Diciannovesima tappa

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Ringraziando i cieli, arrivarono indenni sulle spiagge di un'isola, dopo quattro notti di navigazione. Furono giornate lunghe, sembravano non volersene andare. Il tempo pareva aver rallentato di proposito, quasi per voler dare un'ultima possibilità ai tre marinai di lasciare la loro ultima scelta, magari per coglierne una più assennata, più responsabile.

- Nel raziocinio ci si annoia. - Spiegò il pirata.

All'alba del quarto giorno, il viaggiatore, già in piedi, dalla prua finalmente vide la terra. E già sentiva il profumo dell'erba. Fu tanto contento che dava l'impressione di aver vissuto per mare un'intera vita.

L'isola era piccina, poco più che un palmeto un soffio sopra il livello del mare, ma indipendente dal controllo politico di altre nazioni e popolata da abili pescatori, dunque attrezzata con un grosso porto, a cui erano attraccati svariati pescherecci e minute imbarcazioni turistiche.

- Dove siamo?
- A occhi e croce dovremmo essere su un'isola del Nord, non troppo lontano dall'arcipelago di cui avevamo parlato. Voi date pure un'occhiata, io lego gli ormeggi e poi vi raggiungo. -

Dal porto si allungava un misero sentiero, attraverso il boschetto di palme e bambù, poco oltre il quale sorgeva un villaggio considerevolmente grande e tumultuoso, molto particolare per le singolari tecniche architettoniche. Le eleganti case, infatti, erano state costruite piantando in terra, a una buona distanza l'uno dall'altro, secondo una planimetria solitamente quadrata o rettangolare, quattro imponenti tronchi scortecciati e raramente verniciati con tinture gialle o rosse. E lo spazio vuoto tra questi fusti di legno si riempiva con esili pietre e ciottoli, uniti assieme da una pasta non troppo lontana dal cemento, sui quali poi si adagiavano lunghe assi, spesso dipinte di bianco. In tal modo le abitazioni assumevano una struttura squadrata, alla quale talvolta si aggiungevano altri piccoli cubi, eretti analogamente, nei quali si vedevano racchiuse la varie stanze. E vetro lì non ne usavano. Per lo meno non nell'edilizia. Quindi le finestre, se così vogliamo chiamarle, erano ampie cavità nelle pareti, spazio lasciato vuoto tra un'asse e l'altra. Per di più se ne realizzavano di molto grandi, tanto che solitamente occupavano metà del muro, nella sua altezza. E per evitare che piovesse dentro casa, dalla sommità delle pareti venivano fatte penzolare, a mo di tende, delle larghe foglie di palma, seccate al sole. E quello stesso fogliame serviva per coprire il piatto tetto di assi, insieme ad alcuni tipi di pelli, per fare sì che il legno non fosse esposto alla furia delle intemperie.

- E in inverno non sentono freddo?
- Qui l'inverno non esiste, amico mio. Non come lo conosciamo noi, almeno. Le stagioni, da queste parti, hanno un altro volto. I mesi che ci hanno insegnato a temere per la loro rigidità, per il gelo, per le bufere, qui sono miti, freschi giusto un pochino.
- E allora le estati?
- Temo siano bollenti, ma non so spiegartelo con certezza. In ogni caso, questo è il periodo dell'anno ideale per visitare l'isola. In effetti ci sono fin troppi turisti. -

E c'erano veramente tanti di quei turisti che la popolazione locale pareva una minoranza. Di fatto, ormeggiata al molo, vi era una modesta quantità di traghetti, provenienti non solo dalla nostra amata nazione, ma anche da altri paesi limitrofi. In questo modo i pochi negozianti dell'isola avevano modo di fare grasse ricchezze smerciando e sfruttando ( con grandi esagerazioni ) cibi della cultura locale, strumenti e attrezzi fatti laboriosamente a mano, conchiglie dagli intrecci di forme e colori più capricciosi, cappelli, abiti estrosi, tessuti e trame in foglie e fibre di palma.

- Eccomi! Mi sono perso qualcosa? - Giunse il pirata, all'improvviso.
- No.
- Bene! Sono stato qui già un'altra volta. È un posticino niente male, invero. -
E si sedettero su una panchina, incavata in un vecchio ceppo di palma, a guardare il vento incitare le onde del mare.

Il viaggioWhere stories live. Discover now