Terza tappa

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Quella sera, dopo un tragitto piatto e monotono, raggiunsero un paesino affacciato sul mare. Si erano mossi di svariate miglia, verso ovest, e videro il Sole infiammare il mare all'orizzonte poco dopo aver parcheggiato. Dunque, mentre il cielo si scuriva, partirono alla ricerca di una locanda, di un letto caldo e di un guanciale morbido in cui affogare ogni preoccupazione, in cui annegare dolcemente, per poi riemergere la mattina dopo.

Pochi minuti dopo l'alba erano già in piedi. Pagato il conto si spostarono verso la spiaggia. Lì, i pescatori si stavano preparando per un'intensa giornata di lavoro. Alcuni avevano gli occhi pieni di sogni e già sentivano l'odore del pesce non ancora preso. Altri si vantavano, soddisfatti, delle loro recenti e grandi fortune, con voce altezzosa. Altri non guadagnavano nulla da molto tempo e andavano avanti rosicchiando i bordi dei loro umili risparmi, potendosi permettere ogni giorno giusto qualche esca  e un panino con la cipolla come pranzo, nella vana speranza di non rompere l'unica rete da pesca, quotidiana compagna di mirabili avventure  e impervie peripezie. Tra questi si vedevano uomini affranti, dalle guance scarne, dall'addome magro, con pochi muscoli appena sufficienti a sorreggere le gambe e qualche sottile capello spettinato, rimasto a sorvegliare la calotta cranica. Magari, ogni tanto uno di loro riusciva ad attirare qualche sardina, ma poi veniva mangiato dai pescecani.

Notando le loro condizioni, al viaggiatore sobbalzò il cuore. Ne aveva viste di giornate come quelle, impregnate dall'umiliazione di dover varcare la soglia di casa senza la sicurezza di poter mangiare, il giorno seguente. Il Sole sarebbe sorto in ogni caso. Ma i suoi occhi non erano certi di volersi riaprire. Dopo quel lutto, ne erano in grado?

I due viandanti camminarono un po' lungo la riva, al massimo per un paio d'ore, guardando le onde infrangersi sulle sabbie e truccarsi con le matite del Sole, mentre i pescatori cominciavano a spingere in acqua le loro navi, a spiegare le vele, o a remare.
E proprio quando erano in procinto  di ripartire, incontrarono una gentile, giovane donna. Alta, snella, con il mare specchiato negli occhi e il tramonto dipinto tra i capelli, si avvicinò a loro come se fossero suoi fratelli, come se li conoscesse già da secoli e secoli, come fossero stati protagonisti infelici di uno stesso appassionante romanzo.
Passò accanto all'autista, si immerse e si perse nel suo sguardo, ne toccò il fondo, lo intrecciò con il suo e corse via, lasciando dietro di sé una scia di parole mai pronunciate. Dopo quegli istanti eterni, segnati dal suo passaggio, il viaggiatore e l'autista si guardarono dritti negli occhi, stupiti . Rimasero adagiati nel silenzio, senza nulla da aggiungere, fermi lì, al cospetto del mare e del cielo, mentre il mondo andava avanti e il vento razzolava sulla sabbia. 

Il resto della mattina lo passarono velocemente, discorrendo del più e del meno, a bordo del taxi. Il viaggiatore aveva a lungo sentito parlare di un famigerato ristorante, che, per pura coincidenza, era proprio da quelle parti, lungo la costa. Dovettero solo deviare un po' verso Sud, spingendosi ai margini della regione, laddove la sabbia si mischiava con la terra, e spuntavano fili d'erba insieme con alcuni sporadici arbusti marittimi. Chiesero indicazioni e, nel giro di qualche ora, si trovarono di fronte a una struttura imponente. Lasciata l'auto in un affollato parcheggio, imboccarono un breve sentiero assolato che li condusse celermente a un'altura, affacciata sulla riva pietrosa e scogliosa. Lì, partiva una passerella di corde e assi, sospesa sull'acqua, ma in alcuni punti sorretta da dei pilastri di legno, che collegava alla costa una piattaforma, su cui era allestito il ristorante.

- Precipiteremo giù e saremo inghiottiti dalle acque?
- Non saprei. Ma da quanto mi è giunta voce, il gioco vale la candela! - Rispose il viaggiatore, con un piede già sul ponticello e la bava alla bocca.

Attraversando coraggiosamente la passerella, giunsero all'ingresso, su cui si leggeva un'insegna: "Il Trabocco".

- Avete prenotato? -
Chiese il cameriere, un ragazzo giovane e allegro, moro, alto, con due stelle nelle pupille. E i due vagabondi rimasero per un momento sbigottiti. In effetti, si guardarono velocemente attorno, e fecero caso che il locale era quasi pieno. Restava solamente un tavolo, almeno secondo ciò che riuscirono a vedere.
- Sì, proprio così, caro giovanotto! Ho prenotato, però, svariati mesi fa, almeno cinque, se non sei, e davvero non ricordo, non riesco a rammentare, se ho usato il mio nome o quello del mio amico. - Rispose prontamente.
- Richard? - domandò ingenuamente il cameriere, leggendo l'ultimo nome rimasto sulla lista, lì, tra le sue mani.
- Ecco, lo vedi! Ho usato il suo. Che sbadato che sono. Devi proprio scusarmi, invero. - Il viaggiatore aveva sfruttato tanti trucchi così e troppi altri ne conosceva. Per quanto lo divertisse adoperarli, si sentiva una carogna ogni santa volta. Affabile e galante, dopo aver sfoggiato la sua esperienza di grande attore in un umile teatro di provincia, strinse la mano al ragazzo in gilè e camicia e fece scorrere tra le sue dita una vistosa, grassa mancia, sperando di smacchiarsi dal senso di colpa; uno dei piccoli inganni con cui eludeva le accuse dell'etica e voltava pagina, dimenticandosi della precedente. A volte, però, non funzionava. Ad alcuni ricordi non poteva sottrarsi. Eppure, insisteva a scacciarli, a sfuggirgli. Forse, viaggiava per pensare ad altro? Lui avrebbe negato.

Non appena si sedettero alla tavola, già imbandita e pronta per l'arrivo di esattamente due persone, furono serviti con una lunga, infinita serie di antipasti, primi, secondi, zuppe, portate di ogni genere a base di pesce. Mangiavano di gran gusto, amando ogni piatto, lanciando in aria sottili grida di piacere, forchettata dopo forchettata. E sudavano. E tremavano, a momenti, vittime di una passione sensuale, inebriante e vorticosa. I suoi sintomi? Impercettibili spasmi di delirante brama e voluttà.
Erano solo a metà del menù, quando sentirono, all'ingresso del locale, un uomo basso e calvo bisticciare con almeno due o tre camerieri.
- Te lo ripeto, giovanotto! Ho prenotato io stesso un tavolo in questa razza di bettola, almeno tre o quattro mesi fa! Come sarebbe a dire che è tutto esaurito? Mi stai prendendo per il culo, vero?
- Con tutta la sincerità, signore, non so come aiutarla. La prego di calmarsi.
- Caro, forse hai sbagliato data, insomma, se non ci sono più tavoli disponibili c'è poco da fare. -
L'uomo basso, nonostante indossasse abiti di grande eleganza, si dimostrava rozzo ed arrogante nei modi e nel parlato. Copriva parte del volto, poi, con un eloquente paio di baffi a manubrio, che ormai, tanto si era innervosito e stizzito, cominciavano a storcersi.
Accanto a lui vi era una signora particolarmente aggraziata, fine nell'atteggiarsi e nei lineamenti, forse la moglie, intenta nell'impresa di placarlo.
- A che nome ricorda di aver prenotato, gentile signore?
- Richard.
- In effetti avevamo un tavolo bloccato a nome "Richard" , ma è già stato occupato. Forse si tratta di una semplice coincidenza. -

Il viaggiatore aveva zittito la coscienza e rideva allegramente.

- Ma come una coincidenza? Ma che razza di coincidenza sarebbe?
- Ha modo di provare ciò che afferma? Un registro chiamate, forse?
- No. È passato troppo tempo.
- In tal caso temo di non poterla far entrare. Come le ho detto siamo pieni e se lei non può dimostrarmi di aver prenotato non ho motivo, anzi non ho alcun diritto di cacciare altri clienti. Le auguro di ritrovare la calma e una buona giornata! -
Nel frattempo che si svolgeva la conversazione alcuni dei commensali tesero l'orecchio per sentire cosa stesse accadendo e quando il cameriere pronunciò queste ultime parole presero ad applaudirlo e a riempirlo di complimenti, mentre l'uomo basso e baffuto gli abbaiava contro, lo insultava e digrignava i denti, furibondo.
Il resto del pranzo si svolse con calma, gustoso come se nulla fosse accaduto.

Il viaggioTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang