46C - Dolphin uno, Dolphin due

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Mi piacciono gli eventi, sono occasioni in cui posso mettermi un bel vestito e avere uno scopo. Quello di stasera, poi, è particolarmente importante. Si tratta di una raccolta fondi per finanziare un istituto che si occupa di ricerca nel campo della disabilità uditiva. Cercano modi di prevenire la sordità e creano apparecchiature per migliorare la vita di bambini che nascono già con questa problematica o che devono affrontarla per la prima volta.

Papà vi prende parte ogni anno e lo finanzia cospicuamente, lo so perché me ne parla sempre al telefono. Pensare che questa volta sarò al suo fianco è emozionante. A dirla tutta, sono anche parecchio nervosa.

So cosa significa avere il terrore di vivere il resto della vita in silenzio ma, a differenza di molti, ho avuto la fortuna di vivere in una famiglia agiata. Papà si è preso cura di me, facendo il possibile per offrirmi il meglio del meglio. Ahimè, esistono milioni di bambini, esseri umani, privati di questa possibilità. Non conosceranno mai la musica, la bellezza del canto degli uccellini in primavera o il suono delle onde del mare.

Privarmi di queste piccole gioie è un qualcosa che mi ha fatto riflettere parecchio, specie nei primi anni in cui iniziavo a portare gli apparecchi acustici. Non è mai facile adattarsi a una situazione così delicata, specie quando sei una bambina. Ma ce l'ho fatta, grazie al supporto costante di mio padre e delle persone che mi stavano accanto. Adesso spero che, contribuendo anche in piccola parte, la ricerca possa avanzare e dare così la possibilità a chi ne abbia bisogno di sentire i suoni meravigliosi che la terra offre. Sì, imprecazioni dei guidatori incluse.

«Sono carichi al massimo, giusto? Non ti ho visto prendere il cofanetto» mormora Jordan al mio orecchio.

Sollevo il capo nella sua direzione e accenno di sì con la testa.

Al momento siamo impegnati ad ascoltare le storie delle ultime vacanze estive di uno degli sponsor della squadra presente all'evento. Ce ne sono parecchi in giro, in realtà, fanno a gara per farsi vedere il più possibile in modo da avere una fetta di rivista di gossip. Tuttavia, fin quando finanziano i Broncos ed eventi come questi a me sta bene sentirli parlare di yacht, champagne e altre cose così. Anche il resto della squadra è qui. Sono tutti sparsi per la sala di un delizioso hotel lussuoso che si è offerto di ospitare l'evento.

In realtà, sono presenti giocatori anche di squadre avversarie. Da quello che ho potuto scoprire, non è raro che diversi team si riuniscano allo stesso evento. È un po' come se fossero dei terreni neutrali. La causa prima dei cazzotti e tutto il resto.

«Sei nervosa» osserva Jordan.

«Un po'» ammetto.

Mi allontana dalla piccola folla, papà incluso, e mi porge un calice. Lo accetto volentieri, anche se ne prendo solo un sorso. Pensare all'alcol riporta in mente solo un ricordo: Phil O'Hara e ne voglio fare a meno, specie stasera. «Sei abituata a parlare in pubblico, qual è il problema adesso?»

Mordicchio il labbro inferiore. «Parleranno di me e... non mi fa impazzire sapere che potrebbero essere molto cattivi.»

«Troveranno sempre il modo di infangare la gente, Calista. Esporre la propria disabilità non è mai facile. E stasera dimostrerai che non c'è niente di cui vergognarsi. Fine della storia.» Parla con nonchalance, ma io intravedo molto più di questo. È chiaro che Jordan abbia difficoltà nell'esprimere le sue emozioni e quelle che lascia raramente intravedere si contano sulle dita di una mano. Nonostante ciò, so cosa vuol far trasparire e lo apprezzo.

Restiamo in silenzio per qualche secondo, una coppia si avvicina ma non ci nota, talmente impegnati a parlottare tra di loro. Non ho la più pallida idea di chi siano, ma sono giocatori, questo è certo dalla potente stazza fasciata in abiti eleganti.

𝐓𝐇𝐄 𝐓𝐑𝐘 𝐙𝐎𝐍𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora