36C - Crouch, bind, set!

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La giornata precedente alla partita la passo con Jordan, mano nella mano, in giro per Melbourne. Louis ci ha segnato un paio dei posti più visitati e lì ci siamo fatti vedere. Certo, questo dopo che Jordan aveva finito gli allenamenti con la squadra, arrivati il mattino.

Adesso, mentre raggiungo gli spalti insieme alla famiglia di Jordan, ne approfitto per rispondere a Natalie, Lisa e Jenna. Non vedo l'ora di vedere la mia migliore amica, tuttavia, i biglietti ultimamente sono stati un delirio quindi è difficile riuscire a trovare una data precisa in cui vederci. Per fortuna, però, il mio appartamento a Chicago è sempre ben tenuto. Natalie fa un po' di pulizia una volta alla settimana e annaffia le piante. Ammetto che un po' mi manca il mio piccolo nido, ma non posso nemmeno negare che l'Australia mi stia piacendo più di quanto credessi.

«Hot dog per me. Tu, Cali?»

Torno alla realtà e mi volto verso sinistra, in direzione di Lana. «Scusami, dicevi?»

«Dan e Ruby vanno a prendere qualcosa da sgranocchiare. Vuoi qualcosa?»

«Solo un tè freddo al limone, grazie.»

«Non vuoi niente da mangiare? Devi prenderti cura di te, tesoro.» Mi ammonisce bonariamente.

Le riservo un sorriso. «Se proprio insisti... un cesto di alette di pollo, patatine fritte, due fette di pizza e—» Mi fermo quando noto tre paia d'occhi fissarmi basiti, così ridacchio. «Scherzavo. Solo il te va benissimo.»

«Prendile una porzione di patatine» asserisce Lana, facendomi ridere ancor di più.

Quando Ruby e Daniel spariscono in mezzo alla folla, rilascio un sospiro e mi guardo intorno. La particolarità di questo stadio consiste nelle giganti cupole composte da pannelli bianchi e grigi in coibentato. Mi ricordano lo stile di Gaudì, in particolare gli interni di Casa Batlló. È affascinante.

«Non vedo l'ora di vedere Jordan giocare. Purtroppo non riusciamo a spostarci molto tra Ruby con la scuola e il lavoro di Daniel.» Sospira Lana.

«Non colpevolizzarti, sono certa che Jordan capisca. E poi, non credo si aspetti di avervi a ogni partita.»

«Lo so, è solo... ero abituata ad andare ogni volta, sai? Che fosse il liceo o l'università, non mi perdevo una partita. Perché volevo dimostrargli che c'ero e non sarebbe mai più stato da solo.»

Aggrotto la fronte. «Che vuoi dire? Prima non gli prestavate attenzione?»

Lana mi guarda e a poco a poco sembra realizzare qualcosa. «Tesoro, tu non sai niente?»

«Di cosa esattamente? Mi sento abbastanza confusa.» E spaesata, ma questo non lo aggiungo perché ci pensa la mia faccia a fare tutto il lavoro.

«Jordan è stato adottato a tredici anni. Lo abbiamo portato a casa con noi un anno prima che iniziasse il liceo ed è stata la cosa più bella che potessimo fare. Ruby aveva appena compiuto tre anni, era piccola, ma lo ha accolto comunque con amore. Lui, però, era tanto, tanto aggressivo.»

Resto in silenzio, scioccata dalla scoperta. Non ne avevo idea. La prima volta che ho visto Jordan e suo padre ho persino visto delle somiglianze. Capelli e occhi scuri, fisico imponente...

«Mai con noi» aggiunge subito Lana. «Non ci ha mai sfiorati con un dito e l'unica in grado di smuovergli qualcosa era Ruby. Con noi si limitava a ignorarci. Stava parecchio in silenzio, si isolava e a malapena ci rivolgeva qualche parola in caso di necessità» racconta, tanta sofferenza e amore nel tono di voce. «C'è voluto moltissimo tempo prima che imparasse a fidarsi. Ancora oggi non è un tipo particolarmente loquace e penso che te ne sarai accorta, tuttavia è parecchio migliorato.»

𝐓𝐇𝐄 𝐓𝐑𝐘 𝐙𝐎𝐍𝐄Where stories live. Discover now