Ventiquattresima tappa

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E se ne vennero via in tutta fretta.
Il pirata non tollerava più quel caldo afoso, come anche il ronzare dei mille moscerini della palude.
- E adesso?
- Adesso me ne posso tornare a casa.
- Dove abiti?
- Un po' dappertutto. Nel corso di questa vita mi si sono riempite le tasche di soldi. Non che lo volessi. Certo, la cara e dolce pecunia è sempre bello averla per le mani. Ma le tasche troppo cariche con il denaro iniziano a svuotarsi delle altre cose a cui si tiene.
Per cui avrò almeno una dozzina di ville, sparse per il mondo, anche se lasciate in condizioni pietose ed orripilanti.
- Ma scusa, non capisco, mi avevi detto di aver iniziato a fare quelle brevi tratte, come quella durante cui ci siamo conosciuti, per racimolare del denaro. Perché mai, se ne avevi così tanto?
- Perché l'ho sperperato. Mi faceva star male averlo. E così l'ho dato via. Meno ne tenevo più ero allegro. Ho imparato a vivere alla giornata, volendo guadagnare il minimo indispensabile per potermi svegliare la mattina dopo.
- Scelta di vita curiosa.
- Ascoltami, viaggiatore. Non mi interessa cosa pensano gli altri di quello che combino con la mia vita. È la mia vita, come ho appena detto. Ho scelto di non voler vivere per lavorare, per intascare. Ho vissuto per stare bene nelle mie scelte, nel momento in cui le prendevo. E l'ho imparato osservando l'effetto che mi faceva sguazzare nell'oro.
- Ti rispetto. Tu compi una scelta. Io invece sono ignavo, lascio scegliere al vento. E mi piace esserlo. Non mi scomodo nel decidere, ma accetto quello che mi capita. E questa è la mia scelta. Scelgo di non scegliere. Posso?
- E chi te lo nega?-

Restarono a bordo per settimane, in balìa di un oceano bizzarro, e il pirata non capiva più dove si trovassero. Non riusciva a leggere il mare. Il cielo poi, sempre nuvoloso, si era fatto incomprensibile, il suo volere indecifrabile.
Pensando di stare proseguendo sempre dritto verso Ovest, il pirata, non si rese conto che il vento si era mosso. E ora sfrecciavano sull'acqua puntando a Nord. Ed erano già miglia e miglia più in su rispetto ai confini settentrionali della nostra nazione.
E nel proseguire incontrarono la vera faccia di questo nostro mondo, quella sadica, brutale, che si sa nascondere bene dietro al canto dei passeri o ai panorami mozzafiato.

Dapprima i cieli divennero neri, coperti da una spessa coltre di nembi inferociti. Ai biondi raggi del Sole era proibito passare e l'unica luce naturale, lì in quella infernale notte perenne, in quel buio che tingeva l'aria, era quella dei lampi, asmatici istanti in cui tutto l'oceano tornava in vita, per poi piombare di nuovo nel baratro.
E dopo prese a cadere la pioggia. Piovve per giorni, giornate intere. Un acquazzone eterno, quello che martellava le pareti della timida caravella. Infine, in quell'ultima settimana di navigazione, il grande diluvio universale sembrava giunto tra le genti. Alla pioggia si aggiunse la grandine. Si unirono i tuoni, l'ansioso tossire di una voce rauca, la melodia di un tamburo che invocava la venuta dell'apocalisse. E i fulmini percuotevano le acque, come dardi lanciati a caso da un arciere ubriaco.

Era uno spettacolo orrendo, una commedia malata figlia di un tragediografo incapace. E sembrava che il cielo stesse per precipitare sulla terra.

Il viaggiatore e il pirata erano consapevoli di non poter fare più nulla per cambiare la situazione. Ormai quella era e quella sarebbe rimasta. Avrebbero potuto solo sperare in un naufragio di fortuna. O forse no, e sarebbe stata quella la fine del viaggio. Proprio il vento, l'autore di questo romanzo, loro pazza guida, li aveva condotti alla rovina? Il viaggiatore si stava ponendo domande. Su sé stesso. Sul suo viaggio. Sulla sua vita.

E cadde un fulmine. Forse colpì le vele, forse la prua.

Il viaggiatore restò impassibile. Era fermo nei suoi pensieri, irremovibile. Avrebbe più ritrovato il caro autista? Il buon vecchio signore?
No. Sarebbe morto in quella bufera, tramortito dall'inferno che si stava scatenando là fuori, in una guerra tra cieli e mare. 
E avrebbe rivisto Anna.

Stava pensando a questo, quando il suo ragionare venne interrotto dal pirata.
- Viaggiatore, guardami. Io non sono mai stato interessato alla vita eterna. La trovo innaturale. Non riguarda l'essere umano. Non gli si addice. Ma ho amato persone che la pensavano in modo ben diverso. Vedi? Gli opposti si attraggono. L'ho sperimentato io stesso, con queste due mani. E quelle persone non volevano andarsene. Non volevano lasciare questo mondo. Strano, vero? No, non lo è. No, affatto. Chi mai vorrebbe morire? Ed erano convinte che sarebbero rimaste in vita nei miei pensieri. Per quanto non mi vedessi d'accordo, forse era  bello accontentarle. Ma ora la terra vuole abbracciare anche me. Non ho modo di sottrarmi a quel che mi aspetta. Morirò, viaggiatore, che la tempesta mi uccida oppure no. E questi ricordi che ho, moriranno con me. Ma non è giusto che il ciondolo finisca nel mare a decomporsi assieme al mio vecchio corpo. Prendilo tu. Hai più probabilità di sopravvivere al naufragio. Chi me lo ha regalato ne sarebbe contento. Anzi, avrebbe lo sguardo colmo di gioia. Quanto vorrei riabbracciare quello sguardo, viaggiatore, tu non ne hai idea. - La aveva. - Magari, se esistono davvero quei tre regni oltremondani su cui un dì lontano qualcuno compose un poema, lo incrocerò laggiù. O lassù. Addio, viaggiatore. È stato un onore.-

L'uomo si alzò in piedi e strinse la mano all'amico. Lasciò cadere a terra una lacrima, e andò verso la porta dell'oblio. Quando la aprì una forte folata di vento portò all'interno della nave acqua e chicchi di grandine, grossi almeno quanto dei mattoni. Un altro fulmine piovve davanti a loro, mentre il pirata reggeva la porta.
- Buon viaggio. E buon naufragio. -
Uscì e si gettò nel mare, compiendo un ultimo atto di coraggio.

Il viaggiatore rimase lì seduto, solo con se stesso, con quella collanina tra le dita e il pianto a gonfiargli occhi. Si mise il ciondolo al collo e urlò al cielo:

- Amico mio, che tu lo voglia o no, porterò in me il tuo ricordo. - Sospirò.

Consapevole di avere i minuti contati, prese un robusto zaino trovato in stiva e lo riempì con quanti più viveri possibile. Per qualche ragione vi sistemò anche una pala e un piccolo asse di legno.

Quello zaino difficilmente sarebbe sopravvissuto alla bufera. Ma tanto valeva provare.

Pochi minuti più tardi il vento sventrò il fianco della caravella. L'acqua salì a bordo, spense le candele e abbracciò il viaggiatore, portandolo via con sé, in quel mare sgorgato in superficie delle tenebre dell'abisso.

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