boscaglia si era trasformata. Pioppi e faggi e pini insolenti lasciarono posto alle radici di querce e olmi e alle fronte dei frassini.

Appena smontarono dalla funivia lo scorsero, l'albero immenso. Pareva alto almeno un mezzo miglio abbondante. Ricco di nodi e ramificazioni, il tronco era di un colore luminoso tra l'ebano e il castagna, e le foglie farfugliavano parole e aulici canti insegnati all'uomo dagli angeli del paradiso. Maestoso e mistico, l'albero sfoggiava una chioma chiara e celeste, tinta dalle lacrime di un santo benedetto da troppe preghiere.

- Questo albero vive da migliaia di anni! Lo hanno visto, descritto, accarezzato i più grandi personaggi storici ricordati dalle memorie dell'uomo. E sulla sua nascita è stata pensata un'infinità di miti. La sua vista ha ispirato tanti profeti; dieci fogli di carta non basterebbero per raccogliere i loro nomi. Svariate religioni lo hanno divinizzato e venerato come il Messia, portatore della luce che alimenta il Sole, radice che ha dato vita al suolo attorno a sé, origine delle acque di questo mondo.
In realtà, nell'ultimo secolo, una massiccia squadra di botanici e biologi ha dimostrato la larga parentela tra quest'albero e un'antica variante di frassino. Millenni fa, la sua specie regnava sulle nostre campagne. I suoi semi non germogliano più, per le troppo diverse condizioni climatiche. È strano ne sia rimasto in vita uno. È l'ultimo. Ed è in perfetta salute, almeno così si mormora. Dicono non corra rischi, perché si è evoluto, adattato al caldo della grande stalla dell'uomo.
- Era tanto diverso il mondo?
- Un altro pianeta. L'aria era molto più fredda, più densa e rarefatta, formata da legami chimici e composti molecolari inconcepibili per i polmoni umani. Le nebbie affollavano queste valli. E il deserto non esisteva.
-  Ah!
-  I millenni nascevano e morivano e si succedevano, il padre al figlio, e la condizione climatica è gradualmente cambiata, come è normale e natura vuole. Certo, in larga parte, l'ampia espansione del deserto la dobbiamo alle azioni umane e al loro insistente uso di certi materiali. Ma lo saprete meglio di me, non starò a farvi la solita ramanzina da scuola superiore. -
E così discutendo raggiunsero un'osteria, posizionata proprio di fronte al colossale albero.
Recava nome, su un'insegna in ferro battuto,
"L'albero bianco".

- Benvenuti, cari signori! Siete in tre, appena giunti in città, non è vero? Desiderate un tavolo con vista ?
- A dire il vero, sì.
- Bene, anzi benone! Oggi il menù del giorno è molto particolare, forse uno dei migliori da che sono nato, siete fortunati.
- Lei la chiama fortuna?
- Beh, direi proprio di sì.
- Beh, è il volere dell'albero!
- Come?
- Non le pare strano? Noi scendiamo a valle a visitare le bellezze della sua città ( santa sia la città del sacro albero ) e lei, esattamente oggi, propone il menù migliore mai visto dal suo locale? Cose così non portano il nome della fortuna, ma la corona di un dio, del sacro albero e delle verità di cui è portatore! O lei mi mente? -
L'eloquenza non lo avrebbe mai abbandonato ai suoi imbrogli. In situazioni simili, nello sguardo del viaggiatore riverberava il lucore di un'altra persona, balenava tra le increspature e le onde di quel mare azzurro nei suoi occhi la voce di qualcun altro.
- No, era una banale trovata commerciale. - Ammise, con fare rassegnato. - Ma non parlatene ad altri! Potrei ricompensarvi.
- Lei è un uomo in gamba, non se ne pentirà. -  Il viaggiatore gli tese la mano ossuta, ma continuava a porsi dubbi e a zittirli con accuse e colpe addossate al locandiere, additato di frode e orribili cose simili. Se ne fa una non avrà problemi a farne altre, no? - E se lo merita! Una punizione sonora e severa lo aggiusterà! - Si sussurrava, evadendo le manette del senso di colpa.

L'oste continuò per tutta la giornata a offrire il menù truffaldino ai nuovi clienti, per lo più ai turisti. E, dopo aver saldato il conto, il viaggiatore gli strizzò l'occhio, ammiccando. Uscito dal locale, si concesse ai fremiti di una grassa risata.
- Tu sai proprio come comportarti con certe persone!
- Amico mio, ho sopportato il peso di mille mestieri e professioni. Ne ho provate una quantità inimmaginabile. Ormai parlo la lingua degli imprenditori meglio di loro e, perché no, mi diverto - non ne era sicuro - a giocargli qualche brutto tiro. -

Ma lungo il cammino si imbatterono in una banda, che suonava per le strade in occasione di una festività locale. Per le vie del centro città rimbombava il canto dei clarinetti e delle trombe,  le melodie dei flauti rimbalzavano sulle pareti, i tamburi percuotevano l'asfalto. Nell'aria si liberava quella canzone, dal ritmo gioviale, allegro. Ad accompagnare la melodia, a esaltarne l'euforica energia, i bambini si misero a danzare attorno al corteo. I musicisti, impegnati nell'esecuzione di quei brani della tradizione popolare, indossavano delle uniformi di tessuto azzurro su cui brillava uno stemma a forma di albero bianco: una sottile linea alle cui estremità si allungavano numerose biforcazioni, simbolo di radici e rami.

Dalla stazione partirono alla volta dell'ultima fermata prima del capoluogo. Sarebbero  rimasti da quelle parti ancora per poco e nell'uomo anziano la certezza di voler vedere il mondo un'altra volta iniziò a incrinarsi. La voglia di tornare rappresentava una tentazione troppo grande per la sua voglia di un ultimo viaggio senile.

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