7C - Il muto al mio fianco è Jordan

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A quasi la fine del secondo tempo, ho la gola arida a causa di tutte le urla. Lisa e Jenna sono delle fan accanite dei loro ragazzi e della squadra, farsi coinvolgere è stato più che spontaneo. Devo ammettere che inveire contro degli sconosciuti senza essere guardata male è liberatorio. Persino papà mi ha lanciato qualche occhiata curiosa.

Seguo la partita cercando di fare più attenzione possibile, ma non sempre riesco a capire tutto nel dettaglio. Pertanto, mi godo lo spettacolo che alcuni giocatori mettono su asciugandosi il sudore con la loro maglia e lasciando, di conseguenza, scoperto l'addome scolpito.

Individuo il numero 12, Baxter, e lo seguo fino a metà campo. Corre spedito, si schianta contro due giocatori dei Dragons e si appropria dell'ovale. Papà urla qualcosa che non afferro mentre ritorno indietro di due giorni.

Li ho guardati allenarsi quel pomeriggio, ho scrutato uno per uno ogni rugbista ma, per qualche assurdo motivo, i miei occhi si sono soffermati sul 12. Dopo qualche insulto da parte di mio padre ho capito che era il vicecapitano della squadra ma nient'altro.

Di sicuro, è un ragazzo che colpisce a prima vista: alto sicuramente almeno uno e novanta, dal fisico massiccio e potente e dallo sguardo impenetrabile. Forse è quello che mi ha attirata, il fatto di sembrare irraggiungibile. Anche nelle interazioni con i compagni l'ho visto più limitato, chiuso, un po' come se gli costasse fatica aprirsi.

Tuttavia, la mia attenzione è stata catturata anche dal suo aspetto. I capelli corti, castani e arricciati sulla fronte gli donano quell'aria da bello e dannato, fungendo da cornice a un viso affilato e dalla mascella tagliente. Un naso disegnato ad arte e labbra carnose. Zigomi alti e pelle abbronzata.

L'immagine perfetta del dio della guerra.

Baxter sfreccia verso la meta avversaria, poi lancia l'ovale al suo compagno, Peterson, il ragazzo di Jenna. Liam corre ma viene intercettato da altri tre giocatori, l'ovale passa a un altro giocatore, Nikorima, il numero 6. Anche lui viene subito atterrato da un paio di giocatori, così l'ovale ritorna in possesso di Baxter.

Mordicchio il labbro inferiore, alzandomi istintivamente dal sedile. «Andiamo... ce l'hai.»

Anche Lisa e Jenna si alzano, sporgendosi oltre il corrimano, come se percepissero il momento. Ed eccolo che arriva.

Baxter corre, corre e corre, scontrandosi contro altri Dragons, ma è troppo tardi per loro, lo intercettano al momento sbagliato: Baxter si catapulta per terra, oltre la linea di meta, la mano allungata mentre pressa l'ovale sulla meta avversaria.

Ha appena fatto guadagnare alla squadra un ulteriore enorme vantaggio di ben cinque punti.

Lo stadio esplode in un boato di urla d'acclamazione, si alzano tutti in piedi mentre il resto dei Broncos lo assalta. Ed è proprio quando festeggiano che l'arbitro fischia segnando la fine della partita. I Brisbane Broncos vincono 40 a 18 senza bisogno di attuare l'ultima trasformazione. Una vittoria schiacciante.

«Sei grande, Jordan!» urla Lisa, seguita da Jenna.

Sorrido fieramente quando vedo i giocatori fiondarsi su mio padre e renderlo parte della mischia. Lui fa il possibile per mostrarsi infastidito, ma quello sguardo? Quello vuol dire solo una cosa: orgoglio.

Mio padre sta allenando una squadra che oggi ha dimostrato di avere tutto ciò che serve per portarli al Grand Final e ce la faranno, ne sono certa.

Nei rapporti sociali me la cavo, tuttavia, ho anche bisogno dei miei momenti di solitudine. Mi piace equilibrare tutto perché so che stare sola non è l'ideale per una ragazza che trascorre già abbastanza tempo per conto suo quando scrive, perciò cerco di fare qualche passeggiata, di uscire almeno una volta a settimana con Natalie o banalmente di sbrigare qualche commissione senza che sia qualcun altro a farla.

𝐓𝐇𝐄 𝐓𝐑𝐘 𝐙𝐎𝐍𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora