38J - Serena Van der Woffen

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Non ho la più pallida idea di cosa stia succedendo, ma è il diciassette maggio, domani abbiamo una partita contro i Phanters e la mia finta ragazza mi ha trascinato allo stadio.

Alle cinque del mattino.

È deserto; nemmeno gli addetti alla pulizia sono presenti. Ma noi entriamo. Perché Calista Spencer ha una chiave magnetica per tutto. Le luci sono accese, mancando ancora un'oretta all'alba. Il cielo è ancora scuro, come se ci trovassimo in piena notte.

La seguo lungo il corridoio che ci porta dritti sul campo, lei si guarda intorno con un sorriso sul volto mentre si tiene stretto lo zainetto in spalla.

«Posso sapere che ci facciamo qui alle cinque del mattino?» Passo una mano tra i capelli.

Lei non risponde. Si libera dallo zaino e lo apre, poi tira fuori un lenzuolo. Lo sistema sul campo, poi si toglie le scarpe e si volta nella mia direzione. «Siediti.»

«No fino a quando non mi dici che diamine stai facendo.» Stringo le braccia al petto.

Calista sospira ma, al posto di rispondere, si toglie i pantaloni. Rimane con addosso solo la mia maglia su cui spicca il numero 12 e l'intimo.

Le braccia mi scivolano lungo i fianchi mentre apprendo quanto davvero fuori di testa sia questa donna. Inizio a capire quale sia l'idea che le frulla per la testa e perché ci teneva tanto a indossare la maglia della divisa.

«Ora ti siedi o devo farti un disegnino?» Arcua un sopracciglio.

Faccio come mi dice e la guardo accomodarsi sul mio grembo.

«Che stai—» Non mi lascia il tempo di finire, acciuffa la mia bocca in un bacio e ogni domanda, ogni pensiero svanisce via.

Le avvolgo la vita con le braccia e ricambio il bacio, adesso eccitato. Calista fa scivolare le mani al di sotto della mia maglia e la tira su, fino a liberarmene. Mi accarezza il petto, gli addominali, senza mai smettere di baciarmi. Poi si scosta e mi spinge. Finisco di spalle sul campo, con lei addosso. Si china su di me, i capelli castani le finiscono sul viso, come una sorta di tendina che ci separa dalla realtà. Mi guarda negli occhi e sorride. «Benvenuto nella tua scopata della fortuna, numero 12. Ho pensato che avremmo potuto inaugurare questa nuova tradizione qui. Dopotutto, quale posto migliore del campo di casa Broncos

«Tu sei fuori di testa, te l'ha mai detto nessuno?» Le stringo le natiche, costringendola a strusciarsi contro la mia erezione.

«Forse un paio di volte.» Fa la vaga, prima di rilasciare una risatina sulle mie labbra. «Adesso mi fai venire, JB? Perché ho tanta, tanta voglia di te» bisbiglia, sensuale.

Cazzo. È una dea tentatrice. Lo era in una vita precedente, lo è adesso. Per forza.

Le basta guardarmi negli occhi per fottermi.

Le sollevo la maglietta, senza toglierla, e mi avvento subito sul seno, prendendo in bocca prima un capezzolo e poi l'altro. Un paio di giorni fa mi ha chiesto se mi importasse che non avesse un seno grande. Ero dentro di lei fino alle palle, così sono stato onesto e le ho detto che fin quando non mi avrebbe negato accesso a dove mi trovavo allora, non me ne sarebbe fregato un cazzo. E poi, se proprio devo dirla tutta, non c'è una cosa in Calista Spencer che non mi faccia eccitare come un quattordicenne ormonato. Voglio solo starle dentro, scoparmela più che posso. Perché è il mio angolo di paradiso. E non mi soffermerò su cosa voglia dire per me questo pensiero. È così e basta.

Calista mi aiuta a liberarmi dei pantaloncini che indosso, seguiti dai boxer, io le strappo via gli slip senza troppi complimenti. Siamo a quota tre paia che le rompo, ma importa davvero quando ne ha due cassetti pieni? Se proprio ci tiene, le regalerò dieci completini, così potrò occuparmi di strattonare via pure il reggiseno.

𝐓𝐇𝐄 𝐓𝐑𝐘 𝐙𝐎𝐍𝐄Where stories live. Discover now