Decima tappa

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La mattina seguente dormirono fino a essere svegliati dal suono delle campane. Anche lì, in vetta al mondo, a mezzogiorno vi erano delle campane pronte a svegliare i più pigri, a buttarli giù dal letto e cacciarli fuori di casa. In tal modo, purtroppo, l'affannata ricerca di una locanda povera di clienti e lontana da una qualunque possibile fonte di grandi rumori, fu quasi inutile.
- Vi va di vedere la piazza? È da lì che viene il canto delle campane. -
L'autista e il viaggiatore annuirono e seguirono il vecchio signore fino a un largo spiazzo. E non appena vi giunsero, non poterono non notare un grande buco nell'alto soffitto. Una cavità, che non riuscivano a comprendere se fosse artificiale o naturale, provocata da un crollo. La pietra era lì, infatti, stata quasi rosicchiata, o scavata, fino a formare una fessura, da cui videro zampillare un nutrito fascio di luce. Ed era una luce calda, cocente, visibilmente non prodotta dalle mani dell'uomo. Sembrava di stare all'aria aperta.
- Aspetta! Come può, qui nel cuore di una montagna, scorrere a fiumi la luce del Sole? Vuoi dirmi che quell'apertura porta in superficie? E quando piove come si fa? E con il vento?
- Ma quella semplicemente non è la luce del Sole.
Vedi, quel piccolo cratere si formò almeno dodici secoli fa, e porta, anche se non proprio direttamente e sicuramente non in un batter d'occhi, in superficie. L'uomo, grande ingegnere, ha saputo sfruttare quello che aveva, non potendo dare vita da zero a una luce come quella nata dal Sole. Grazie al progresso scientifico, qualcuno pensò di costruire un sistema di carrucole, specchi e filtri, che permettesse alla luce solare, e persino a quella lunare dopo un lungo lavoro di calibrazione, di scendere fin quaggiù. In questo modo non è assolutamente necessario l'uso di candele o lampade o torce. Qui c'è sempre luce. Di giorno e di notte, che piova o il cielo sia terso di nebbia. -
Rimasero lì, come ipnotizzati da ciò che stavano osservando, e nel frattempo il campanile, un esile pilastro di mattoncini e pietra, posto al centro della piazza, tornò a cantare. Stavolta, le due campane appollaiate sulla sua sommità scandivano la prima ora del pomeriggio. E questo ricordò allo stomaco del viaggiatore che aveva fame, e che la sera prima avevano mangiato poco e di fretta, sopraffatti dal bisogno bollente di nascondersi sotto le coperte. Allora si levarono di torno, propensi a chiudersi nel primo ristorante a tiro.

Ma mentre camminavano lo sguardo dell'uomo anziano si fermò, attanagliato, catturato dalla vista di una vecchia donna, ingobbita, lenta nel passo, ma dal sorriso perenne. E quel sorriso deve averne viste e sopportate di ogni. Di cotte e di crude. Lutti e delusioni, perdite, amori caduti nel baratro, ma mai nel dimenticatoio. E quel sorriso persisteva. E fioriva ancora sulle labbra della donna, nel giorno in cui, dopo molti anni, l'uomo anziano tornò ad abbracciare il suo sguardo.
- E tu che fai qui? Non eri tornato a casa tua, quella tua casa brutta e lontana?
- Purtroppo sì, mia cara! Ma sono tornato. Questi baldi giovani mi traghettano in un nuovo viaggio.
- Ancora? Ma non sei un po' vecchio per certe stronzate?
- Mai! Mai mi stancherò di viaggiare! La senilità non mi avrà, non mi vedrà seduto in poltrona a leggere il giornale in attesa di accogliere la falce del mietitore, non oggi. Verrà il giorno in cui riderà alla mie spalle mentre mi riposo finalmente sotto la bella terra. Ma non cade oggi quel giorno. E non verrà per svariati anni a venire. Almeno spero.- E presero a ridere entrambi. - Tu come stai, mia cara?
- Bene, si tira avanti.
- Più avute notizie da tuo figlio?
- Macché! Tre mesi fa mi ha mandato una cartolina dall'estero. Poi buio. Forse però lo rivedo per le feste invernali, se il cielo lo vuole. Posso offrirvi il pranzo, o avete altri programmi?
- Accettiamo con grande piacere! Anzi stavamo giusto andando a cercare qualcosa da mettere in pancia.
- Venite, allora. Ho un po' di verdura prossima a marcire. E magari riesco a cacciare dal cilindro un bel coniglio. -
Si incamminarono verso la dimora di questa anziana, gentile donna.
- Stanotte avete visitato il mercato notturno?
- Purtroppo no, signora.
- Era grandioso! Davvero stupefacente! Non si vedeva qui niente del genere da almeno vent'anni. Ho fatto grandi spese, ho comprato  anche qualcosina da fuori porta. Mio figlio, viaggia molto anche lui come voi, mi aveva parlato di una bizzarra pietanza dell'Est. È frutta, ma non frutta vera, perché è fatta con una pasta di zucchero, e se non ricordo male ci andavano anche le mandorle. Alle bancarelle l'ho trovata e ne ho presa un po'. Ve l'avrei fatta assaggiare,  ma è già finita tutta. Stamani ci ho fatto colazione. -
Dopo solo una decina di minuti arrivarono alla porta di casa di questa signora. Una volta entrati, la donna non li fece accomodare, anzi li prese uno ad uno per le orecchie e li mise ai fornelli, affinché la aiutassero in cucina. Uno a pulire la verdura. L'altro alla preparazione di una salsa. E lei stessa si mise a spezzare il coniglio, per poi cuocerlo in pentola , rosolandolo bene, ed aggiungendo infine i vari odori, il vino, i sottaceti e le olive. L'anziano signore li guardava da lontano, ridacchiando. Ci vollero due ore intere perché fosse pronto il coniglio, e  nell'attesa si misero a cianciare e ridere.
- Ha proprio una bella casa, signora!
- Grazie, viaggiatore, ma non darmi del lei, per favore. Tu invece, mio caro, che belle nuove mi porti?
- Niente di che. Avevo preso un autobus per andare al vecchio belvedere, te lo ricordi? Ne sentivo la mancanza. Mi andava di rivedere quei momenti che passammo laggiù, parecchi anni fa. E lì sono inciampato in questi due galantuomini.
- Dove avete in programma di andare ?
- Nei prossimi giorni  esploreremo la zona circostante con le funivie, e magari riusciremo a fare pure un giretto con la teleferica. -
Tra una chiacchiera e l'altra, il viaggiatore diede un'occhiata al piccolo salotto, riempito di ninnoli e soprammobili, ma soprattutto di fotografie. L'anziana se ne accorse e gli disse: - È il mio piccolo tesoro. Quei cosi li ho comperati, o forse non comperati, non so, non ricordo, durante i miei viaggi giovanili, nell'Ovest, ai tempi in cui conobbi questo malandrino. - E  con lo sguardo indicava il vecchio signore, seduto accanto a lei, sul sofà. - Viaggiava insieme all'uomo con cui poi mi sono sposata, quando l'ho incontrato. Divenimmo grandi amici in poco tempo, in poche tappe. Le foto che vedi lì le abbiamo scattate, quasi tutte,  in quel periodo. - Nelle cornici e nei portafoto erano racchiusi tanti, tantissimi ricordi, di quelle tre persone. E non solo.
- Questo invece è tuo figlio?
- Sì. - Nel rispondere abbassò un momento lo sguardo. La sala si immerse nel silenzio. E la donna sentì l'imbarazzo permeare l'aria, perciò si alzò per andare a controllare la cottura della carne.
Al viaggiatore parve un gesto strano, scortese. Poi si rese conto di un dettaglio: a vederlo in foto, il figlio della signora somigliava molto, moltissimo a lei e all'anziano signore ( nel sorriso e nel viso, nella mimica, nel naso ), non  al suo presunto padre.
- È pronto! Dai, sediamo a tavola. -
Nel sentire quelle parole in viaggiatore tornò a voltarsi. Il tavolo era poco oltre il divano. Il vecchio volgeva i suoi occhi, vitrei e bagnati dal pianto, alle foto del ragazzo. Si asciugò in fretta la lacrima clandestina, si alzò e si sedette a tavola, facendo finta di nulla. Mangiarono bene, e molto. Dopo il pranzo la signora li liquidò con tanta fretta, scusandosi, ma spiegando di avere sonno e di voler fare un pisolino.
I tre viandanti, sbattuti fuori dall'anziana donna, decisero di dirigersi alla stazione, per ripartire al più presto. Ma lungo la strada il viaggiatore non poté fare a meno di interrogare l'anziano signore.
- Vi siete amati?
- No. Non reciprocamente. Lei amava suo marito, alla follia, e pur essendo rimasta vedova trent'anni fa, gli sarà fedele ancora. Bene me ne vuole, ma come amico. Sono stato un errore, un fraintendimento di emozioni contrastanti. -

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