26. Ary: Sei un pervertito

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Aprii gli occhi sbattendo gli occhi confusa.
L'ultima cosa che ricordavo era l'impatto con l'acqua, poi il resto restava un mistero.
Ero premuta contro qualcosa di caldo e con un buon profumo non ben identificato.
Però quel profumo era dolce e mi faceva sentire bene.
Richiusi gli occhi e rimasi appoggiata a quella superficie comoda, strofinando leggermente la guancia su essa.
Sembrava vivo e si muoveva come se respirasse.
Sembrava la pelle di un essere umano.
Spalancai nuovamente gli occhi capendo finalmente di trovarmi davanti un largo petto umano. Alzando lo sguardo vidi il volto addormentato di Nathan Cray che teneva le braccia avvolte attorno al mio corpo mezzo nudo.
In seguito gridai.
Nathan si alzò di soprassalto e prima che si potesse svegliare del tutto gli tirai uno schiaffo e mi allontani da lui con la giacca premuta sul petto.
«Perché l'hai fatto?» esclamò con una mano premuta sulla guancia.
Ha anche il coraggio di chiedere?!
«Sei un pervertito!» esclamai rossa in volto.
«Ma che stai farneticando?» ebbe il coraggio di accusarmi offeso.
Poi mi squadrò spostando lo sguardo dalla testa ai piedi.
Gli tirai un altro schiaffo.
«Ti cavo gli occhi se mi guardi ancora in quel modo!» lo avvertii stringendomi di più la giacca.
«Sai com'è, sei mezza nuda ed è difficile non avere questo sguardo.» commentò con entrambe le mani sulle guance.
Provai a tirargli un altro schiaffo ma questa volta lo schivò.
«Non funziona per la terza volta.» disse con il suo sorriso fasullo.
Poi si voltò, dandomi la schiena.
«Vestiti. Così partiamo. Il tuo strillo di poco fa potrebbe aver attirato l'attenzione della Resistenza.» affermò gattonando verso la sua maglia.
Se la infilò, coprendo quell'ammasso di muscoli e tendini sui quali mi ero aggrappata poco prima.
Arrossii.
Mentre mi rivestivo mi guardai attorno.
Vidi un falò ormai spento e una specie di ciotola di legno ricavata dalla corteccia di un albero con dentro dell'acqua.
Capii che si era preso cura di me tutta la notte e capii anche perché eravamo mezzi nudi e abbracciati.
Mi imbarazzai all'immagine di noi due.
Quando finii, Nathan si voltò verso di me e si avvicinò così all'improvviso che non riuscii a reagire in tempo quando mi posò una mano sulla mia fronte.
Poi fece lo stesso con la sua.
«La febbre è scesa.» disse con un sorriso sollevato.
«Riesci a camminare? Dobbiamo muoverci.» mi disse dando un calcio al mucchietto di legno bruciati e cercando di far sparire le tracce del nostro passaggio.
Annuii quando mi guardò.
Poi lui si avviò verso l'uscita.
Mi sentii a disagio. Forse avrei dovuto ringraziarlo.

La notte prima doveva aver piovuto. L'odore di stagnato e il terreno gelatinoso ne erano la prova.
«Sei certa di sentirti meglio?» mi chiese ancora voltandosi ripetutamente nella mia direzione.
Onestamente sentivo ancora della stanchezza, ma annuii ugualmente.
«Dove stiamo andando esattamente? Immagino che non sia cercare di tornare al punto di incontro» commentai guardami attorno.
Vedevo solo alberi e ancora alberi e un po' più all'orizzonte, altri meravigliosi alberi.
Nell'odore di pino mi iniziava già a dare sui nervi e dopo la pioggia era ancora più forte.
«Considerando che nessuno ci è venuto a prelevare nonostante i gps nei Programmatori, direi che forse siamo in una zona rossa.
Ci sono alcune cose che non mi tornano di questa missione ci stavo giusto pensando ora... Comunque sia penso che siamo in pieno territorio della Resistenza.» usò il ghiaccio per tagliare nettamente i rami del cespuglio davanti che lo stavano intralciando.
Rimasi stupita da quell'evocazione improvvisa e la rapidità con cui l'aveva fatto aveva reso impercettibile anche il suono del taglio.
«Quindi ora stiamo cercando di uscire?» gli chiesi raggiungendolo.
«Sì, cerchiamo riparo e intanto proviamo a contattare gli altri. È da ieri che ho la sensazione di essere un topo in gabbia.» commentò.
Era scomodo camminare su quel terreno informe ed era maledettamente tutto scivoloso.
D'istinto mi aggrappai alla coda della sua giacca.
Nathan si voltò immediatamente verso di me.
Accorgendomi della stretta lasciai la presa.
«Era scivoloso» mi giustificai per colpa dell'imbarazzo.
«Puoi appigliarti tutte le volte che vuoi.» mi disse atono. Non sembrava volesse insinuare qualcosa o prendermi in giro e ciò mi fece arrossire ancora di più.
Se ci facevo caso era da un po' che non mi prendeva in giro per qualcosa. Anzi, non mi aveva insultata nemmeno una volta da quando si era presentato a San Francisco.
Non era solo il suo aspetto ad essere cambiato in questi anni di separazione.
L'averlo notato all'improvviso mi fece venire lo stomaco in subbuglio.
Non è davvero più il Rubinetto che conosco?
Non sapevo se la novità mi piacesse o meno.
Solo il suono dei nostri passi e gli uccelli sembravano abitare quel bosco.
Sembrava un luogo così pacifico.
Nathan non sembrava aver intenzione di fermarsi e aveva l'aria turbata mentre si guardava intorno.
Non sapevo cosa stesse cercando esattamente e cosa non lo soddisfacesse, ma iniziavo a sentirmi irrequieta anche io con il solo scopo di seguirlo. Restava il fatto che non avevo altre alternative. Lui era l'unico tra i due che avesse un'idea di cosa fare. Io ero ancora intontita dalla febbre.
Curioso quanto fossi ragionevole.
Percepii un cambiamento di temperatura nell'aria un'attimo prima di sentire un tuono potente che mi fece tremare le ossa.
Le nubi arrivarono senza preavviso e seguì un'acquazzone pensante con gocce di pioggia gelide che colpivano come se fossero state solide.
I lampi illuminavano il cielo ormai ombroso e scuro e i tuoni seguivano.
Io e Nathan ci ritrovammo a correre con lui che deviava più pioggia possibile dal nostro percorso.
Nella fretta inciampammo entrambi in una buca e iniziammo a scivolare e scivolare sempre più in basso.
Forse gridai e forse gridò anche lui. Era stato tutto così improvviso e confuso che non ci capii molto.
Non potevo fermare la scivolata nel fango reso ancora più liscio e inconsistente dal temporale.
Sentii un tonfo poco prima di cadere anche io addosso alla figura di Nathan.
Mi alzai in fretta dal ragazzo, ma questo mi fece smentire un picco di dolore alla gamba sinistra. Il mio peso cedette e caddi di nuovo addosso a Nathan.
«Ehilà, è diventata un'abitudine quella di stare tra le mie braccia?» commentò la voce di Nathan.
Sbuffai e mi spinsi nuovamente lontana da lui, solo stando attenta al mio piede.
«Cosa? Ti sei ferita?» chiese lui.
Accesi le fiamme nella mano per far luce in quel luogo buio e umido e controllai la mia ferita.
Ad occhio e croce non sembrava essersi rotto niente, ma quando appoggiavo il piede sentivo fitte per tutta la gamba.
Mi sentii disorientata quando Nathan si chinò davanti a me per controllare la mia gamba.
«Siediti» mi disse.
Mi vergognavo.
Nathan si era buttato dal dirupo per salvarmi e aveva passato tutta la notte a prendersi cura di me e io l'avevo ripagato con uno schiaffo. Inoltre, dopo esser usciti dalla grotta stava cercando una soluzione per portarci in salvo e io non avevo fatto altro che seguirlo.
E ora ho pure un handicap!
Quanto poteva essere umiliante quella situazione?
«Posso continuare con una stecca alla gamba e le PXZ.» affermai affrettandomi a tirare fuori la pillola.
«No, ci rallenteresti. Non sprecare la pillola. Siamo in un momento di emergenza e non sappiamo quando ne usciremo. Se è un dolore sopportabile è meglio che tu resista.» sospirò.
Sì strofinò gli occhi macchiandosi la guancia di fango. Allungò una mano sull'arto incriminante e usò il ghiaccio per stabilizzare la gamba.
«Vieni, ti porto in spalla. Non ho la minima idea di dove siamo finiti, siamo precipitati in qualche tunnel sotterraneo e chissà cosa c'è qui dentro.»
«No!» esclamai appoggiano la mano senza fiamme sulla sua spalla.
Non potevo affidarmi ancora più di così a lui.
«Posso camminare da sola. Non fa male come sembra e con il ghiaccio è tutto più facile» dissi.
«Ti fa così schifo contare su di me?» mi chiese con una smorfia.
Stavo per protestare, ma Nathan non mi lasciò finire e borbottò:«Guarda, fa un po' come vuoi» mentre si rialzava.
Mancai il momento di giustificarmi e non potei far altro che alzarmi e sopportare il dolore e seguirlo.
La fiamma nella mia mano la feci diventare una sfera di fuoco luminosa che centrifugava su se stessa fino a sembrare un piccolo sole. Poi la lasciai in aria in modo che ci facesse strada in quella buia grotta.
Tirava un filo di vento, quindi probabilmente c'era una via d'uscita oltre a quello scivolo di fango dalla quale eravamo entrati.
I nostri passi riecheggiavano e anche se il mio era chiaramente zoppo e sgraziato. Non mi sentivo a mio agio e un senso di claustrofobia iniziava a serrarmi la gola.
L'apertura della caverna si fece sempre più larga finché non ci ritrovammo in un antro ampio e pieno di stalattiti e stalagmiti.
La luce della mia sfera faceva riflesso sulle pietre cristallizzate più vicine creando una sorta di alone luccicante in quel luogo.
Il suono della gocce d'acqua che ticchettavano giù dalle stalattiti faceva da sottofondo ai nostri passi.
Ma oltre ad essi un estraneo sibilo non ben identificato li accompagnava. 
«Uh, lo senti anche tu?» chiesi.
«Sarà il vento» commentò Nathan.
Ad un tratto il suo passo si arrestò e gli finii addosso.
«Che c'è?» chiesi cercando di capire quale fosse il problema. L'improvviso stop mi aveva fatto mettere pressione sul piede dolorante.
«Niente, solo che ho scoperto che non è il vento» disse come se si stesse strozzando.
Il suo corpo si era irrigidito come fosse stato improvvisamente paralizzato da qualcosa e quando seguii la direzione del suo sguardo, capii.
Davanti a noi c'era una distesa di viscidi e striscianti serpenti uno sopra l'altro che sibilavano vivacemente e sfregavano copro su corpo l'un l'altro.
Mi misi una mano sulla bocca per non urlare dalla sorpresa.
La mia palla di fuoco scelse un brutto momento per indebolirsi.
«Ti prego, non farla spegnere ora» disse Nathan afferrandomi d'un tratto il polso e facendo un passo indietro.
Serrò la mascella e continuò a stringere il mio polso.
I serpenti, come attirati dalla luce e dal calore, iniziarono a strisciare verso di noi e Nathan arretrava trascinandomi dietro.
Ma il mio piede cedette e caddi.
Nathan mi prese in braccio, senza preavviso, e iniziò a correre indietro nonostante il ritardo della mia sfera di luce.
«Fermo fermo! Ci stanno seguendo per la luce!» esclamai.
Ma il ragazzo sembrava andato nel panico e impossibilitato di ragionare. Anzi, forse aveva anche accelerato.
Allungai una mano alle sue spalle e accesi una sfera di fuoco nel nido di rettili. I sibili aumentarono.
«Ehi! Ehi!» cercai di fermare Nathan.
«NATHAN!» lo richiamai e finalmente iniziò a rallentare per poi fermarsi. Eravamo ritornati all'apertura della grande caverna.
«Cosa?» chiese mentre riprendeva fiato.
Diede una veloce occhiata alle sue spalle prima di lasciarsi cadere contro il muro.
«Dio, che schifo.» commentò comprendo si entrambi le mani sulla faccia.
«Sono la cosa più disgustosa al mondo» commentò.
Mi venne da ridere.
Se avessi dovuto paragonare Nathan ad un animale il serpente sarebbe quello più compatibile con la sua personalità, non c'erano altri animali più adatti.
Si tratta di qualcosa tipo odiare i propri simili?
«Me li sento addosso!»
«Non pensavo avessi paura dei serpenti» commentai divertita guardandolo.
Alzai un indice in attesa e spostai il piccolo sole attorno per far luce nei punti più bui della grotta. Una piccola ispezione per assicurarmi che Nathan non andasse nel panico di nuovo.
L'idea di fargli uno scherzo con i serpenti mi stuzzicava un sacco.
Ah! Se solo all'epoca invece della rana avessi usato un serpente!
Ripensai ai vecchi tempi in cui ci riempivamo a vicenda di scherzi di poco gusto.
«Non è paura.» replicò seccamente.
«Sono solo disgustato. Non riesco a tollerare creature viscide e striscianti che sgusciano così velocemente. Con quella lingua biforcuta e le pupille verticali... Sono deplorevoli, nauseanti al solo guardarli...»
«Nate...»
«repellenti, ripugnanti, rivoltanti...»
«Nate...» riprovai.
«Orripilanti! Non anzi, non esiste parola al mondo adatta a definire creature tanto riprovevoli»
«Nathan, ascolta...»
Ma il ragazzo non sembrava avere intenzione di fermarsi in alcun modo così persi la pazienza e mi fiondai su di lui.
«Sssssh! Zitto! Stai solo zitto!» sibilai prendendo a pinza le sue labbra.
«Zitto, okay?» chiesi piano cercando di capire se si era calmato.
Lui annuì con gli occhi fissi su di me.
«Ora lo senti?» chiesi tendendo le orecchie.
Se prima c'erano i sibili dei serpenti, in quel momento nella caverna c'era il suono un rombo, come un boato lontano che stava facendo eco tutt'attorno. Anzi. Si stava facendo sempre più forte e vicino.
Poi anche il terreno e le pareti iniziarono a vibrare.
Tirai via Nathan prendendoli per il colletto e cercai di fare un balzo lontano, ma il dolore alla caviglia me lo impedì.
Strinsi i denti, ma non ebbi tempo di lamentarmi.
Fortunatamente, Nathan si era ripreso dal suo shock e ci allontanammo prima che il soffitto ci crollasse addosso.
Tutto quel fracasso aveva riempito l'aria di polvere e tossimmo entrambi.
Il piccolo sole si era spento nella baraonda e lo riaccesi immediatamente.
Nathan mi stava trattenendo per la maglia.
Lo fissai con un occhio inarcato e lui lasciò immediatamente la presa.
«Non volevo perderti» si giustificò.
«Sì, certo. E io sono la Regina Elisabetta» commentai facendo un sorrisetto impertinente.
Il ragazzo inarcò le sopracciglia e sembrò voler dire qualcosa, ma lanciando un'occhiata alle mie spalle cambiò discorso:«Sembra che non possiamo più tornare indietro.»
«Ergo dobbiamo attraversare i serpenti» conclusi stranamente divertita.
L'espressione di Nathan in quel momento era impagabile.
Ah! Mi faceva sentire viva vederlo così in difficoltà!
Aveva paura dei serpenti! Ma come avevo fatto a non averlo mai capito in tutti quegli anni?
Era perché da piccolo era più bravo a nascondere i suoi sentimenti?
O perché non aveva affatto sentimenti?
Ma non importava! Avevo notato già due debolezze che avrei potuto sfruttare in qualche modo: maniaco del controllo e con la fobia per quei rettili senza arti!
Ma se mi chiamava lucertola era per l'analogia con la sua fobia?
Anche se c'è una bella differenza tra un serpente e una lucertola sputa fuoco.
«Ehi, torna tra noi» schioccò le dita davanti alla mia faccia.
«A che pensavi da non aver sentito nulla di quello che ti ho detto?» sbuffò contrariato.
«A te» minimizzai prestandogli di nuovo attenzione.
Nathan non rispose immediatamente.
Si schiarì la gola e ignorando completamente il mio commento proseguì:«Ho deciso che eviteremo completamente il nido ghiacciandoli. Ho visto che il tunnel seguente è dietro loro, quindi dobbiamo per forza superarli.» Detto questo mi fece il segno di proseguire.
Inarcai un sopracciglio e sbuffai rumorosamente mentre lo seguivo.
Aveva accettato l'idea di attraversare il nido troppo in fretta. Si contraddiceva con l'immagine del ragazzo nel panico di prima.
Andammo quindi ad affrontare i nostri amici dal sangue freddo.
Prima che potessimo arrivare alla meta attorno a Nathan iniziò ad innalzarsi del vapore bianco e la temperatura attorno a lui a calare.
Vidi i passi lasciati da lui diventare di brina lasciando una scia bianca alle sue spalle.
Persino il mio piccolo sole, in alto sopra le nostro teste, mi sembrava assumere una colorazione più fretta ed emanare meno calore.
«Nate...» allungai una mano verso di lui, ma la ritirai di scatto, punta dal gelo che lo circondava.
Com'è possibile? Sta ghiacciando l'umidità stessa attorno a lui!
La temperatura in quella caverna nel sottosuolo era già bassa, ma in quel momento sembrò precipitare di gran lunga al di sotto lo zero.
Sentendo il mio piccolo sole perdere potenza lo caricai immediatamente approfittandone per rivestirmi io stessa di calore.
Ci fermammo.
Lui prese un profondo respiro e quando espirò pura brina uscì dal suo soffio. Le sue mani seguirono il movimento del freddo elemento ed esso si espanse.
Tutto luccicava grazie alla luce del mio sole e quando quei brillanti di ghiaccio si depositavano sulla superficie terrena, essa si cristallizzava immediatamente.
Il ghiaccio si espandeva e in men che non si dica mi sembrò di ritrovarmi in Alaska.
I serpenti più avanti sembrarono solo statue di ghiaccio ricoperte da un sottile strato di bianco, immobili e incapaci di fare anche un solo sibilo.
«È bellissimo...» sussurrai estasiata vedendo brillare tutto quanto.
Ma Nathan non era lì per ascoltarmi, si afferrò ad un tratto il petto, stringendo la presa e piegandosi in due.
Accorsi al suo fianco spaventata e appena lo toccai ritirai la mano di scatto.
Non aveva più l'aura di freddo, ma la sua pelle era diventata fredda e anche se non distinguevo bene i colori, sapevo che non aveva il colorito giusto.
«Ehi, ehi.» cercai di richiamare la sua attenzione prendendogli il volto dalle mani.
Nathan continuava a stringersi il petto e rimanere a denti stretti e occhi serrati.
Infusi il più calore possibile attraverso le mie mani.
Io stessa mi sentivo andare a fuoco per quanto calore stavo producendo.
Gli Imperium del fuoco si concentravano su una propria emozione che avrebbe modificato il calore corporeo in zone precise del corpo.
Per questo usare la felicità e la gioia era l'emozione migliore perché il tuo intero corpo poteva esserne la fonte, anche se la testa era il punto più intenso. L'amore si concentrava di più sul petto e la rabbia in genere nella parte superiore del corpo senza un nucleo più potente. E dal quel punto, espandevi il tuo proprio calore e lo manifestavi in fiamme.
Ma bisognava essere anche compatibili con quell'emozione.
Quando si perdeva poi la capacità di seguire quella emozione, le fiamme si indebolivano, più perché le altre emozioni ti distraevano e il calore del tuo corpo diventava disorientante e non riuscivi più ad attingerne.
Era come pescare. Avere un'emozione fissa significava pescare in un punto sempre pieno di pesci, ma se si perdeva quel punto, pescare pesci non diventava impossibile, ma più difficile, perché i pesci avrebbero continuato a muoversi dove c'era più spazio.
Ma come qualcosa che può esaurirsi, può anche eccedere troppo.
Non era un'azione consigliata aumentare il calore corporeo così tanto. Per quanto fossi compatibile con il caldo ero sempre un'essere umana, avevo dei limiti.
Ma Nathan stava letteralmente gelando da dentro e non potevo fare altrimenti.
Liberai le sue mani dal suo petto e appoggiai i palmi lì, provando ad avvicinarmi il più possibile alla fonte del suo problema.
«Nathan dimmi dove! Il petto, perché il petto? I polmoni? Il cuore? Come?» chiesi cercando di non andare nel panico.
Dovevo rimanere calma.
Non ero nemmeno preoccupata quando Nick e gli altri erano stati rapiti, ma in quel momento ero terrorizzata.
Poi un luccichio al suo collo attirò la mia attenzione.
Eccolo!
Strappai via di dosso la collana con l'Element di cui mi ero completamente dimenticata e lo allontanai da lui.
Ma il ragazzo era ancora irrigidito, da un dolore interno che non riuscivo a spiegarmi.
E anche il mio corpo sarebbe arrivato al limite se continuavo a produrre calore.
Se solo potessi passarti il mio calore...
Poi mi ritornò in mente una delle ultime lezioni con il signor Stark.
Non era veramente lui ad avermelo insegnato, ma i suoi figli.
Nella tecnica proibita degli Imperium del fuoco, quello di accendere fiamme ad un punto esterno e lontano dal tuo corpo e domarlo, consisteva nell'individuare una fonte di calore esterna e ampliare e allargare quel calore, usando il tuo.
Quindi tecnicamente potevo riscaldare Nathan dall'interno passandogli direttamente il mio calore accumulato.
Ma se lo brucio? È una tecnica proibita per un motivo, no?
E poi serve per accendere le fiamme non per espandere calore... Ma c'è sempre prima il calore della fiamma.
Secondo la mia idea, dovevo solo fermarmi ad un passaggio prima di accendere la fiamma.
Mi concentrai e cercai di percepire la fonte di calore nel corpo di Nathan e le immagini nella mia mente, ad occhi chiusi, divennero come una visione termica.
La presenza di Nathan era flebile e la parte rossa dentro di lui sbiadita.
Raccolsi quel calore e lasciai che il mio lo alimentasse.
L'alone rosso divenne sempre più giallo ed si espandeva in tutto il suo corpo. Sentii la sua pelle riscaldarsi piano piano e anche la sua presa allentarsi.
Quando mi sembrò che la sua temperatura corporea fosse tornata alla normalità, riaprii gli occhi e incontrai il suo sguardo.
Aveva un'espressione spaesata e si continuava a tastare il petto.
«Ah, è caldo ora» commentò.
Lo squadrai dalla testa ai piedi e quando mi accertai che non avesse nulla di bruciato per sbaglio mi aprii in un sorriso.
«Wow! Sono proprio figa! Non vedo l'ora di dirlo agli altri!» esclamai appoggiandogli una mano sulla sua fronte per sicurezza.
«Uh, non sei troppo caldo ora?» chiesi appoggiando l'altra mano sul suo collo per controllare meglio la sua temperatura.
Nathan mi scansò con una mano e distolse lo sguardo in fretta.
«Sto bene ora. Grazie» tagliò corto.
«Ehi! Ti ho appena salvato la vita!» sbuffai contrariata mentre lui si rialzava.
«E ti ho appena ringraziato» mi fece notare.
«Sì, ma... Sei troppo rude»
«Vuoi che ti ringrazi in ginocchio e ti baci i piedi? Ti ho salvata anche io per tua informazione» commentò lui dando un'occhiata al suo proprio operato.
Poi individuò l'Element a terra ed era pronto a riprenderselo, ma io lo raggiunsi per prima.
«È il mio turno. Sei quasi morto per motivi non comprensibili. E anche se non so perché l'Element abbia influenzato il tuo corpo stesso, so che non devi portarlo finché non usciamo di qui.» gli dissi.
«Magari perché non ho emozioni da fagli mangiare» commentò abbassando la mano e proseguendo verso il nido di rettili ghiacciati.

Angolo Autrice

Sopra - Ary time

Immagine del capitolo - Nathan in fuga dai serpenti con Arianne:

Immagine del capitolo - Nathan in fuga dai serpenti con Arianne:

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1. Prima di tutto volevo informarvi che ho diviso il capitolo in 2 parti perché si era fatto veramente lungo, tipo 7500 parole senza angolo autrice 😓
Lo so che quelli che mi seguono su Instagram mi hanno proposto di non dividerlo affatto, ma quando ho completato il capitolo era veramente troppo lungo da "rileggere". Quindi ho tagliato.
E comunque non siete psicologicamente pronti per quell'altra metà 🤫.

2. Non so se è chiara la spiegazione di Arianne agli Imperium del fuoco, ma per avere un'idea più chiara ecco:

Il fuoco degli Ignis: Se io usassi il mio sentimento della Paura per esempio, non dico che non potrei essere forte quanto uno che usa la felicità perché c'è "meno intensità"

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Il fuoco degli Ignis:
Se io usassi il mio sentimento della Paura per esempio, non dico che non potrei essere forte quanto uno che usa la felicità perché c'è "meno intensità". L'essere forti o meno sta nel saper manipolare quel calore. Semplicemente per quelli che usano felicità è più facile trovare un punto per attingere nel tuo corpo. Il resto dipende tutto da te.
Tipo, la felicità potrebbe facilmente attingere anche dalla gamba (anche se nessuno lo farebbe), cosa che non potrebbe fare chi attinge dall'orgoglio, per esempio. Ma normalmente si sceglie sempre la zona attorno al cuore che è la più calda.
Mmm, questa spiegazione sarà chiarita meglio nella revisione di "Rapita" quando James tenterà di insegnare qualcosa a Sophie e Arianne.
Chiedete cosa non vi è chiaro.

Magari farò dei grafici esplicativi su come funzionano i poteri da pubblicare su Instagram o su Segreti 🤔.

3. Domanda:
considerando che dopo la super pausa di un anno, e ora che ho già scritto altri 5 capitoli, avete notato incongruenze nella lettura?
Sono peggiorata nello scrivere?
Troppo criptica?
Vi sto annoiando?
Vi incuriosisco ancora?

Davvero, se avete pareri sentitevi liberi di esporli, non mi offendo. So di non esser stata responsabile per avervi abbandonati, ma vorrei non deludervi più.
Ho anche già scritto l'ultimo capitolo di Rimasta giusto per ricordarmi il mio traguardo!

I miei angolo autrice si fanno sempre troppo lunghi, non siete obbligati a leggerli, sono solo curiosità per chiarimenti vari.

4. Il prossimo capitolo, fra 5 giorni, il 27/06/20. Sì, insomma, è già quasi pronto e mi dispiaceva lasciarvi in attesa per 10 giorni inutilmente. E poi questo capitolo è stato un po' "vuoto" di eventi?

Elements: RimastaWhere stories live. Discover now